In un angolo del Sud, dove il freddo dell’inverno sbatte contro i vetri caldi di una casa famiglia, si è compiuto un miracolo silenzioso. È un prodigio di Natale che si trova inaspettatamente racchiuso tra le pagine di una tesi di laurea, in una dedica che profuma di futuro e gratitudine.
Questa storia di riscatto ci viene consegnata da Silvia e Giuseppe, pilastri di una casa famiglia dove i legami non si misurano dal sangue, ma dalla capacità di amare oltre ogni confine. È il loro "rendere grazie" per la venuta di H., che oggi è una Dottoressa in Economia, ma che per loro è, prima di tutto, "figlia del cuore" che ha insegnato a Silvia e Giuseppe la bellezza di lasciarsi scompigliare il cuore.

H. e madre di un bambino, ma per capire la profondità del suo messaggio bisogna leggere le parole che lei ha inciso sulla sua tesi, parole che Silvia e Giuseppe conservano come un tesoro:
«... Infine, grazie ai miei genitori e a tutta la mia famiglia. Sebbene non condividiamo lo stesso sangue per me siete i miei genitori e famiglia a tutti gli effetti. Grazie per avermi scelto e accolto nella vostra vita. Il vostro amore, il vostro sostegno e la vostra infinita fiducia sono stati le fondamenta su cui si sta costruendo il mio futuro e quello di mio figlio. Senza di voi, forse non avrei mai potuto raggiungere questo traguardo. E a te, nonno Memè. Anche se non sei più tra di noi, so che ovunque tu sia spero che tu sia orgoglioso di tutti noi».
È da qui che parte il racconto commosso di Silvia e Giuseppe. Per loro e per tutta la famiglia, questo traguardo non è solo un titolo accademico, ma una rinascita. «H. è stata rigenerata nell’amore: figlia che arriva dal mare, ragazza madre, insieme agli altri sette figli – di pancia e di cuore – ci ha regalato una delle esperienze più forti e intense vissute in tanti anni di Casa famiglia».
Dietro il sorriso di H. di oggi c'è un passato pesante. «Ha attraversato un inferno di violenze inenarrabili e privazioni strazianti in un viaggio disperato dal deserto libico all'Europa. Donna-Bambina, in un mondo crudele, ha visto i diritti umani calpestati nei lager sulle coste della Libia, prigioni moderne che ancora oggi ingoiano migliaia di innocenti tra fame, abusi e morte. Il suo calvario, un'odissea letale di catene e terrore, nasce da un grido di speranza: una vita degna, lontana dall'abisso».
Eppure, in questa casa popolata di sogni e di fatiche, «dove tutti i nostri figli, dai 22 ai 33 anni, hanno intrapreso lo studio con serietà diventando avvocato, ingegnere, biologa genetista, HR manageriale, psicologo del lavoro», H. ha trovato il coraggio di essere «grazie alla sua resilienza e forza, protagonista della propria vita e di quella del suo piccolo». Ha camminato con una «determinazione fuori dal comune, riuscendo ad integrarsi e ad imparare a vivere in un mondo completamente diverso dal suo». Ha studiato, ha lottato. è «riuscita ad affrontare con tenacia e cura il percorso di rinascita nel nuovo mondo, fino a raggiungere l’ambito traguardo della laurea in economia, senza tralasciare il suo ruolo di madre e di figlia bisognosa di tanto amore e comprensione». Nella Casa famiglia H. ha respirato l’importanza per la cultura e l’istruzione «valori fondamentali, per Silvia e Giuseppe, che rendono l’uomo libero, in un piccolo paese del sud Italia».
Al centro di questo universo di affetti ci sono le bussole della famiglia. C’è B., 33 anni, il considerato il «“Dottore della Chiesa”, colui da cui tutti hanno imparato la bellezza della semplicità e dell’ascolto». Lui, «sordo muto», è il «“profeta dell’amore gratuito”». E c’è il piccolo C., il figlio di H., «coccolato da tutti la stella luminosa nel cuore di ciascuno di noi».
Silvia e Giuseppe sentono che questo Natale appartiene a lei, alla sua forza, ma anche al dono che lei ha fatto a loro. Ha il profumo della gratitudine per questo sentono di dover restituire quel dono ricevuto dicendo «grazie» proprio a lei. «Vogliamo dedicare a H., figlia del cuore che viene dal mare, un ringraziamento ufficiale: grazie per averci permesso di essere la tua famiglia e per averci resi nonni di C. Sei stata per noi una grande prova e insegnamento di umiltà. Quando pensavamo di aver capito tutto, sei arrivata con il piccolo C., appena nato, e ci hai scompigliato il cuore».
In un angolo di cielo, resta il sorriso di nonno Memè, scomparso pochi mesi fa a 96 anni. Lui che, con i suoi trent'anni di fabbrica e solo la licenza elementare in tasca, «è stato il motore che ha acceso la luce dello studio e del sapere, in tutti i nostri figli. Lui ha sempre spinto con saggezza i suoi nipoti alla condivisione, alla solidarietà e alla conoscenza». H. lo ha citato nella sua tesi, rendendolo, come dicono i suoi genitori, il «“nonno della Casa Famiglia per sempre”».
Mentre le luci di Natale si accendono nelle nostre strade, la testimonianza di Silvia e Giuseppe ci ricorda che l'amore non è mai un calcolo, ma un rischio bellissimo. E che la luce di speranza è quella che brilla nello sguardo di una ragazza che ha vinto l’abisso e di due genitori che sanno ancora dire: «Grazie per averci permesso di essere la tua famiglia».