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8 Luglio 2022

Per pregare dobbiamo fare silenzio

La preghiera non è complicata. Ecco alcuni consigli di padre Paolo Bizzeti, gesuita e vescovo in Turchia
Per pregare dobbiamo fare silenzio
Foto di Achim Scholty
Molti cristiani credono che la preghiera sia una cosa complicata, riservata agli "specialisti" della religione. Ma è una convinzione sbagliata. La preghiera è semplice: quando noi facciamo silenzio, il Signore può iniziare a dirci qualcosa.

Fratello, sorella, la fede in Gesù ci unisce anche se siamo lontani, io in Turchia e tu in Italia. È bello che possiamo avere un punto di incontro, una stessa tavola a cui sedersi, uno stesso pane da mangiare. Sì, perché noi discepoli di Gesù, sparsi nel mondo, appartenenti a culture, lingue, popolazioni diverse, facciamo unità non nella uniformità o nel convergere tutti nello stesso luogo, ma nel sederci alla mensa di quella Parola che ci plasma, ci corregge, ci sostiene, ci illumina, ci consola, ci salva.

Il nostro Dio, il nostro Signore, infatti, è una Persona che ama parlarci, che ama istruirci, che ama dialogare con noi. E la preghiera è qualcosa di molto semplice e umano: è ascoltare e rispondere, in semplicità. Dialogare con lui.

Molti cristiani credono che la preghiera sia una cosa complicata, riservata agli “specialisti” della religione; ho sentito tante volte qualcuno che diceva: padre Paolo, prega per me perché io non so pregare, non sono degno. Io rispondo sempre che questa convinzione è una menzogna del demonio che vuole impedire ai figli e alle figlie di parlare con il loro Padre e Madre. È terribile. 
La preghiera è semplice: bisogna anzitutto fare silenzio, staccarci dalle altre voci intorno, spegnere la radio o la TV, disconnettersi dai social media. Ognuno può trovare un luogo dove stare in silenzio per venti minuti al giorno. Quando noi facciamo silenzio, il Signore può iniziare a dirci qualcosa. Il Signore infatti è una persona molto umile e molto discreta: non grida, non si impone, rispetta la nostra libertà. Se noi facciamo silenzio possiamo ascoltarlo. Come egli parla? Attraverso quelle parole che sono raccolte nella biblioteca di famiglia: la Bibbia. 

Ogni giorno la liturgia ci propone dei brani dell’Antico e del Nuovo Testamento. Sono ambedue importanti e vanno letti insieme al salmo che li unisce: il salmo responsoriale. Queste parole, al primo impatto, sembrano lontane da noi e in effetti lo sono: sono state scritte in un’altra lingua, cultura, situazione. Ma sono le parole attraverso cui Dio parla oggi a noi. 
Queste parole della Bibbia, infatti, non sono parole come le altre: contengono il soffio dello Spirito Santo, lo Spirito di Amore che le fa rivivere dentro di noi. Se noi ascoltiamo con fiducia e con calma queste parole, soffermandoci su un versetto, su un verbo, su un aggettivo, su un avverbio … allora ci accorgeremo che c’è sempre una parola utile per noi, che apre il cuore a qualcosa di nuovo nella nostra vita. Un piccolo granello di senape che porterà frutto infallibilmente a suo tempo.

Si tratta cioè di prendere sul serio che il Signore parla a me oggi, nella mia situazione di vita. Non in generale, non in modo vago, non in modo astratto. Per me, oggi, nella situazione in cui mi trovo.
Questa parola o alcune parole – ma poche mi raccomando! – posso sottolinearle o evidenziarle con un evidenziatore, nel libretto Pane Quotidiano o nella propria Bibbia, e poi lasciarle operare dentro il cuore.
Dopo alcuni minuti di questa attenta lettura, posso interagire con la parola o le parole che mi hanno colpito, lasciando da parte tutto il resto, che verrà utile per un’altra volta. 

Infatti la mensa della Parola è come un grande self service: non devo mangiare tutto. Devo prendere quel poco di cibo che mi serve per quel giorno. È come la manna, ricordate? Raccogliere ogni giorno la razione di manna che serve per quel giorno (Esodo 16,4.20-21), altrimenti ci si ammala di bulimia, che è uno dei motivi per cui il nostro cristianesimo sta naufragando: troppo di tutto. Bisogna tornare alla semplicità, alla sobrietà, al silenzio, alla profondità, invece di abbuffarci volendo sempre nuove emozioni religiose. 
Dopo alcuni minuti di silenzio, dunque, posso cominciare ad interagire con il Signore, cioè parlare con lui come un buon figlio con un buon padre, come un amico con il suo amico, come un buon servo con il suo buon padrone. 

Le parole che noi diciamo a lui non servono per convincerlo a darci qualcosa, perché lui sa già di cosa abbiamo bisogno (Matteo 6,8). Servono a noi per esprimerci, per tirar fuori i nostri dubbi, le nostre paure, le nostre rabbie, il nostro amore e la nostra gratitudine. Come un bambino, che cresce cominciando a balbettare con la mamma o il babbo e pian piano impara a parlare, così anche noi possiamo dialogare in modo sempre più adulto con Dio nostro Padre e Madre.
Il mese di luglio e agosto sono un tempo propizio per ascoltare lui e parlare a lui. Coraggio! I testi della Parola di ogni giorno, con i commenti di don Oreste, saranno il pane quotidiano che ci darà la forza di vivere questo incontro.