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28 Luglio 2022
Ultima modifica: 29 Luglio 2022 ore 09:32

Venduta come schiava dalla madre adottiva

30 luglio: giornata internazionale contro la tratta. La storia di Edith, nata in Ghana, arrivata in Italia attraverso la rotta libica.
Venduta come schiava dalla madre adottiva
Sono 25 milioni le persone vittime di sfruttamento sessuale, lavorativo, accattonaggio, vendita di organi e altre economie illegali secondo il Report Trafficking in persons appena pubblicato dal Dipartimento di Stato degli USA. La storia a lieto fine di Edith, che è riuscita a riscattarsi dalla sua schiavitù, incita ad attivare su tutto il territorio nazionale dei percorsi di assistenza sanitaria e psicologica.
Sono passati ormai 5 anni da quando è arrivata nel Belpaese. E a vederla oggi - che di anni ne ha 27 - nel panificio dove prepara e confeziona pane, pizza e brioche, non la si riconosce. Edith era incinta al quinto mese quando ha iniziato il suo lungo viaggio verso l’Europa. Ma proprio quel bimbo nella pancia è stato la sua àncora di salvezza. Orfana, dei suoi genitori non ha mai saputo nulla, è stata dapprima affidata ad un’amica della madre – divenuta la sua madre adottiva - e poi venduta a una ziaalla lontana quando ancora era molto giovane. Trattata come schiava, la zia ha permesso che diversi uomini abusassero di lei per anni
Quando Edith trova finalmente un uomo di cui fidarsi e resta incinta, accetta la proposta di fuggire dalla zia e dalle violenze sessuali verso la terra promessa, l’Europa. Durante il viaggio dal Ghana in Italia, attraverso la rotta libica sopravvive nonostante sia incinta e nonostante perda le tracce del compagno, spiega Martina Taricco, psicologa della Comunità Papa Giovanni XXIII che la accompagna da quando è stata inserita in un progetto di accoglienza in Italia in quanto donna destinata alla tratta: «Oggi come allora la paura di non riuscire a proteggere suo figlio e a prendersene cura come sua madre non è riuscita a fare con lei, resta un fattore quasi indelebile dentro Edith». Proprio per questo vissuto traumatico, i servizi sociali chiedono una osservazione sul figlio di ormai 5 anni. Inizia così una terapia famigliare per ricostruire la sua identità, non solo come mamma ma in primis come orfana. 

Donne vittime di tratta: il loro percorso terapeutico deve adattarsi a ciascuna persona

«Con lei è stato utilizzato il genogramma, strumento spesso usato in terapia familiare per lavorare sui lutti familiari e sulla famiglia di origine. Grazie alla narrazione è stato reso evidente che Edith si è sempre sentita una bambina abbandonata e il fatto di essere stata venduta dalla zia, le ha causato gravi conseguenze: angoscia e terrore nei confronti di questa presunta zia e rabbia nei confronti della madre. Edith, durante il suo periodo di rinascita è riuscita a riallacciare i rapporti con la madre adottiva. Ha iniziato davvero a rinascere quando ha trovato il suo ruolo, capendo che non era solo una bambina abbandonata e sofferente, ma anche una donna che aveva l’opportunità di costruire un futuro diverso fondando nuove radici, scoprendo le sue abilità e un mestiere in cui far fruttare le sue capacità. Uno dei primi passaggi su cui ha lavorato è stato superare la persistente manipolazione della famiglia adottiva, che le richiedeva sempre soldi, superando il trauma dello sfruttamento e aiutando la famiglia sulla base delle sue possibilità e non per costrizione, dando così anche significato al suo lungo viaggio in Europa. 

È importante che chi accoglie e accompagna psicologicamente donne migranti vittime di violenze dedichi tempo per ascoltare le ferite della loro storia
Martina Taricco, psicologa
 
 
Edith è riuscita anche a ricongiungersi con il marito, nonostante per lungo tempo sembrasse disperso». Oggi suo figlio non rappresenta più la riflessione delle sue angosce abbandoniche, ma il frutto della sua rinascita e del duro percorso che ha fatto per riscoprire se stessa. Grazie a questa terapia è riuscita a riconoscersi come figlia, come donna, come moglie e infine come mamma. E anche suo figlio è sostenuto nel suo percorso di crescita. 
«Nel caso di donne migranti vittime di violenze già nel Paese di origine – specifica la psicologa della Comunità di don Benzi - è importante che chi le accoglie, chi le accompagna psicologicamente e i servizi sociali si diano il tempo per ascoltare le ferite della loro storia, e per far sì che ogni donna possa riscoprirsi protagonista col suo piccolo del proprio riscatto e non calata per forza in un programma di recupero indossato come un vestito uguale per tutti».

L’ultimo report denuncia che sono 25 milioni le persone schiave nel mondo

Una storia raccapricciante quella di Edith, ma anche di speranza per chi riesce a riprendere in mano la propria vita anche dopo una esperienza di grave sfruttamento, grazie a professionisti che con passione accompagnano le vittime passo dopo passo. 
Come Edith sono tante altre le donne e i minori sfruttati in varie forme nel mondo da quanto emerge dal recente Report Trafficking in persons 2022 appena pubblicato dal Dipartimento di Stato americano. Un quadro mondiale peggiorato a seguito dell’impatto del Covid e della grave situazione di insicurezza alimentare in diverse aree del mondo. Circa 25 milioni di persone vittime di sfruttamento sessuale, lavorativo, accattonaggio, vendita di organi e altre economie illegali. E soltanto poche migliaia vengono identificate. Donne a cui viene promesso un lavoro sicuro e poi costrette alla servitù domestica o più di frequente allo sfruttamento sessuale. Minori ingaggiati come bambini soldato nelle aree più segnate dai conflitti o in lavori forzati come ad esempio recupero di materiali in luoghi pericolosi o di reti da pesca nei laghi e fiumi. 

Le persone sopravvissute possono essere coinvolte come esperte per guidare le politiche contro la tratta e i programmi per condividere le migliori pratiche a livello globale

 
Una novità della fotografia del fenomeno: il coinvolgimento di persone sopravvissute come esperte che possono guidare le politiche contro la tratta e i programmi per condividere le migliori pratiche a livello globale. Il racconto non solo dei dati Paese per Paese, ma anche di alcune storie si basa quest’anno anche sullo sguardo e l’approccio che mette al centro la persona e sottolinea «il razzismo sistemico che continua a creare disuguaglianze socioeconomiche, fattore che i trafficanti sfruttano». In particolare il Report si concentra principalmente sulla condotta del trafficante e non su quella della vittima. 
Lo schema di sfruttamento del trafficante è ciò che conta, non il consenso iniziale della vittima o la capacità di consenso successivo. Nel caso di sfruttamento sessuale, anche se la vittima adulta esprimesse la volontà iniziale di impegnarsi in atti sessuali a pagamento non è rilevante se lo sfruttatore utilizza la forza, l’inganno o la coercizione per indurla a continuare. In caso di tratta sessuale di minori, il consenso della vittima non è mai rilevante in quanto un bambino non può legalmente acconsentire al commercio del sesso. 

La transizione verso l’energia pulita causa in alcune aree della Cina e della Repubblica Democratica del Congo forme di sfruttamento e lavoro forzato, soprattutto di bambini, per ricavare silicio metallico per i pannelli fotovoltaici e cobalto per le batterie di auto elettriche.
Report Trafficking in persons 2022

I bambini e le bambine hanno bisogno di protezione

Oltre alla vulnerabilità di donne e minori discriminati perché appartenenti a minoranze etniche, o popolazioni indigene, con disabilità o persone emarginate per l’orientamento sessuale, emergono in modo significativo pure il lavoro forzato e la crisi climatica che hanno aumentato i rischi di tratta di persone ovunque. È un esempio del cambiamento, la transizione all’energia pulita che causa in aree della Cina e della Repubblica democratica del Congo forme di sfruttamento e lavoro forzato, soprattutto di bambini, per ricavare silicio metallico per i pannelli fotovoltaici e cobalto per le batterie di auto elettriche.
Il rapporto di quest'anno, pubblicato nel bel mezzo di una crisi umanitaria senza precedenti, evidenzia infine i rischi della tratta di esseri umani che gli sfollati interni in fuga dalla guerra devono affrontare, così come le persone in fuga dalla stessa Ucraina. Si stima infatti che il 90% siano donne e bambini. 
Inoltre secondo i dati Unicef si stima che siano 8,9 milioni i minori vittime di sfruttamento lavorativo.
Queste storie e questi dati fanno riflettere sulle conseguenze sempre più gravi non solo sulla salute mentale di donne come Edith ma anche dei piccoli che inconsapevoli e troppo spesso impreparati e senza supporto, vedono lo sfruttamento e il dolore delle madri e sono vittime solitarie di violenza assistita per lungo tempo. È soprattutto per loro che occorre accelerare la messa in protezione e percorsi di assistenza sanitaria e psicologica perché tante altre storie come quella di Edith e del suo bimbo possano avere un lieto fine.

Questa storia è stata raccolta all'interno del progetto "MIRIAM. Free Migrant Women from GBV, through identification and access to specialized support service", finanziato dal "Justice Programme" e dal "Rights, Equality and Citizenship Programme" dell'Unione Europea e finalizzato, attraverso il partenariato di Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Differenza Donna in Italia e Fundaciòn de Solidaridad Amaranta in Spagna, a potenziare i servizi per le donne vittime di violenza, con una particolare attenzione alle donne straniere vittime di sfruttamento sessuale, violenza domestica e matrimoni forzati. 
Per saperne di più: www.apg23.org/it/progettomiriam/
Per info e richieste di aiuto, scrivere a: progettomiriam@apg23.org