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14 Aprile 2022

La Pasqua dei cristiani rifugiati

Festeggiare la resurrezione ai confini del mondo
La Pasqua dei cristiani rifugiati
In Turchia, Libano, Grecia, Bielorussia gridano voci stremate che portano un messaggio chiaro: dalla violenza ci si salva insieme, nessuno escluso, nemmeno noi.
Il terzo giorno dopo la sua morte in croce Gesù risorge lasciando il sepolcro vuoto e apparendo poi per portare il messaggio di salvezza e pace a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. È questa la Pasqua, è questo il messaggio che ogni giorno si riceve negli angoli più bui della terra. 
Qui in Turchia c’è Val, ha 4 anni è scappato dall’Iran con la mamma, e a Natale ha ricevuto il battesimo nella diocesi dell’Anatolia compiendo un viaggio di 15 ore di bus. Ha corso per ore nel cortile della chiesa gridando: «Adesso sì che sono forte come Gesù!».

Ci sono Mart e Faza, afghani rifugiati che già da tempo hanno aperto una mensa gratuita insieme a Caritas Anatolia al confine con l’Iran per tutti i nuovi rifugiati che fuggono dall’Afghanistan. C’è Abu Samir, siriano rifugiato da ormai 10 anni che non smette un giorno di battersi per la giustizia del suo popolo, aspettando al confine la libertà di tornare a casa.
In Turchia, Libano, Grecia, Bielorussia e ormai in ogni confine gridano voci stremate che ci portano un messaggio molto chiaro: dalla violenza ci si salva insieme, nessuno escluso, nemmeno noi. Le persone hanno anche bisogno di luoghi di preghiera dove possano esprimersi nel loro dialogo con Dio e qui in Turchia ci sono intere comunità cristiane irachene senza sacerdoti e senza luoghi di preghiera.
 
In ogni momento qui, ai piedi delle mura di cemento armato, si ascoltano storie che portano questo messaggio: si muore di violenza sulla croce degli egoismi. Muoiono così i profughi, vittime della violenza della guerra fatta da egoisti, gli stessi che poi chiudendosi tra le barricate ergono croci fatte di barconi, baracche e tende.
Ma
i migranti hanno un messaggio più forte dell'odio; attraverso la sofferenza ci portano la voce di chi non vuole né uccidere, né essere ucciso. Sarà per questo che ci mettono in discussione questi stranieri, sarà per questo che non li tolleriamo, e anche se stiamo dalla loro parte ci sentiamo scomodi di fronte a questi volti così umani.

Ci chiedono troppo, hanno un messaggio di salvezza: liberami e sei libero, salvami e sei salvo. Non vogliono solo ospitalità questi profughi, ma vogliono e gridano soprattutto salvezza, giustizia e pace per tutti, e solo attraverso questi ultimi e questi poveri riscopriamo la nostra buona volontà, che non si limita alla compassione, ma ad una resurrezione di popolo, ad un cammino fianco a fianco verso un futuro di pace. Ci si salva insieme attraverso la croce di chi porta il messaggio che la guerra è banale ed egoista, ma la pace richiede creatività e solidarietà.