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13 Maggio 2023
Ultima modifica: 13 Maggio 2023 ore 08:16

Vado ad abitare in un santuario mariano

Un viaggio tra le case famiglia aperte presso i santuari mariani
Vado ad abitare in un santuario mariano
Don Oreste Benzi aveva una venerazione speciale per la Madonna e il suo successore, Giovanni Paolo Ramonda, ha seguito le sue orme aprendo realtà di accoglienza presso alcuni dei santuari mariani più frequentati, in Italia e all'estero. Scopriamo quali.
Non ho paura di essere smentita se dico che don Benzi era innamorato di una donna. Il suo nome è Maria, la mamma di Gesù. È risaputo che il sacerdote riminese avesse una devozione particolare per la Madonna: recitava più di un rosario al giorno e terminava spesso le sue omelie dicendo: «Madre nostra, fiducia nostra». Per anni aveva insistito affinché tutta la Comunità Papa Giovanni XXIII andasse in pellegrinaggio a Lourdes. E finalmente nel 2006, un anno prima della sua morte, c’era riuscito. E Paolo Ramonda, successore di Benzi alla guida della Comunità, fin da subito si è adoperato perché ci fosse una presenza presso i santuari mariani, che in quel momento ancora non c’era. «È un percorso che viene dalla scelta di affidare sempre più la nostra vita e la vita dei poveri a Maria, che ci copre con il suo manto, come dicono in una bellissima preghiera i nostri fratelli della Russia» spiega Ramonda nel suo ultimo libro-intervista La condivisione salverà il mondo pubblicato recentemente dall’editore Sempre. «Per questo, quando è possibile, andiamo nei luoghi fisici dove Maria è apparsa o dove c’è una particolare devozione». 

La Comunità di don Benzi nei santuari mariani 

Così nel 2008 Ramonda lancia la proposta di aprire una casa famiglia a Lourdes, presenza che si è concretizzata nel 2010 grazie alla famiglia di Lucia e Palmino Paolucci, partiti insieme a Daniela Mozzo
Mentre venivano preparati i documenti per il trasferimento della famiglia Paolucci, nel 2009, il vescovo di Mondovì chiede alla Comunità di don Benzi di subentrare nella gestione del santuario-convento a Mellea di Farigliano (CN): dopo più di 360 anni i frati francescani minori, per mancanza di vocazioni, si vedevano costretti a chiudere il santuario. I fariglianesi si organizzano e raccolgono più di 10 mila firme per impedire la chiusura di un luogo a loro tanto caro e con tanta storia alle spalle. Così viene aperta una Capanna al santuario, grazie alla disponibilità di Luca Fortunato, che oggi gestisce la Capanna di Betlemme nel convento di Vasto ma a quel tempo era responsabile della Capanna di Savigliano (CN).
La primavera mariana non si ferma e nel 2011 sboccia una presenza anche a Fatima, in Portogallo: grazie al sì di Lea Tobia, già missionaria in Russia, la Comunità di don Benzi è nel luogo dove la bianca Signora apparve a tre umili pastorelli. 
Nel 2012 Ramonda è a Napoli per un convegno e vedendo da lontano il santuario della Madonna di Pompei esprime un desiderio: «Magari ci chiamassero!». L’anno successivo il vescovo Caputo chiede alla Comunità di iniziare una presenza presso le case operaie, quelle costruite dal Beato Bartolo Longo adiacenti al santuario. Questo diventa possibile grazie al generoso “sì” della casa famiglia “Maria Madre di Misericordia” di Raffaella e Salvatore Buonocore, che si trasferisce a Pompei a maggio 2014. 
L’anno precedente, nel 2013, viene aperta la presenza al santuario di Nostra Signora della Guardia a Genova. La famiglia di Alessia e Amleto Altieri, che da poco era entrata a far parte della Comunità, ha dato concretezza a un desiderio che don Oreste non era riuscito a realizzare. Infatti il rettore del santuario aveva chiesto a don Benzi la presenza di una casa famiglia lì.

Lourdes famiglia Paolucci
La casa famiglia di Lucia e Palmino Paolucci è a Lourdes dal 2010.
casa famiglia a Fatima
Antonio Scarpiello insieme a Sandra e Dimitri Tondo: la Comunità Papa Giovanni XXIII è presente a Fatima dal 2011
casa famiglia Pigani a Lourdes
La casa famiglia "Santa Bernadette" di Morena e Gabriele Pigani a Lourdes
Casa famiglia di Renata a Pompei
Anna D’Ambrosio e Renata Trzepizur con la loro casa famiglia “Santa Maria del cammino” sono a Pompei dal 2016
Pompei casa famiglia
Raffaella e Salvatore Buonocore con la loro casa famiglia a Pompei

La presenza al santuario di Mellea

Fin qui la storia delle varie aperture. Ma come prosegue oggi questa presenza nei santuari mariani?
«Essere ai piedi di Maria è un dono» dice Giona Cravanzola, diacono permanente e attuale responsabile della Capanna di Betlemme che si trova nel santuario di Mellea (CN). «Ci obbliga ad essere seri nell’accoglienza, a confidare che davvero la Madre che preghiamo, la Madre dei poveri si manifesta con segni di provvidenza concreta. Poi ci dà anche la possibilità di mettere la spalla sotto la croce di chi è in difficoltà. Qui al santuario passano tante persone che stanno vivendo momenti di dolore, di prova, di malattia. Qui possiamo dare sollievo alle ferite di Cristo nella carne dei nostri fratelli e sorelle». Nel santuario situato nel cuore delle langhe piemontesi è don Jose Thaddeus Kunnutara che ogni giorno celebra le messe e guida la recita del rosario. Don Thaddeus è a Mellea dal 2011 e ha conosciuto la Comunità di don Benzi in India, suo Paese natale. 
La presenza della Capanna è fondamentale per riuscire a gestire il santuario: «Amministrare il santuario significa anche tenerlo pulito: i ragazzi della Capanna fanno le pulizie e garantiscono la manutenzione ordinaria, che li tiene impegnati tutti i giorni» dice Giona. «Attualmente in Capanna ci sono 20 uomini che arrivano da varie vicissitudini, dalla strada e da varie tipologie di difficoltà, eppure la loro presenza è la base solida di questa presenza a Mellea». 

Davanti alla grotta di Lourdes

A Lourdes ci sono 2 case famiglia e una Capanna di Betlemme. Lucia e Palmino sono giunti nel 2010 e insieme ai loro figli testimoniano la bellezza della condivisione diretta. Palmino, papà di casa famiglia e cerimoniere alla Grotta, racconta: «In molti ci chiedono di pregare per loro, perché questo è sicuramente un luogo di grazia. Tante persone sono passate di qui e abbiamo visto come la Madonna ha toccato i loro cuori». Nel 2019 anche la casa famiglia di Morena e Gabriele Pigani – che vivevano in Francia già dal 2016 - si trasferisce a Lourdes: «Quando abbiamo aperto la nostra casa famiglia, nel 2002, l’abbiamo dedicata a Bernadette, la piccola veggente che proprio qui raccolse quella frase misteriosa della Madonna “Io sono l’immacolata concezione” – spiega Gabriele -. La provvidenza poi ci ha condotti qui. Prima del Covid accompagnavamo i pellegrini per l’immersione nelle piscine. Oggi continuiamo a collaborare col santuario raccogliendo le telefonate dall’Italia da portare ai cappellani per il rosario quotidiano e portando la nostra testimonianza negli incontri dei giovani e dei pellegrini che arrivano qui».

Il forno e l'orto solidale di Fatima

Ora a Fatima c’è Antonio Scarpiello: «La nostra presenza è un mix tra Capanna, pronta accoglienza e casa famiglia» spiega Antonio. «Ora in casa siamo in 10 e con i pellegrini che arrivano qui facciamo famiglia a tutti gli effetti. Io assisto a piccoli miracoli tutti i giorni, ad esempio alcuni pellegrini sono stati da noi e hanno conosciuto la Comunità. Tornati in Italia hanno deciso di fare volontariato in una Capanna di Betlemme e poi sono stati anche nella missione in Sri Lanka».
Da qualche tempo sono arrivati a Fatima anche Dimitri Tondo, già missionario in Brasile per diversi anni, con la moglie Vandra. Dimitri affianca Antonio nelle varie attività della casa e non solo: «Abbiamo un forno solidale che nel 2022 ha donato 2 tonnellate di pane ai poveri di Fatima, tramite la Caritas locale» racconta fiero Antonio. «Finora non abbiamo mai comprato la farina necessaria, perché ci arriva come dono della Provvidenza. Con l’arrivo di Dimitri siamo partiti con un orto solidale, che avrà la stessa funzione del forno: produrremo verdure da distribuire ai poveri».

Nostra Signora della Guardia a Genova: dove tutto ebbe inizio

Quello a Genova doveva essere il primo santuario ad avere una casa famiglia vicina: «Un anno don Oreste si recò qui durante la festa di Nostra Signora della Guardia, il 29 agosto, e dopo l’incontro col rettore nacque il desiderio di una presenza qui» racconta Pietro Strada, che con la moglie Carmela da dato continuità alla realtà che era iniziata con i coniugi Altieri. Pietro e Carmela si sono trasferiti qui dopo essere rientrati dalla missione in Olanda nel 2016: «Siamo una ricchezza per il santuario, che attraverso di noi può dare concretezza alla vicinanza ai poveri. Dopo l’inizio del conflitto in Ucraina abbiamo vissuto un periodo molto intenso: più di 80 ucraini che scappavano dalla guerra si sono fermati da noi. Avevamo subito dato disponibilità alla diocesi e i profughi arrivavano a qualsiasi ora, di giorno e di notte». Tra tanti bei ricordi, quello di aver pranzato col Papa nel 2017 rimarrà sempre nel cuore di Pietro e Carmela: «Papa Francesco era venuto al santuario per incontrare i giovani della diocesi e ha voluto pranzare con le fasce deboli del territorio e così l’abbiamo salutato con la nostra casa famiglia. Una delle nostre ragazze ha mangiato proprio al tavolo col Papa». 

Nelle case operaie del santuario di Pompei

Nella piazza proprio accanto al santuario si trova il Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II", creato all'interno delle ex-case operaie che furono costruite dal Beato Bartolo Longo per ospitare le famiglie degli operai impegnati nella costruzione del santuario. Le case, restaurate con cura, sono diventate spaziose e funzionali: due di queste realtà oggi ospitano case famiglia della Papa Giovanni XXIII. 
«In questi anni siamo stati una casa con il portone sempre aperto, come era nell’intenzione di don Benzi» racconta Salvatore Buonocore, che insieme alla moglie Raffaella gestisce la casa famiglia “Maria Madre di misericordia”. «Non solo perché abbiamo fatto tante accoglienze e nei primi anni abbiamo avuto una grande presenza tra i senza fissa dimora, ma anche perché la nostra cappellina è sempre aperta per chi vuole pregare con noi e ogni anno abbiamo proposto una giornata di adorazione in cui tenevamo il portone sempre spalancato, giorno e notte».
Per una coincidenza curiosa, la seconda casa ha dovuto cambiare nome: «Dal 2010 io e Anna D’Ambrosio gestiamo la casa famiglia “Giovanni Paolo II”, ma quando nel 2016 ci siamo trasferiti a Pompei abbiamo cambiato il nome in “Santa Maria del cammino” perché il Centro aveva lo stesso nostro nome» racconta Renata Trzepizur. «Il vescovo è molto presente, sia con gli auguri, sia con qualche chiamata inaspettata per sapere come stiamo. Lo sentiamo come un padre: vuole conoscere le persone che arrivano da noi, le loro storie, si ricorda i nomi. Quando il vescovo viene a trovarci con i cardinali in visita, va prima di tutto a salutare gli ultimi della casa partendo da Constantin, un bambino gravemente disabile. Un giorno gli abbiamo chiesto se potevamo fargli una foto vicino a Constantin e ci ha detto: “Certo, ma davanti a Constantin sto solo in ginocchio”».

Maria continua a chiamare

Attualmente vivono a Cingoli (MC) e sono una casa famiglia dal 2010, ma presto Fabrizio Sbrancia e la moglie Maria Bonfigli si trasferiranno presso il santuario di Loreto (AN), dove la tradizione dice sia conservata la santa casa di Nazareth. «La struttura si trova a 50 metri dalla basilica ed è una donazione della fraternità francescana. Al momento si stanno facendo i lavori di ristrutturazione e se tutto va bene potremo trasferirci entro la fine dell’anno» spiega Fabrizio. «Fin da quando eravamo piccoli il santuario è stato un punto di riferimento per noi, infatti sia io che mia moglie veniamo da quella zona. È un po’ come tornare alle origini, siamo molto contenti di questa opportunità».
Chiudiamo questa carrellata con lo sguardo rivolto verso l’Africa: c’è il progetto di aprire una realtà anche a Kibeho, in Rwanda, luogo delle prime apparizioni mariane nel continente africano. «È un desiderio che abbiamo, se la Madonna ce lo concede nel prossimo futuro» dice don Mario Zacchini, responsabile della zona East Africa. O forse, prima di allora, verrà aperta una casa famiglia presso un altro santuario, ad oggi ignoto, e magari la Madonna sta chiedendo proprio a te, che leggi, di dire il tuo «Eccomi!».