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22 Dicembre 2022
Ultima modifica: 3 Marzo 2023 ore 10:00

Gesù bambino nasce tra i profughi

Il Natale per i migranti intrappolati a Cipro
Gesù bambino nasce tra i profughi
Mentre noi trascorreremo il 25 dicembre nelle nostre case, circondati dagli affetti e da molto più di ciò che ci è necessario, i profughi a Cipro vivranno, tra il fango e il filo spinato, la quotidianità sospesa di chi passa i giorni, le settimane, i mesi ad aspettare il via libera per lasciare il campo.
Faccio parte di quel gruppo di nove, tra ragazze e ragazzi, che hanno detto il loro sì alla chiamata della Chiesa latina di Cipro: condividere una settimana con i profughi bloccati sull'isola della discordia, nel Mediterraneo orientale.
Arrivati da ogni parte d'Italia e dalla Grecia in questo tempo d’Avvento, abbiamo portato al campo di Pournara pennarelli, giocattoli, palloni e chitarre per animare le giornate di centinaia di persone, ma ancor più abbiamo portato un messaggio, chiaro, inequivocabile, a questi migranti la cui unica colpa è desiderare un futuro migliore: «La nostra vita vale quanto la vostra». 
 
Se il Natale è la celebrazione di Dio che si è fatto uomo e quindi prossimo dei suoi figli, noi abbiamo avuto il privilegio di prepararci a questo evento facendoci prossimi di chi, proprio come Giuseppe e Maria, cerca solo un posto dove stare. I profughi bussano alle nostre porte chiedendo ospitalità e noi, Europa, siamo l'albergo di Betlemme che rifiuta la madre e il padre di Gesù perché «non c’è posto». 


 
Non è difficile immaginare l'abisso che separerà il nostro Natale da quello degli innumerevoli rifugiati, a Cipro o in qualunque altro Paese. Mentre noi trascorreremo il 25 dicembre nelle nostre case, circondati dagli affetti e da molto più di ciò che ci è necessario, loro vivranno, tra il fango e il filo spinato, la quotidianità sospesa di chi passa i giorni, le settimane, i mesi ad aspettare, sperando ogni giorno di sentire l'altoparlante chiamarli per nome, fatto che rappresenterebbe il via libera a lasciare il campo. Tutte le volte che si udiva quella voce metallica un profondo silenzio calava tutt'intorno, e provando a immedesimarmi in quelle persone che attendevano il loro turno, sentivo su di me la violazione della loro dignità umana.
 
Natale per i nostri figli significa anche prendersi una pausa dalla scuola, a Pournara invece, per tutti i bambini e i ragazzi, l'istruzione è un lusso che non ci si può permettere, è un sogno lontano, una speranza remota, e l'assenza delle lezioni il 25 dicembre per loro sarà l'abitudinarietà, e non motivo di festa. All'interno di quel recinto non ci saranno cenoni e tavolate straripanti di leccornie. Il cibo che ricevono i profughi spesso è faticoso da mandare giù, ed è sempre troppo poco. 

Bambini campo profughi Cipro
Alcuni bambini nel campo profughi a Cipro

 
Al campo di Pournara, dove ogni cosa tende inesorabilmente a limitare, deturpare e sopraffare i diritti dei migranti che vi risiedono, siamo felici di aver portato un po' di colore, pur consapevoli che non sia indelebile, e coltiviamo la speranza di poter ritornare al più presto
Il migliore augurio che possiamo rivolgerci è che i potenti del mondo agiscano in nome della pace e della fraternità, ma soprattutto che i nostri nuovi amici e amiche dalla Somalia, Congo, Nigeria, Afghanistan, Siria, possano al più presto sentirsi accolti, solo allora sarà davvero Natale per tutti.
 
Il profumo del Natale lo conosciamo bene. L’aroma avvolgente della cannella, la fragranza delle caldarroste appena tolte dalla brace scoppiettante, l’odore dolce della cioccolata calda. Lo riconosciamo bene, noi, il profumo del Natale, ma c’è qualcuno che il 25 dicembre facendo un bel respiro, sentirà tutt’altro odore. E non è l’odore della terra, del fango, della pioggia o del cibo scaduto, o almeno non solo. È l’odore di liquame, quell’odore atroce che rende impossibile respirare senza esprimere disprezzo nel volto. Come si può respirare se l’unico odore che penetra l’aria è un misto di feci e urine in fermentazione? E se è impossibile respirare, come si può anche solo avere la forza di aggrapparsi ai ricordi di Natali passati con dignità? 
 
Il Natale nei campi profughi si spegne, non trova spazio tra le tende sovraffollate, tra i container occupati da più di una famiglia, tra i fili spinati e le lunghe code per prendere il cibo o sciacquarsi la faccia.
Mustafa ha appena imparato a camminare, e barcollando rincorre un piccolo gatto nero molto sporco e con una ferita all’orecchio, avrà combattuto anche lui per sopravvivere in quello spazio di terra isolato. E non posso fare a meno di vedere delle analogie tra queste due creature, entrambe così piccole, confinate e bisognose di coccole. Mustafa barcollando si ferma, ci guarda, batte le mani e ci sorride. Per Mustafa questo sarà il suo primo Natale e per fortuna è troppo piccolo per poterselo ricordare un giorno, sua sorella invece, difficilmente dimenticherà.