Nei giorni scorsi, tra il 4 ed il 6 giugno, si è tenuto in Vaticano l'incontro annuale con i moderatori delle aggregazioni ecclesiali. "Evangelizzazione e formazione alla luce della speranza cristiana": questi i temi sui quali hanno riflettuto circa 250 partecipanti, moderatori e rappresentanti delle 115 aggregazioni riconosciute dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Un'importante occasione per condividere esperienze, difficoltà e progetti per il futuro. In particolare, la proposta di quest’anno giubilare è stata ripensare insieme alla missione evangelizzatrice a loro affidata nella realtà odierna e all’attività di formazione nell’ottica della «speranza che non delude» (Spes non confundit), per ritrovare speranza nella missione e per formare persone «di speranza».
«È stato importante questo incontro per risvegliare la coscienza che apparteniamo ad un unico popolo ed un'unica Chiesa. – ha dichiarato Matteo Fadda – responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII – Questa è stata anche una sollecitazione di Papa Leone XIV».
«Siamo molto preoccupati di quanto sta avvenendo in Medio Oriente e Ucraina, perché c'è un aumento della bellicosità, un tornare al pensare che l'unica soluzione possibile sia armarsi. Invece noi siamo convinti che è necessario disarmarsi ed essere uniti. Cogliamo nelle persone di buona volontà una fame di pace, consapevoli che ogni società si sviluppa nel suo benessere in tempo di pace. Il problema è che i poteri forti, i governi non sembrano essere interessati a questo valore di una pace vera, una pace giusta, una pace duratura».
La Comunità fondata da don Oreste Benzi è presente nelle zone di guerra attraverso il Corpo civile di pace Operazione Colomba. Ancora Fadda: «Siamo accanto alle persone che sono vittime della violenza della guerra. Condividiamo lo stesso tetto, lo stesso cielo, la stessa paura dei missili in Ucraina o delle incursioni violente nei villaggi in Cisgiordania. I nostri volontari sono dei giovani. Molto giovani. Quindi non è vero che i ragazzi non sono sensibili, anzi sono più coraggiosi di noi adulti e sono lì a condividere con i palestinesi e gli israeliani che vogliono la pace, con gli ucraini che resistono vicino al fronte. I giovani hanno fame di pace».