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10 Ottobre 2023
Ultima modifica: 10 Ottobre 2023 ore 07:21

Accanto ai bambini di strada, ci siamo innamorati dell'Africa

Mariavittoria Dosso e Luca Filippini sono una giovane coppia di Verona. Ci raccontano la scelta di partire per l'Africa, dedicando un mese della loro estate a donne, bambini e disabili in Zambia.
Accanto ai bambini di strada, ci siamo innamorati dell'Africa
Foto di Mariavittoria Dosso
"Cuori ardenti, piedi in cammino" è lo slogan della Giornata missionaria 2023, che ricorre il prossimo 22 ottobre. Proprio un cuore che arde spinge questi due giovani, da qualche anno, a spendersi nel servizio con l'unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII. Una chiamata tanto forte, da scegliere di allargare i confini e "incamminarsi" per scoprire il volto dell'Africa.

Lei, laureata in medicina, grande appassionata di mare, immersioni subacquee ed equitazione. Lui, laureato in ingegneria gestionale, energico e sportivo, amante del basket, dei giochi da tavolo e delle escursioni in montagna. La loro storia d’amore è nata presto, quando da adolescenti frequentavano i campi scuola della Diocesi di Verona… e ora prosegue, dopo 8 anni, nel cammino verso il matrimonio che celebreranno il 7 settembre del prossimo anno (nel giorno del compleanno di don Oreste Benzi). 

In che modo vi siete avvicinati alla Comunità Papa Giovanni XXIII, scoprendone i progetti?

Mariavittoria e Luca volontari in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
«Quando avevo 19 anni - spiega Mariavittoria - ho preso parte ad un incontro organizzato dalla mia parrocchia, in cui Michela, membro dell’Associazione, è intervenuta portando la sua testimonianza riguardo il servizio con l’unità di strada. Ogni settimana, infatti, alcuni volontari si recano nelle vie delle città italiane ad incontrare le ragazze vittime della tratta per sfruttamento sessuale, con lo scopo di costruire con loro una relazione di fiducia e offrire una via d’uscita grazie all’aiuto della Comunità.
Mi sono sentita chiamata, le sue parole rispondevano ad un desiderio che mi abitava: così l’ho contattata per iniziare a far parte di questo progetto. Dopo un anno, si è aggiunto anche Luca».
«Mariavittoria me ne parlava come un’esperienza intensa, che le faceva bene: anche io, allora, ho proposto la stessa testimonianza agli adolescenti che seguivo, e mi sono avvicinato a questa realtà. Così siamo rimasti insieme a svolgere questo servizio, fino ad ora».

«Le ragazze costrette a prostituirsi, sono mie sorelle»

Cosa vi spinge a continuare il servizio con l’unità di strada? 

«Il senso di ingiustizia: la quasi totalità delle ragazze non sono lì per volontà, ma per causa di altri. Non è questo che Dio ha pensato per loro, hanno bisogno di qualcuno che glielo faccia capire. Le considero mie sorelle», confida Mariavittoria.
«Ci spinge la relazione che abbiamo instaurato con queste persone, a cui solitamente ci si rivolge solo per chiedere prestazioni sessuali. Vivono una tale solitudine da restare nella condizione in cui sono per paura, pensando che un’altra vita non sia possibile. L’idea di instaurare un rapporto di fiducia, crediamo possa essere per loro un sollievo ed un possibile nuovo inizio», spiega Luca.

«Volevamo guardare con i nostri occhi il volto dell’Africa»

Da cosa è nato il desiderio di partire per l’Africa?

«È implicito nel servizio con l’unità di strada, un forte richiamo alla missionarietà: da tempo ci sentivamo chiamati ad allargare i nostri confini, con il desiderio di scoprire se saremmo riusciti ad indossare queste vesti. 
I motivi che ci hanno spinto in Zambia sono gli stessi per cui, a Verona, stiamo accanto alle ragazze costrette a prostituirsi: sapere che qualcuno è nella sofferenza, potersi fare prossimi a quel dolore, capendo quale aiuto sia necessario e come attuarlo. Per questo, avevamo bisogno di fare esperienza concreta di ciò che avevamo solo sentito raccontare: siamo partiti per consapevolizzarci e guardare con i nostri occhi il volto dell’Africa».

Dove vi trovavate e quale realtà avete incontrato una volta arrivati? 

«Ci trovavamo in Zambia, nella città di Ndola, e vivevamo nella famiglia di Gloria e Stefano, i referenti della missione dell’Associazione Papa Giovanni XXIII che ci hanno accolti e guidati. Da 30 anni la loro quotidianità è fatta di condivisione con i ragazzi di strada, le mamme, i poveri e i disabili che seguono nei diversi progetti. È stato bello per noi, inoltre, incrociare tanti giovani, tra i 19 e i 35 anni, che come noi quest’estate hanno deciso di spendersi in questo servizio per un periodo medio o lungo, tra cui due caschi bianchi (ragazzi che svolgono servizio civile all’estero, impegnati nella promozione della pace e dei diritti umani).
Luca Filippini volontario in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Bambino a scuola in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Scuola in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Volontaria a scuola in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
A 50 metri dall’abitazione, si trovano le strutture del “Cicetekelo Youth Project”, che ha l’obiettivo di ridare dignità ai ragazzi di strada, senza cibo, senza sogni e senza una prospettiva di futuro (un fenomeno largamente diffuso nella periferia della città). Il progetto, dal 1997, si occupa di dare loro alloggio, cibo, istruzione e di accompagnarli nel percorso di crescita fino al reinserimento nella comunità. È diviso in tre livelli, a cui i bambini vengono assegnati in base al percorso personale, ai bisogni e ai progressi di ognuno: il primo, non residenziale, in cui gli è data la possibilità di lavarsi e mangiare. La seconda fase è residenziale, un’iniziale scolarizzazione ed un avvicinamento allo sport, come ambiente di riscatto, in cui imparare educazione e regole. Nell’ultima fase, vanno a scuola e fanno sport regolarmente».
Mariavittoria e bambini in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
«Ad agosto, però, la scuola è chiusa, quindi ci siamo dedicati ad aiutare nelle varie attività ricreative pensate per i ragazzi, collezionando ricordi preziosi. Come il pomeriggio», racconta Luca, «passato giocando a basket, con la clausola che ad ogni canestro la squadra avversaria avrebbe subito penitenza con le flessioni…ed io continuavo a perdere!»
«O come il sabato - continua Mariavittoria - in cui abbiamo giocato a dipingerci il viso con le tempere, sfidandoci a chi avrebbe creato il miglior disegno…ma ci siamo ritrovati a pitturarci senza logica, ballando e sporcando ovunque, con gli educatori che ci rincorrevano. Sono attimi di gioia indimenticabili».

«Quello che per noi è gioia, per loro è dolore»

Quali sono gli altri ambiti di aiuto che vedono l’impegno dei volontari in Zambia?

«C’è il progetto Mary Christine, dedicato ai ragazzi disabili, che hanno la possibilità di trascorrere la giornata impegnandosi in attività di allevamento ed agricoltura. L’aiuto è incentrato sul lavoro e l’accompagnamento personale, importanti per il potenziamento delle capacità e per la qualità della vita di questi ragazzi, che verrebbero altrimenti abbandonati. Il progetto Rainbow, invece, vede una decina di centri nutrizionali attivi. Le mamme, che hanno tra i 15 e i 20 anni, vi si recano ogni settimana: vengono loro insegnate le norme igieniche e i valori nutrizionali adeguati, mentre i bimbi sono sottoposti al controllo del peso e dei parametri indicano il loro stato di salute e nutrizione. Inoltre, si cucina insieme, garantendo loro un pasto».
Mariavittoria racconta: «Ricorderò sempre il volto stanco e triste di una ragazza con la sua bimba di un anno in braccio. In Italia, la stessa scena è un racconto felice…quello che per noi è gioia, per loro è dolore e fatica. Preziosissimo l’intervento delle infermiere che lavorano accanto a queste donne. Tra le altre, abbiamo conosciuto Maxilda, la referente di un centro, che lavora inventando canzoni in bemba (la lingua locale) per spiegare alle mamme le misure igieniche… le cantavamo tutti insieme, regalando a queste persone momenti di leggerezza».
Centro nutrizionale Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Visita centro nutrizionale Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Visita centro nutrizionale Ndola Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Mariavittoria al centro nutrizionale Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Centro nutizionale Africa Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Pasto al centro nutriazionale Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso

«I bambini hanno voglia di costruirsi un futuro sapendo che lì un futuro non c’è»

Quali sono le immagini più forti impresse nella vostra memoria?

«Un giorno trovandoci in un compound (villaggio povero) per visitare alcune famiglie, siamo passati accanto ad una bambina che continuava a tossire, di una tosse molto profonda… mi sono chiesto se nei giorni o nelle settimane dopo l’avrei rivista, visto le poche cure possibili e la scarsa igiene. Poi - continua Luca - ricorderò sempre la notte in cui, accompagnati dai collaboratori, abbiamo incontrato i ragazzi di strada: avevano tra gli 8 e i 20 anni, e si trovavano attorno ad un fuoco passandosi una bottiglia di colla da sniffare, per inebriarsi e non sentire la fame ed il freddo. Erano gli stessi che, durante il giorno, frequentavano i nostri progetti. Siamo rimasti un po’ con loro, a dargli un abbraccio e scambiare una parola…è il modo di fargli capire che c’è qualcuno che gli vuole veramente bene».
Mariavittoria confida: «Mi ha colpito trovare dei bambini non felici: mi sento di smentire quello che si dice, il luogo comune dei bambini poveri che però vivono contenti. Volevano di più, come studiare per venire in Italia…avevano voglia di costruirsi un futuro sapendo che lì un futuro non c’è. La scolarizzazione gli permette di sognare altro».

«L’operato della Comunità Papa Giovanni XXIII per tanti è salvezza»

Quanto conta l’aiuto e l’operato dei missionari?

«La mancanza di servizi e possibilità è talmente evidente da pensare che le cose non possano cambiare. Con il passare dei giorni, ci siamo resi conto che, invece, l’operato della Comunità Papa Giovanni XXIII dei cambiamenti li ha portati, e per tanti è stata la salvezza. Nel nostro piccolo, abbiamo notato che tutto quello che abbiamo fatto, anche il gesto più banale, ha avuto un riscontro immediato e oggettivo, e ha fatto del bene: un pomeriggio passato a piantare una coltivazione, sfama una persona. È una sensazione difficile da provare in Italia».

Da qui è possibile fare qualcosa?

«Sì, anzi, è importantissimo sostenere iniziative come “un pasto al giorno”, la colletta alimentare, o altre associazioni come Medici con l’Africa Cuamm. Il nostro Paese può donare aiuti economici, cibo e medicine; quindi, è fondamentale promuovere iniziative e sensibilizzare le persone su questi temi, che ora più che mai ci toccano nel profondo, sentendone l’urgenza».

«L’amichevolezza di questo popolo ci è entrata da subito nel cuore»

Cosa, dell’Africa, vi ha fatti innamorare? 

Bambini in Zambia agosto 2023
Foto di Mariavittoria Dosso
«Certamente non la bellezza del luogo: quello che abbiamo vissuto non ha nulla di bello o di comodo, diversamente dall’immaginario legato alle zone turistiche. Noi ci siamo innamorati del popolo, dell’accoglienza che hanno, dello spirito di gioia, dell’essenzialità... e perché c’è tanto bisogno di aiuto. Il primo giorno siamo andati a Messa in compound ed appena siamo scesi dall’autobus ci sono corsi incontro con stupore e col sorriso tanti bambini e signore anziane che quasi si prostravano di fronte a noi, nonostante non avessimo fatto ancora nulla». 
Luca racconta: «Due bambine di dieci anni mi hanno regalato una rosa, e volevano farci spazio tra i banchi della chiesa. Anche il loro modo festoso di vivere la Messa, sentito, pieno di canti e balli, coinvolgente, ci ha stupiti (e fatto sorridere, dato che, dopo tre ore, siamo dovuti scappare per non perdere l’autobus, ed eravamo solo all’offertorio). L’amichevolezza di questo popolo ci è entrata da subito nel cuore. Ti fa scoprire che per vivere serve poco, così ti allontani dalle ansie del futuro e della fretta che c’è in Italia… ti innamori perché sai che lì c’è tuo fratello, con un grande bisogno di aiuto».

“Dopo aver visto, non puoi più far finta di non vedere”

Com’è stato tornare a casa? E cosa ha lasciato questa esperienza nella vostra vita?

«Il ritorno è un passaggio doloroso: fatichi a reinserirti nella vita di prima. Qui le preoccupazioni sono rivolte spesso a cose non necessarie. Il mal d’Africa non è la semplice nostalgia di un viaggio, ma è sentire profondamente che non puoi più girarti dall’altra parte. Che, mentre tu sei qui, lì si lotta per vivere, e vorresti poter dare ancora l’aiuto che serve. Il senso di ingiustizia verso la cultura in cui vivi, è molto più forte.
Per questo, è diventata ancora più significativa nella nostra vita la frase di don Oreste Benzi:
“Dopo aver visto, non puoi più far finta di non vedere”.
Ma è vero che tutto ciò che il Paese ricco offre, è da mettere a servizio ed è utile per chi ne ha bisogno. Abbiamo lavato i nostri occhi da tante impurità, capendo che non c’è nulla di più importante che vivere con dignità e con le persone a cui vuoi bene. Ora, sia come singoli che come coppia, ci chiediamo come mettere a frutto le tante cose che abbiamo in relazione a questo continente povero, che è diventato così importante per noi».
Volontari in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Mariavittoria e Luca volontari Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso
Tramonto in Zambia
Foto di Mariavittoria Dosso