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1 Luglio 2025
Ultima modifica: 1 Luglio 2025 ore 17:12

Zuppi: «Don Oreste ci coinvolge nella speranza»

«In questo anno doppiamente giubilare, lasciamoci guidare dalla parola di Dio e dalla vita di don Oreste che ci aiuta a capirla, a crederci, a farci ardere il cuore nel petto, a non aver paura di metterla in pratica»
Zuppi: «Don Oreste ci coinvolge nella speranza»
Foto di Alessio Zamboni
Nell'introduzione Pane Quotidiano di luglio-agosto 2025, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana invita a pregare con la Parola di Dio commentata da don Oreste Benzi. Un modo per vivere il riposo estivo come occasione di crescita umana e spirituale.

In questo anno doppiamente giubilare, in cui accanto al Giubileo della speranza celebriamo anche il Centenario della nascita di don Oreste Benzi, lasciamoci guidare dalla parola di Dio e dalla vita di don Oreste che ci aiuta a capirla, a crederci, a farci ardere il cuore nel petto, a non aver paura di metterla in pratica e a liberarci da quelle tante interpretazioni che facilmente la svuotano di forza e la intiepidiscono.
Non possiamo addomesticarla, la parola di Dio, non possiamo rinchiuderla nella prigione del nostro io, privatizzarla, renderla generica, espressione di una entità diffusa che non richiede il nostro cuore, la nostra vita.
Questo è un anno di grazia, durante il quale scoprire il dono che è don Oreste. Dono personale, dono per la Chiesa di Rimini, dono di tutti, e specialmente della sua e nostra Comunità Papa Giovanni XXIII. È questa la comunione dei santi, un legame di fraternità senza fine; e quanto è vero che la santità non invecchia e si diffonde! Anzi, per certi versi davvero riscopriamo continuamente quanto è generativa.
Ci chiede di viverla, perché la Parola è un seme, che può dare frutto – che pure contiene – solo se cade nella terra buona: il nostro cuore.
 
Un anno per essere pieni di speranza in un mondo disilluso che si abitua alla fame e alle disuguaglianze, alla tortura e alla tratta, a chi muore in mare, a chi si dispera negli immensi campi profughi…  milioni di persone che non interessano a nessuno!
È il nostro prossimo e lo trattiamo con indifferenza, spesso con paura, a volte addirittura con odio. Il nostro è un mondo che ha perduto la speranza della pace, tanto che pensa a sconfiggere la guerra preparando la guerra e non la pace, che esaspera le differenze invece di cercare quello che unisce, che esalta la contrapposizione e non il dialogo.
 
Don Oreste con i suoi commenti alla Parola, con dolcezza e santa inquietudine, con tanta determinazione e semplice umanità, ci coinvolge nella speranza. Come quel Giovanni XXIII che non ha ascoltato i profeti di sventura.

SCOPRI I COMMENTI DI DON ORESTE ALLA PAROLA DI DIO

In questo doppio Giubileo, ci aiuta a ritrovare l'amore dell'inizio, perché possa dare inizio a tante nuove realtà. Ci aiuta a costruire una casa di amore e di pace, perché la costruzione non finisce mai e oggi capiamo quanto è importante farlo. Ci invita ad aiutare la Chiesa tutta ad essere famiglia di tutti, specialmente per quelli che non hanno famiglia. Perché la Chiesa stessa qualche volta può diventare un istituto… e questa parola don Oreste proprio non la voleva sentire, non la poteva sentire, e nemmeno noi! La Chiesa non può diventare un istituto, è sempre una famiglia.
 
Don Oreste sognava la prima comunità dei cristiani, dove tutto era in comune, che aveva un cuore solo e un'anima sola (non il pensiero unico), dove nessuno diceva “sua proprietà” perché tutto era in comune: era “suo” perché era “nostro”! L’inferno è pieno di “mio”, “solo mio”!
Non si vive nella Chiesa senza questa dimensione umana, affettiva, tanto concreta e materiale e tanto spirituale allo stesso tempo; dimensione che don Oreste sentiva sua e che per lui era costitutiva della Chiesa: una famiglia.
Ecco il Giubileo: essere sempre di più consapevoli del tanto che abbiamo, di quello che dobbiamo donare perché lo abbiamo ricevuto, perché il mondo ha bisogno di una casa, di una casa comune dove i fratelli imparano a riconoscersi e ad aiutarsi.

Don Oreste non si è tirato indietro e con dolce fermezza ha coinvolto e continua a coinvolgere, in quella santità che non invecchia, tanti uomini e donne pronti a farsi amare da Gesù, a sentire il suo amore e a non aver paura di amare, perdendo tutto per trovare tutto.
Ma tutto inizia nel Verbo che continua a farsi carne e chiede il nostro cuore per dirci «ti amo» e per insegnarci a dirlo ai poveri e a tutti.

Tratto da Pane Quotidiano luglio-agosto 2025