"La tratta di esseri umani è criminalità organizzata. Poniamo fine allo sfruttamento" è il tema scelto dalle Nazioni Unite per la Giornata Internazionale contro la tratta. Un richiamo forte all'impegno comune di forze dell'ordine, giustizia e società civile per porre fine a una piaga che colpisce oltre 50 milioni di persone nel mondo, secondo le Nazioni Unite. Tra queste il dramma sommerso delle persone transessuali stigmatizzate a vita. Il Report annuale della Comunità di don Benzi racconta l'importanza di nuove azioni di contrasto e di prevenzione.
Il 30 luglio si celebra la Giornata Internazionale contro la tratta di persone, un momento per accendere i riflettori su una delle violazioni dei diritti umani più gravi e silenziose del nostro tempo. Il tema delle Nazioni Unite mette l’accento proprio sulle azioni di contrasto e a questo fa eco la Comunità di don Oreste Benzi che in questa occasione, ha pubblicato il
Report 2025 (scaricalo qui), dal titolo: "
Tratta: Comprenderne le cause e proteggere le persone sfruttate, nel lato torbido delle migrazioni". Una fotografia ad ampio raggio di un fenomeno complesso ancora tragicamente attuale.
Il dramma sommerso vissuto dalle persone transessuali
Secondo i dati Eurostat,
oltre 10.000 vittime di tratta sono state registrate nel solo 2024 nell’Unione Europea, di cui
il 63% donne o ragazze.
Sulle
rotte migratorie verso l’Europa, attraverso il Mediterraneo, la Grecia e la Spagna, cresce costantemente il numero di persone trafficate. A pagare il prezzo più alto sono
le donne e le persone transessuali, con una presenza che sta aumentando anche in Italia, spesso invisibile e dimenticata.
Nel 2024, la Comunità ha intensificato l’impegno nello sfruttamento sessuale al chiuso oltre alla sinergia tra gli enti antitratta nella risposta alle richieste di aiuto delle vittime più vulnerabili. È emerso con forza
il drammatico sommerso delle persone transessuali, in particolare provenienti da Brasile, Perù, Venezuela, Repubblica Dominicana, Colombia. Escluse da ogni rete formale d’aiuto, intrappolate in un doppio stigma – quello della migrazione e quello della condizione di transizione – vivono spesso in condizioni estreme e fuori da ogni sostegno, specie per la loro condizione di salute compromessa dalle terapie interrotte per i continui trasferimenti o per mancanza di risorse economiche.
La storia di Valentina che finalmente torna a casa
Una storia significativa è quella di
Valentina, transessuale colombiana, vittima dello sfruttamento sui marciapiedi della prostituzione. Dopo anni di strada a Roma – avviata da una connazionale che aveva pagato il suo viaggio e poi l’aveva "convocata" in Italia – è stata colpita da gravi problematiche sanitarie, conseguenza delle terapie ormonali non seguite correttamente. Dietro quell'offerta apparentemente generosa infatti si nascondeva un inganno. Un debito da “ripagare” con il corpo, una rete criminale silenziosa che l’ha trascinata nel mercato della prostituzione tra Spagna e Italia. Come molte altre persone transessuali migranti, Valentina ha dovuto accettare condizioni disumane per continuare a vivere la sua transizione, mantenere le cure ormonali e sostenere una famiglia numerosa rimasta senza figura paterna quando Valentina era adolescente.
Viveva in una cantina buia e senza servizi, sfruttata da chi le chiedeva denaro per l’affitto e per il cibo quando è stata salvata dalle operatrici dell’Unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ora la assistono in un progetto di
rientro volontario assistito verso Bogotà. Il suo sogno infatti è aprire una piccola attività nel suo paese, aiutare i suoi fratelli e sorelle e raccontare alle persone intrappolate nella prostituzione che un futuro diverso è possibile se non si è lasciate sole.
"In punta di piedi" accanto alle vittime e anche nei paesi di origine
«Non fate finta di non sapere. Chi sa ha il dovere di agire… Finché ci sarà domanda, ci sarà schiavitù», ricordava
don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII e per questo la Comunità continua ogni giorno in punta di piedi a supportare donne, uomini e minori usciti dallo sfruttamento sessuale e lavorativo, con interventi anche in 4 Paesi di origine.
Nel solo 2024, per prevenire la tratta e ridurre la domanda, la Comunità ha organizzato
oltre 100 eventi pubblici in 12 città italiane, portando il tema nelle
scuole, nelle università, nei cineforum, con particolare attenzione ai giovani, sensibilizzati sui rischi del reclutamento online (e-trafficking), sulla prostituzione indoor e sui pericoli connessi ai social.
Ma la lotta alla tratta inizia ancor prima del viaggio: per questo, la Comunità ha avviato
progetti di prevenzione e cooperazione nei Paesi d’origine, tra cui Nigeria, Albania, Kenya e Colombia, per offrire alternative concrete alle fasce giovanili più vulnerabili e contrastare il rischio di re-trafficking.
Occorre infatti un cambio culturale profondo e internazionale
la tratta è una scelta criminale, resa possibile dalla domanda di prestazioni e servizi sfruttati da un continente all'altro. Valentina è una delle poche che ce l’hanno fatta. La sua storia non è solo una testimonianza, ma un’accusa contro un sistema che sfrutta, che zittisce, che dimentica.