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4 Aprile 2019

Alex Zanotelli: «Immigrati? La vera emergenza è un'altra»

Focolai di razzismo in Europa. «Se l'Africa soffre è anche responsabilità nostra perché per secoli è stata depredata». 
Alex Zanotelli: «Immigrati? La vera emergenza è un'altra»
Foto di ANSA
Dov'è andata a finire la fama di ''italiani brava gente'' ora che l'africano è troppo vicino? Cresce la paura, la percezione di doversi difendere da un'invasione. Eppure – avverte padre Alex Zanotelli – basta conoscere un po' di storia e di dati per capire che la minaccia è un'altra, ed è molto più grave.
Italiani a rischio di razzismo e xenofobia? Dagli attacchi di questi ultimi mesi nei confronti degli stranieri, sembrerebbe proprio di sì.Europa a rischio invasione immigrati? I dati Unhcr parlano chiaro: appena il 14% dei 65 milioni di rifugiati nel mondo si trova nell’Occidente ricco e sviluppato, il restante 86% è ospitato nei Paesi più poveri.È la voce di padre Alex Zanotelli a metterci in guardia dal dilagare del razzismo, dal «rancore e odio che rischia di intossicare il nostro Paese e di riportarlo agli anni Trenta del secolo scorso».Missionario comboniano, da sempre è schierato al fianco degli ultimi della terra: prima in Sudan, poi in Kenya, nella baraccopoli di Korogocho a Nairobi, oggi nel quartiere Sanità a Napoli.  D’altronde dice: «Anche Dio è schierato, è il Dio degli oppressi, degli schiavi, dei poveri».
Nel suo nuovo libro Prima che gridino le pietre. Manifesto contro il nuovo razzismo (Chiarelettere, 2018) offre una lettura puntuale dei fatti e della loro distorsione quotidiana, sfatando luoghi comuni, fornendo citazioni e dati. Mette in luce come quello che accade oggi in Africa ci interessi da vicino, perché la storia di questi popoli in fuga è anche responsabilità nostra. Una terra, l’Africa, che non trova pace a causa delle lotte per il controllo delle ricchezze. Padre Alex interpella tutti i cittadini, la Chiesa, i politici. «Mi diranno che faccio politica? La vita di ogni giorno è politica».
Nessuno fermerà i poveri, ma si può ancora invertire la rotta e padre Alex ci dice come.
 
In mezzo a questo “bailame di notizie”, come dice lei, perché è così urgente rompere il silenzio «prima che gridino le pietre»?
«È stato Gesù di Nazareth a dirlo per primo, entrando a Gerusalemme. Rivolgendosi ai potenti di allora – sommi sacerdoti, dottori della legge – che sgridavano i poveri, gli umili che lo avevano accolto con gioia, dice: “Ma se voi li farete tacere sappiate che grideranno le pietre”. La situazione era molto grave: Gesù aveva intuito che il suo popolo sarebbe andato a finire in una guerra e che Roma li avrebbe schiacciati. Oggi diventa anche per noi molto significativo ricordare da dove arriva e perché viviamo questa situazione veramente difficile. Siamo su un crinale pauroso della storia, tra due precipizi.»
 
Vuole spiegarsi meglio?
«Uno è il precipizio nucleare. Lo ha detto anche Putin nella conferenza stampa di fine anno. L’altro precipizio è il disastro ecologico che potrebbe veramente minare l’intera umanità. In questo momento storico è incredibile come i politici puntino il dito contro i migranti, come se loro fossero il problema più grosso che abbiamo.»
 
Perché invece qual è?
«È un sistema economico finanziario assurdo. I dati di Oxfam lanciati a Davos, in occasione del World Economic Forum, dicono che le 26 persone più ricche al mondo hanno tanto quanto 3, 8 miliardi di persone più povere. Questo è il problema. Mai come oggi abbiamo prodotto così tanta ricchezza e mai come oggi è così mal distribuita.»
 
L’Europa però si sente sotto assedio per l’arrivo degli stranieri. Ogni giorno i media ci mostrano barconi in arrivo. 
«Coloro che noi eleggiamo, quando arrivano al potere non possono fare quello che noi chiediamo, perché purtroppo chi comanda non sono i governi ma le banche, il potere finanziario. Per salvarsi puntano il dito sul capro espiatorio che diventano oggi i migranti. Vale per gli Stati Uniti, per l’Europa, per il Canada, l’Australia.»
 
Perché c’è questa paura di essere invasi?
«Il problema centrale è che la tribù bianca si sente minacciata. Noi per 500 anni abbiamo colonizzato il mondo. Ci siamo sentiti migliori, identificati con la civiltà, la filosofia, il sapere, la scienza, la crescita, dopo aver attinto tante risorse dai Paesi che ritenevamo inferiori. Oggi sentiamo che i “non bianchi” stanno diventando la maggioranza e che lentamente avranno loro le leve del comando tra le mani, è questa la vera paura. Emerge come reazione quel razzismo che in fondo c’è sempre stato, perché ci siamo sempre sentiti la razza superiore.»
 
«Il nero a chilometro zero non piace», ha scritto. Non le sembra un’affermazione un po’ forte? 
«Pensa a quanto siamo stati generosi con le adozioni a distanza, finché gli africani rimanevano a casa loro, ma quando vengono da noi traballiamo. È ridicolo parlare di invasione. In Europa gli abitanti sono più di 500 milioni e gli immigrati arrivati negli ultimi sei anni sono meno di 2 milioni: una goccia nel mare. Eppure ne abbiamo paura. Ieri erano gli ebrei e i rom, oggi i migranti e ancora una volta i rom.»
 
Una frase che va molto di moda è: «Aiutiamoli a casa loro». È possibile farlo dato che, come denuncia lei stesso, fino ad oggi li abbiamo sfruttati a casa loro? 
«A questo si aggiunge la commedia di Di Maio, Di Battista e compagnia che attaccano la Francia per lo sfruttamento coloniale responsabile di tutta questa gente che scappa. Il ruolo della Francia è innegabile ma non dimentichiamo anche il ruolo italiano in Libia. Se c’è un popolo che odia gli italiani sono i libici. Nel periodo colonialista italiano, su ottocentomila libici presenti ne abbiamo impiccati e fucilati almeno centomila. Abbiamo usato il gas nervino nel ’36 sulle truppe sconfitte in Etiopia. Quello che abbiamo combinato in quei Paesi ce lo dimentichiamo? Per non parlare di quello che abbiamo combinato in Somalia. Cominciamo a capire che in buona parte è anche colpa nostra?»
 
Anche oggi?
«Quando si usa la frase “aiutiamoli a casa loro” bisognerebbe capire di cosa stiamo parlando. Oggi la vera politica estera italiana la fa l’Eni. Basta vedere i viaggi in Africa di Renzi quando era premier per capire quello che facciamo in Africa. È stato in Tunisia, Congo, Angola e Mozambico perché l’Eni lì ha enormi giacimenti di petrolio e di gas; in particolare in Mozambico ha scoperto il più grande deposito di gas al mondo e quel gas non andrà ai mozambiani ma gli verrà portato via. In quei paesi Italia, Francia e Germania hanno interessi economici importanti. La maledizione dell’Africa è la sua ricchezza.»
 
Il mondo della solidarietà attacca la politica di chiusura dell’attuale governo contro l’immigrazione. Eppure lei sostiene che le politiche di oggi sono in continuità con i governi precedenti. 
«Non è una grande scoperta. Quello che è avvenuto in Italia non lo ha inventato soltanto questo governo. Siamo di fronte ad un razzismo di Stato preparato da decenni. Tutta la storia è incominciata da leggi come la Turco-Napolitano del 1998, la Bossi-Fini del 2002. Poi i decreti Maroni e la realpolitik di Minniti. L’Italia con Matteo Renzi e Minniti ha fatto un accordo non con la Libia, che non esiste, ma con le milizie che la controllano, per tentare di bloccare l’arrivo dal mare dei rifugiati africani. Abbiamo lasciato nelle mani dei libici 700 mila migranti che sono stati in questi anni stuprati. Poi siamo arrivati a questo governo Salvini-Di Maio-Conte che porta a chiudere i porti. Sono convinto che tra poco verremo portati davanti alla Corte internazionale per crimini contro l’umanità e che i nostri nipoti diranno di noi le stesse cose che noi diciamo sui nazisti.»
 
È vero che le ONG fanno il gioco dei trafficanti?
«Il gioco dei trafficanti è una grande balla. Come in tutte le situazioni di difficoltà c’è sempre chi ne approfitta per fare soldi. Il problema è che c’è un problema da cui questa gente deve scappare, sia esso la guerra, la fame, i cambiamenti climatici. L’ONU prevede che entro il 2050 a causa dei cambiamenti climatici ci saranno 50 milioni di rifugiati solo dall’Africa, gente che dovrà scappare da quella terra perché non si potrà più coltivarla.»
 
La Chiesa e la società civile cosa possono fare di fronte a questa situazione che sembra troppo grande per la gente comune?
«I cittadini possono fare tantissimo. Aveva ragione Martin Luther King quando diceva: “Non ho tanto paura dell’odio, della violenza dei violenti, piuttosto ho paura del silenzio degli onesti”. È il nostro silenzio che mantiene tutto questo. Se i cittadini si mettono assieme e dicono: “No, non possiamo accettare tutto questo”, i governi saltano in fretta! La Chiesa italiana e quella europea sono troppo silenti. Siamo grati a Papa Francesco che ha avuto un coraggio incredibile in questi anni a dire determinate cose, ma questo insegnamento non sta passando nelle parrocchie. Dobbiamo mettere in atto la disobbedienza civile.»
 
Ma la gente si chiede: come facciamo ad accoglierli tutti?
«La Confindustria, che non è propriamente un’istituzione ecclesiale missionaria, dice che se l’azienda Italia vuole continuare ad andare avanti ha bisogno di 250 mila nuovi operai all’anno, d’altronde noi non facciamo più figli. Abbiamo bisogno di queste persone, non abbiamo bisogno solo dei loro minerali, che devono invece rimanere a loro per rimettersi in piedi. Se tanta gente scappa per la fame, per il clima, per le guerre, dobbiamo capire che la ridistribuzione mondiale delle terre deve essere pensata in maniera globale. Siamo su un unico pianeta e abbiamo a disposizione un’unica navicella spaziale per attraversare il buco nero dell’universo. O incominciamo a capire che dobbiamo starci tutti su questa terra o altrimenti salteremo per aria. Questa è la scelta: questione di vita o di morte.»