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8 Gennaio 2022
Ultima modifica: 8 Gennaio 2022 ore 09:54

Nullità matrimoniale: il Papa vuole verificare

Le procedure devono essere caratterizzate dalla prossimità, celerità e gratuità.
Nullità matrimoniale: il Papa vuole verificare
Foto di Thomas Breher
Papa Francesco: «Non permettiamo che gli interessi economici di alcuni avvocati oppure la paura di perdere potere di alcuni Vicari Giudiziari frenino o ritardino questa riforma». Sei anni fa il pontefice aveva introdotto importanti novità sulle cause di nullità matrimoniale. Ora ha istituito una commissione per verificarne l'applicazione nelle diocesi italiane.
La raccomandazione finale: «Le Chiese, che sono in Italia, si mostrino ai fedeli madri generose, in una materia strettamente legata alla salvezza delle anime», è la chiave di lettura per comprendere il motu proprio, firmato il 17 novembre scorso, con cui papa Francesco ha istituito una commissione per verificare l’applicazione in Italia della riforma delle cause di nullità matrimoniale
Sei anni fa, infatti, con il motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus Francesco aveva introdotto importanti novità in questo delicato campo della vita dei fedeli cattolici. 
Fra i punti qualificanti della riforma, vanno ricordati:
·      la procedura più snella (basta una prima sentenza esecutiva per riconoscere la nullità);
·      una maggiore responsabilizzazione dei vescovi diocesani;
·      l’introduzione di un processo più breve qualora i motivi di nullità siano evidenti come, tra gli altri: la mancanza di fede, la brevità della convivenza, l’aborto procurato per impedire la procreazione, il permanere di una relazione extraconiugale.

I 6 passaggi della riforma delle procedure per la nullità matrimoniale 

Il punto su cui Francesco sollecita una verifica e propone di accelerare nell’applicazione della riforma riguarda la funzione del vescovo diocesano. Evidentemente il pontefice ha la percezione che qualche realtà sia rimasta indietro. Il papa all’inizio del documento ricorda che «il principio cardine teologico-giuridico della riforma è che «il vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati».
Un principio cardine che poi svolge in 6 passaggi. 
1.     Il primo è che il vescovo con la consacrazione episcopale riceve il potere di giudicare i fedeli. Non è detto che questo compito lo debba svolgere direttamente, può delegarlo ad altri, ma deve sapere che la sua dimensione pastorale «comprende anche la funzione personale di giudice».
2.     Questo ministero giudiziale del vescovo – secondo passaggio - per sua natura «postula la vicinanza fra il giudice e i fedeli, il che a sua volta fa sorgere almeno un’aspettativa da parte dei fedeli di adire il tribunale del proprio vescovo secondo il principio della prossimità».
3.     Ciò implica che ogni vescovo abbia istituito in diocesi un proprio Tribunale. Francesco ricorda – terzo passaggio - che sebbene il codice di diritto canonico consenta al vescovo diocesano di accedere ad altri tribunali, «tale facoltà dev’essere intesa come eccezione e, pertanto, ogni vescovo, che non ha ancora il proprio tribunale ecclesiastico, deve cercare di erigerlo o almeno di adoperarsi affinché ciò diventi possibile». 
4.     Anche nell’individuazione del tribunale di seconda istanza, - quarto passaggio - deve valere il principio di prossimità. Insomma, ai fedeli non va complicata la vita costringendoli ad andare in città lontane da quella di residenza. Resta comunque inalterato il diritto di appello al Tribunale ordinario della Sede Apostolica, cioè alla Rota Romana. 
5.     Nel motu proprio Francesco è tornato a chiedere – quinto passaggio – che le risorse che le diocesi ricevono equamente dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) per l’esercizio della potestà giudiziale siano «di stimolo e di aiuto ai singoli vescovi affinché mettano in pratica la riforma del processo matrimoniale». 
6.     Infine il papa ricorda – sesto passaggio - che «la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico – caratterizzata dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure – passa necessariamente attraverso una conversione delle strutture e delle persone». 
 
Il documento rimanda al discorso ai vescovi italiani del maggio 2019 che conteneva anche questa espressa raccomandazione: «e quindi non permettiamo che gli interessi economici di alcuni avvocati oppure la paura di perdere potere di alcuni Vicari Giudiziari frenino o ritardino la riforma».
Per tutte queste ragioni Francesco ha istituito la commissione ad inquirendum et adiuvandum (per verificare e aiutare, ndr) tutte e singole le Chiese particolari in Italia». È presieduta da mons. Alejandro Arellano Cedillo, decano del Tribunale della Rota Romana, e formata dai monsignori Vito Angelo Todisco e Davide Salvatori, giudici del medesimo Tribunale Apostolico, nonché da mons. Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria e membro della Conferenza Episcopale Italiana.
La commissione dovrà verificare lo stato di applicazione della riforma in base ai criteri indicati da Francesco, tenendo presente l’obiettivo di mostrare della Chiesa il volto di madre generosa. Al termine dei lavori dovrà presentare una relazione al Santo Padre.