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26 Maggio 2025

Olimpiadi invernali. Lo sponsor che scioglie la neve

Il gigante del petrolio e le sue contraddizioni
Olimpiadi invernali. Lo sponsor che scioglie la neve
Foto di Claudio Ermanni from Pixabay
Un nuovo rapporto accusa il colosso italiano dei combustibili fossili di contribuire alla distruzione degli sport invernali che si propone di sponsorizzare.
Tra meno di un anno, l’Italia ospiterà le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026, che potrebbero essere ricordate non solo per le imprese sportive, ma anche per la scarsità di neve naturale nei siti di gara – come già accaduto a Pechino e Zhangjiakou nel 2022. Eppure, tra i principali sponsor dell’evento figura Eni, una delle aziende globali che maggiormente contribuiscono all’aumento delle temperature attraverso le proprie emissioni di gas serra. E di conseguenza, allo scioglimento delle nevi.
Eni è stato annunciato come Premium Partner delle Olimpiadi Invernale 2026 nel febbraio 2023. Secondo un'analisi pubblicata dal think tank svedese New Weather Institute e dalla sua campagna Badvertising, le attività di produzione di combustibili fossili di Eni sono responsabili, ogni anno, della perdita di quasi 1.000 chilometri quadrati di neve (985, per l’esattezza) e dello scioglimento di 6,2 miliardi di tonnellate di ghiaccio glaciale. Il dato si fonda su una correlazione scientificamente consolidata tra emissioni di gas serra e regressione di neve e ghiacciai, accentuata dalla crisi climatica in corso.

Lo sponsor di Eni. Un gesto autolesionistico

Dal 1970, la copertura nevosa in maggio nell’emisfero settentrionale è scesa da 21,4 milioni a 16,5 milioni di kmq: una perdita netta di 4,8 milioni di chilometri quadrati, equivalente all’area dell’India. Contestualmente, i ghiacciai del pianeta hanno visto svanire oltre 8.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio, contribuendo all’innalzamento del livello dei mari e a fenomeni meteorologici sempre più estremi. In tale contesto, la sponsorizzazione olimpica di Eni per i Giochi Invernali Milano-Cortina 2026 appare, secondo gli attivisti, un gesto "autolesionistico" e in palese contraddizione con i valori olimpici.
Il rapporto sottolinea come ogni euro speso da Eni in sponsorizzazione si traduca in 63,5 kg di CO2 equivalente: un tipico accordo olimpico da 15 milioni di euro genererebbe quasi un milione di tonnellate di emissioni, ovvero l’equivalente della combustione di oltre 2 milioni di barili di petrolio.
Le critiche si sono concentrate sul Comitato Olimpico Internazionale (CIO), reo – secondo i promotori dello studio – di aver legittimato un'operazione di greenwashing, paragonabile alla sponsorizzazione da parte delle aziende del tabacco nei decenni passati. Non a caso, gli attivisti invocano una moratoria sulle sponsorizzazioni fossili, richiamando l'esempio del Comitato Olimpico Canadese che, nel 1988, bandì la pubblicità del tabacco in occasione dei Giochi Invernali di Calgary.

La questione della sostenibilità degli sponsor

«Con la scienza che dimostra chiaramente i danni alla salute e al clima derivanti dai combustibili fossili, è ora che il CIO dimostri la stessa chiarezza morale», si legge nel rapporto. Andrew Simms, direttore del New Weather Institute, ha rincarato la dose: «Permettere a un gigante petrolifero di sponsorizzare i Giochi invernali è una crudele contraddizione: celebrare gli sport minacciati proprio da chi li finanzia è un paradosso distruttivo».
La denuncia non arriva solo dagli attivisti. Anche gli atleti si sono espressi con preoccupazione. Lo sciatore svedese Björn Sandström, in corsa per una convocazione olimpica, ha affermato: «Sognare le Olimpiadi è un onore, ma sapere che gareggerò sotto i cinque cerchi con il sostegno di uno sponsor fossile è devastante. I Giochi dovrebbero ispirare azioni per il clima, non giustificare chi lo distrugge».
A meno di un anno dall'inizio delle Olimpiadi di Milano-Cortina, la questione della sostenibilità degli sponsor si impone con urgenza. In un’epoca in cui il cambiamento climatico non è più una minaccia futura ma una realtà quotidiana, il legame tra sport e industria fossile rischia di diventare insostenibile – non solo ecologicamente, ma anche eticamente.