L'articolo del 9 agosto, che riportava la notizia della morte improvvisa di don Alessandro Fiorina, sacerdote missionario in Bolivia, ha avuto moltissimi lettori. Tra loro anche Silvio, che ha sentito il bisogno di inviarci questa lettera
Dopo aver letto l'articolo del 9 agosto su don Alessandro Fiorina, Silvio ha deciso di scrivere una lettera per condividere il suo incontro con questo sacerdote straordinario, e come da allora la sua vita sia cambiata.
Caro padre "Alejandro", ciao
ti immagino a leggere questa lettera e a storcere un po' il naso, perché tocco un po' della tua riservatezza, ma ti immagino anche a non dire nulla mentre accogli il mio bisogno di scriverti, per salutarti....
E così, mentre tu storcerai un po' il naso, senza dire nulla io lascio cadere qualche lacrima... mentre ti scrivo ..
Beh... si potrebbe ironizzare che finalmente ti porto un bisogno che ho riconosciuto.
Eppure noi non ci siamo visti tanto, ma anche questo per me è un segno in più che quando c'è il buon Dio di mezzo non è la quantità di tempo che si passa insieme a fare la differenza, ma l'intensità con cui si vive o si riconosce poi, quel e quei momenti vissuti insieme, perché ti rimangono, e per come ti rimangono dentro.
E proprio scolpiti nel cuore, mi sono riaffiorati alla mente alcuni momenti.
Quella confessione in cui non credevo per niente
Il primo per me è sicuramente quando ci siamo visti la prima volta, nel 2014 nell'hogar di Santa Aquilina, a La Paz.
Ricordo ora quel nostro primo incontro che poi è stata la confessione, ricordo che ci avevano presentato la mattina, ma io ti avevo svincolato tutto il giorno.
Con la mia eterna indecisione ho aspettato proprio la fine di quella giornata.
Ma anche qui cosa dirti... il Silvio di prima se ne sarebbe sbattuto, ma invece qualcosa, o meglio oggi sappiamo entrambi Qualcuno, mi ha spinto nella mia indecisione a venire.
Forse ho provato a resistere, non so, ma quando sei uscito la sera e tu stavi per andartene, dopo un'intera giornata di riunioni, io mi sono fatto avanti per fare questa confessione... nella quale, come ti dissi subito, appena seduti, io non credevo per niente.
Ero lì perché il responsabile della struttura e un volontario che mi davano fiducia nonostante tutto, continuavano a propormi di farla, dicendomi che non ci avrei perso nulla, che ciò che dicevo sarebbe rimasto lì, e che sicuramente credente o non credente quale ero io, ne avrei tratto beneficio, perché mi avrebbe fatto bene scaricare un po' di pesi della mia coscienza.
Di pesi, come ti dissi, non ne sentivo tanti, ma li nascondevo bene, chiuso in me stesso come ero. C'era qualcosina che mi dava fastidio, per lo più qualche caduta che intaccava il mio orgoglio e tanta tanta della storia della mia vita nella quale mi sentivo affermato e che forse mi serviva per affermarmi, per non sentirmi probabilmente perso, ti direi, oggi.
Ondulavi al ritmo dei miei peccati
Don Alessandro Fiorina nel giorno della sua ordinazione con don Oreste Benzi.
Foto di Viviana Viali
In questi giorni, chiudendo gli occhi e ripensando a quei momenti, ho avuto proprio chiara l'immagine di noi due nella cappellina dell'hogar di Santa Aquilina; tu che hai messo la tua veste bianca con cui la mattina avevi celebrato la messa, la tua stoletta, che ora ricordo, ma potrei confendermi in questo miscuglio emotivo, come quella della foto con don Oreste (riportata nell'articolo citato - ndr).
Ti sei seduto vicino a me, alla mia sinistra, questo lo ricordo bene, entrambi di fronte al tabernacolo che a me in quel momento non diceva nulla ma credo oggi che a te, invece, sussurrasse all'orecchio.
Eri stanco, e pian piano, leggermente piegato in avanti su te stesso, ti muovevi ondulando, quasi andassi al ritmo dei miei peccati.
Poche volte mi hai guardato in quel momento in cui mi raccontavo, con la fierezza di chi pensa di incarnare la ribellione sfrontatamente in faccia a tutti, la supponenza di chi crede di saperla più lunga perché ha l'illusione di essersi fatto da solo, anche per la consapevolezza di essere caduto, sì pesantemente, ma di essersi comunque sempre rialzato in qualche modo... ed ovviamente attribuendo tutto questo come merito alle proprie capacità.
Conoscendomi un po' di più, oggi, non stento a pensare che ci fosse anche un po' della mia arroganza, di chi pieno di sé conserva l'illusoria presunzione di poter essere in qualche modo sempre in controllo, perché vive nell'ignoranza di non riuscire a credere possibile nient'altro di ciò che abbia già vissuto, scelto, interpretato, o che si possa vedere e toccare.
Non ricordo le parole ma il tuo abbraccio
Ti ricordi quanto durò? Ne abbiamo riso un po' l'ultima volta che ci siamo visti, nel 2019.... circa 40/45 minuti ad ascoltarmi...
Ti avevo avvertito che non mi confessavo da almeno 20/25 anni... ma tu mi hai veramente ascoltato, fino alla fine, con pazienza.
Poi mi hai detto poche parole, che oggi direi una bugia se ti dicessi che mi ricordo... mi hai fissato con uno sguardo di tenerezza che invece mi è rimasto impresso e mi hai abbracciato. Ci siamo salutati e mi hai sorriso.
Sono uscito da lì soddisfatto e perplesso.
Soddisfatto di me, quasi orgoglioso di aver mantenuto il mio punto, la mia visione, quasi di essermi ribadito chi fossi, ma perplesso e non so perché... C'era un mondo sconosciuto dentro quei pochi gesti, ma l'ho iniziato a decifrare e capire solo dopo un po', quando col tempo tutta quella soddisfazione si è sgretolata, fino al momento di non riconoscere piu chi fossi veramente, e quella perplessità di quell'abbraccio, e di quel sorriso in quella tenerezza d'amore, si è trasformata in uno di quei pezzetti fondamentali che nel mio cammino, in comunione ad altri, mi hanno parlato di Dio fino a che prima mi arrendessi a Lui, e poi nel Suo incontro con me cambiassi, pian piano, tra paure, dubbi e titubanze, la mia storia e la mia vita in un modo che non avrei potuto neanche immaginare.
L'ultimo incontro
Incredibile come sono i particolari poi a compiere l'opera.
Ci siamo visti poi qualche altra volta, non molte, e sempre poche parole, uno sguardo, ci siamo capiti, un sorriso...
Ma i miei pensieri mi portano all'ultima volta che ci siamo visti nella "tre giorni del 2019" (incontro generale annuale della Comunità Papa Giovanni XXIII - ndr)
Ci siamo fermati al bar della fiera, due risate ancora su quella confessione, e poi io che sarei diventato membro di Comunità, il tuo sguardo e il mio racconto del perché aver scelto quell'evento per chiedere alla mia fidanzata di sposarmi, la tua discreta emozione quando te l'ho presentata. E poi la casa famiglia che già sentivamo matura in noi come chiamata e come scelta... e tu uno sguardo, poche parole, un sorriso e un abbraccio.
Ti aspettavo anche l'anno scorso, sempre alla 2 giorni, perché so che stavi venendo, ma poi, la notizia del tuo malessere che mi ha turbato perché improvvisa... si sapeva poco a riguardo... ed io che ho pensato di informarmi... poi mi sono perso... e poi ieri che leggo che sei tornato al Padre, vicino vicino al tuo Gesù che ogni giorno credo hai vissuto e servito nella tua discreta, decisa, tenerezza d'amore.
Grazie don perché attraverso poche parole, uno sguardo, un sorriso hai lasciato parlare la tenerezza dell'amore sconfinato di un Dio che io non conoscevo, ma che era vicino a me, e mi aspettava, un Dio che tu vivevi credo nell'abbandono più totale.
Lo so padre, devo migliorare nella sintesi.
Ma sono proprio alla fine... e ti direi che è già positivo che sono meno di 40 minuti... ma quando l'altro ieri ho scoperto che condividiamo la stessa Santa come nome e custode dei nostri Hogar, ho sentito come una carezza al cuore ed ho pensato che il nostro incontrarci fa parte proprio di quelle Dio-incidenze fatte di tanti piccoli intensi particolari, che poi compongono l'opera di Dio.
È stata una Grazia conoscerti
Ti lascio tra le braccia del buon Dio col tuo Gesù, continua a vegliare su di noi piccolini, con Lui.
E... stavolta è da parte mia...
un abbraccio forte forte,
qualche parola (in più)
un sorriso.