Dieci giorni tra le montagne del Medio Atlante per incontrare la comunità Amazigh e animare l'estate dei bambini del villaggio di Tatiouinne. Un'esperienza di volontariato e condivisione guidata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, per scoprire la bellezza di andare oltre le mura della propria città e del proprio cuore.
Dal 13 al 23 luglio la Comunità Papa Giovanni XXIII ha organizzato un campo “Fuori le mura” in Marocco: 10 giorni intensi per uscire dalla propria zona di comfort e incontrare chi vive “oltre le mura” della propria città e della propria vita.
Guidati dagli animatori Raffaella Canini e Michele Battazza – già missionari per molti anni in Brasile, oggi rientrati in Italia – i partecipanti hanno trascorso il loro tempo in un piccolo villaggio tra le montagne dell’Atlante, incontrando il popolo Amazigh, un’antica etnia nomade volgarmente conosciuta come “Berberi”.
Il programma ha previsto varie attività, soprattutto per i bambini: 5 giornate ricche di giochi e momenti formativi per animare le vacanze estive. Tra i partecipanti c’era anche Mohcine, un giovane di origine marocchina, che per il secondo anno consecutivo ha scelto di guardare il suo Paese con occhi diversi.
Abbiamo raccolto la sua testimonianza:
«Tra le montagne del Medio Atlante, c’è un luogo incantevole chiamato Tatiouinne, abitato da persone gentili e bambini generosi. Grazie a Dio, ho fatto parte di un gruppo di volontari che ha animato i più piccoli del villaggio. Non abbiamo perso occasione per stare con loro e vivere appieno ogni momento. È stato emozionante rivedere i bambini e i ragazzi conosciuti lo scorso anno: sono cresciuti, più maturi, e ci hanno aiutato nelle attività. Ho provato una grande gioia nel vederli felici; resteranno nella mia memoria e sono sicuro che anche gli altri volontari li porteranno nel cuore. Credo che iniziative come questa siano importanti per la comunità locale, anche perché favoriscono la comprensione e l’apprezzamento della diversità culturale, costruendo ponti di comunicazione tra mondi diversi. È stata un’esperienza ricca e stimolante, vissuta con un gruppo gentile e generoso. Ho anche avuto l’occasione di migliorare il mio italiano grazie al supporto degli amici, come Lara, che mi ha incoraggiato a non usare il traduttore sul telefono, ma a sforzarmi di parlare, anche con l’aiuto dei gesti. Ringrazio ciascuno di loro e faccio mio il consiglio di Raffaella: ascoltare è il modo migliore per imparare e capire gli altri.»