È un patrimonio di 19mila pagine quello su cui sta lavorando la teologa Elisabetta Casadei, postulatrice della causa di beatificazione del sacerdote romagnolo don Oreste Benzi. «Un volume di documenti paragonabile alla causa di beatificazione di un Papa», spiega. Più i libri di don Oreste, le dichiarazioni dei testimoni chiamati in causa durante il processo diocesano.
L’obiettivo è redigere la Positio, il dossier che dimostra le virtù e la fama di santità del Servo di Dio, che verrà poi esaminato dai teologi del Dicastero per le cause dei santi.
Con l’apertura del Centenario della nascita di don Benzi, per la postulatrice si prospetta un anno pieno di progetti. «Il compito della postulazione – spiega – non è solo quello di scrivere la Positio, ma anche quello di divulgare, far conoscere la vita, l'opera, la spiritualità, il messaggio, la profezia di don Oreste».
Uno di questi progetti è la scrittura di un libro sulla spiritualità di don Oreste, che indagherà «sul suo rapporto con Dio, sul come è germogliato il carisma della Papa Giovanni, come ha preso coscienza di questo dono e lo ha sviluppato, il suo rapporto con la storia».
A novembre, invece, con Sempre Editore, esce un libro da lei curato su “aforismi, aneddoti e provocazioni” del sacerdote.
Altro obiettivo fondamentale è la formazione sulla figura di don Oreste Benzi. Come docente dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Rimini, Elisabetta Casadei terrà un corso online in 12 incontri a partire dal 14 gennaio 2025 in cui verranno coinvolti anche testimoni che hanno conosciuto il sacerdote. «Dopo aver delineato la vita, l'opera di don Oreste, faremo alcuni approfondimenti sulla sua spiritualità sacerdotale, la concezione della famiglia, il suo essere educatore, il rapporto con le donne, la società del gratuito, il suo metodo pastorale».
Casadei apre una parentesi sul tema: «Era un vero pastore, anche se molto sui generis: solo ora riusciamo a comprendere la validità del suo metodo, per il quale è stato anche incompreso. E riusciamo oggi a capire perché Papa Francesco, aprendo il Sinodo, ha voluto che non fosse solo una discussione a tavolino, ma che si iniziassero processi sinodali nelle parrocchie, nelle associazioni, nelle diocesi». Sull’analogia tra don Oreste e Papa Francesco la postulatrice ha avviato anche una rubrica di approfondimento sul settimanale diocesano di Rimini “Il Ponte”, intitolata “Il profeta e il pastore”.
A Rimini, a partire dall'anniversario della morte del sacerdote avvenunta il 2 novembre, si potrà prenotare un percorso guidato sulle orme di don Oreste, che tocca i luoghi in cui è nato, si è formato, ha iniziato la sua opera con tanti giovani. Anche la postulatrice è coinvolta: «A partire dalla tomba che custodisce i suoi resti mortali, per poi visitare la sua Parrocchia, la canonica dove è vissuto, il seminario, dove riceveva tanti ragazzi e tante altre realtà molto significative che sono nate nella sua diocesi di Rimini». Un percorso aperto a tutti, a carattere spirituale ma anche conviviale, un’occasione per scoprire la terra di Romagna.
Dal 2014 Elisabetta Casadei – prima per la fase diocesana della causa di beatificazione a Rimini, ora per quella romana – è la postulatrice di don Oreste Benzi. Dieci anni di “frequentazione” stretta. Don Oreste, in realtà, lo ha conosciuto personalmente quando era ragazzina. «Sapevo che era un bravo sacerdote, un bravissimo educatore e un prete sociale». Ma è andando a spulciare tutti i documenti che lo riguardano che ha scoperto la profezia di don Oreste.
«Il Signore manda i profeti nel suo popolo, figure luminose che hanno visto prima ciò che sarebbe accaduto dopo. Don Oreste ha colto il desiderio di Dio in una duplice profezia, per il mondo e per la Chiesa».
La prima riguarda ciò che don Oreste definisce società del gratuito «che oggi – sottolinea Casadei – riusciamo a capire grazie all'Economy of Francesco. Prima queste idee si liquidavano come velleità di pochi giovani un po' idealisti, utopisti, adesso iniziamo a capire che sono vie di uscita per salvare il mondo, perché la società capitalista basata sul profitto mostra fratture che sono irreversibili.»
L’altra è per la Chiesa. Don Oreste ha capito e reso vivo il Concilio Vaticano II, una Chiesa più comprensibile e vicina alla gente.
«Ha visto la Chiesa come popolo di Dio. Ha coniato un metodo pastorale genuino per l’epoca. Se penso che lui si era formato in seminario con la teologia manualistica, ancora stento a credere come abbia potuto concepire, realizzare una cosa del genere dopo soli 20 anni di sacerdozio: una parrocchia di popolo, che vede la partecipazione, la pari dignità di tutti i fedeli, compreso il clero, in cui fedeli e sacerdoti camminano insieme e il cammino non lo decide il sacerdote ma si decide insieme».
«Essere la postulatrice di don Benzi è una grazia grande». Questo rapporto con il Servo di Dio, confida, «è una provocazione continua. È come se durante il giorno qualcuno ti desse dei pugni nella pancia e quando arrivi a sera ti fa un male terribile. A livello di spiritualità personale mi aiuta tantissimo a capire il mio ruolo e la Chiesa».
Don Oreste parlava spesso di atei che sanno tante cose su Dio. «Aveva un diverso metodo di fare teologia, e aveva ragione lui. Anche Severino Dianich, uno dei più grandi teologi italiani, recentemente ha aperto un dibattito dicendo che la teologia ha fallito perché scollata dalla fede del popolo di Dio».
Quando Casadei andò da don Oreste a chiedere un parere sulla sua intenzione di studiare teologia, non sapeva certo delle sue opinioni in merito.
«Ma non mi disse niente, mi ricordo che rimase in silenzio, prese la testa tra le mani e guardò in basso. Ci rimasi male. Mi aspettavo un “brava, finalmente una donna che studia teologia”, invece niente. L'unica cosa che mi disse è: “Non dimenticarti dei poveri”».
Certo, se non avesse studiato teologia, oggi Elisabetta, non potrebbe seguire la causa di beatificazione di don Oreste. Ma lui non negò la sua scelta, sapeva riconoscere i doni. «Questa è la sua grandezza. Don Oreste veramente non metteva limiti, non soffocava lo Spirito anche quando magari non capiva. Le cose belle le promuoveva sempre».