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14 Gennaio 2022
Ultima modifica: 29 Gennaio 2022 ore 20:35

Elezioni Presidente della Repubblica: sarà Mattarella bis

Il 24 gennaio sono iniziate le votazioni. All'ottavo scrutinio i grandi elettori convergono su Mattarella
Elezioni Presidente della Repubblica: sarà Mattarella bis
Foto di ETTORE FERRARI
A differenza di quanto accade negli USA o in Francia, non siamo noi cittadini ad eleggere il nostro Presidente. Perché questa differenza? Che ruolo ha in Italia il Capo dello Stato, chi lo elegge, con che regole, e quali sono le conseguenze delle diverse ipotesi
Avremo un Matteralla bis. Le elezioni del Presidente della Repubblica sono inziate il 24 gennaio, ma dopo cinque giorni di schede bianche, astensioni, veti incrociati, riunioni notturne, l'attuale anomala ampia maggioranza parlamentare ha compreso che l'unico accordo che era in grado di fare era riconfermare quell'asse Mattarella-Draghi da cui è stata generata.
Non avremo dunque il 13° presidente della Repubblica ma resterà il 12°: Sergio Mattarella (in realtà, se consideriamo i mandati, questo sarà il 14°, dato che Napolitano ne ha svolti due ed ora sta per succedere la stessa cosa). 
Una scelta, quella del Presidente, che condizionerà la vita politica italiana per 7 anni, salvo dimissioni anticipate.
Ecco allora qualche informazione essenziale, condita da alcune curiosità, per essere in grado di comprendere il significato di questo momento importante e magari poter sfoggiare una discreta cultura istituzionale quando ci troveremo a dibattere del tema con gli amici.

        SOMMARIO

Chi elegge il Presidente della Repubblica?

Una prima domanda che ci può capitare di sentire è: perché negli Stati Uniti o in Francia il Presidente viene eletto dai cittadini e in Italia no? La risposta è semplice: perché l’Italia è una repubblica parlamentare e non una repubblica presidenziale come gli USA o semipresidenziale come la Francia. Nelle repubbliche parlamentari i cittadini eleggono il Parlamento, cioè, nel caso italiano, i 630 Deputati che formano la Camera e i 315  Senatori del Senato (ai quali si aggiungono poi eventuali senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica). È il Parlamento quindi a rappresentare direttamente il popolo italiano, sia nell’approvare le leggi che regolano la vita della Repubblica, che nell’esprimere altre figure istituzionali come, appunto, il Presidente della Repubblica.

Come avviene l’elezione del Presidente della Repubblica?

Lo stabilisce l’art. 83 della Costituzione Italiana: il Parlamento si riunisce in seduta comune ed è composto, oltre che dai Deputati e Senatori, anche da 3 delegati di ogni Regione eletti dai rispettivi Consigli Regionali, ad eccezione della Valle D’Aosta che avrà un solo delegato.
La votazione avviene a scrutinio segreto. Viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza dei due terzi per le prime tre votazioni, o la maggioranza assoluta (la metà dei voti più uno) a partire dalla quarta votazione.
Quanto ci vuole ad eleggere il Presidente? Potrebbe bastare un giorno, oppure molti come scopriamo se guardiamo a come sono andate le edizioni precedenti: una tabella riassuntiva si trova QUI.  
Nella storia della Repubblica solo due presidenti sono stati eletti con maggioranza qualificata dei due terzi: Francesco Cossiga nel 1985 e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999, entrambi al primo turno.
Il presidente che richiese più votazioni fu Giovanni Leone, eletto dopo ben 23 scrutini nel 1971. Quello che ottenne la maggioranza più ampia fu Sandro Pertini nel 1978: ben l’82,3% di voti a favore, raggiunti però solo alla 16a votazione.
Il presidente in carica, Sergio Mattarella, fu eletto al 4° scrutinio nel 2015 con il 65,9% dei consensi.
Il suo predecessore, Giorgio Napolitano, è stato l’unico, finora, ad essere stato eletto per due volte. Cosa che molti vorrebbero anche per Mattarella, il quale però ha già fatto intendere più volte che non la ritiene una opzione possibile.

Elezione del Presidente: le nuove regole anti Covid

Con l’attuale diffusione dei contagi, non è possibile avere i 1009 grandi elettori nella stessa aula di Montecitorio, per quanto grande. 
Dopo vari confronti tra i questori della Camera, che si sono confrontati anche con quelli del Senato, è stata resa nota la nuova procedura. Gli elettori possono entrare in aula per il voto a gruppi di 50 e votano non nei classici “catafalchi” ma in nuove cabine che garantiscono maggiore sicurezza. Un metodo che allunga di molto i tempi e per questo era previsto un solo scrutinio al giorno, ma poi si è riusciti a farne due al giorno una volta che si è presa dimestichezza con il nuovo meccanismo.
C'è poi il problema dei grandi elettori positivi al Covid o comunque in quarantena precauzionale: dopo che la conferenza dei capigruppo aveva chiesto al Governo di trovare una soluzione è arrivato il decreto del Consiglio dei ministri in cui si legge che «sono autorizzati, previa comunicazione all'azienda sanitaria territorialmente competente, agli spostamenti con mezzo proprio o sanitario sul territorio nazionale, per il tempo strettamente necessario alle operazioni di voto e comunque con modalità tali da prevenire il pericolo di contagio, esclusivamente per raggiungere la sede del Parlamento, ove si svolge la votazione e fare rientro nella propria residenza o dimora». Qui il testo completo diffuso dall'Ansa.
Gli elettori coinvolti non votano in aula ma in una tenda debitamente attrezzata allestita nel "cortile d'onore". Il voto avviene in contemporanea e le schede raccolte vengono portate in aula prima che il presidente Fico inizi lo spoglio.

Quali compiti ha in Italia il Presidente?

A differenza delle repubbliche presidenziali, dove il Presidente è sia capo dello Stato che del Governo, e quindi si trova tra le mani un forte potere da gestire, in quelle parlamentari il ruolo del Presidente è mitigato dal fatto che, come dicevamo, non è eletto direttamente dal popolo e non è neppure lui a governare.
Potrebbe sembrare quindi una figura di secondo piano, ma allora perché tanto interesse da parte delle forze politiche nel voler influire sulla scelta nel nome?
In realtà se è vero che il Presidente della Repubblica non ha una funzione di indirizzo politico ma è una figura super partes che si preoccupa di garantire anzitutto il rispetto della Costituzione, scorrendo i compiti a lui affidati dalla Costituzione stessa se ne trovano alcuni davvero decisivi per la vita della Repubblica, soprattutto in alcuni momenti cruciali, come quando c’è da formare un nuovo Governo ed è il Presidente a svolgere le consultazioni e a dare l’incarico a colui che, una volta ottenuta la fiducia del Parlamento, potrà diventare il Presidente del Consiglio.
Nel suo ruolo di garante, poi, il Presidente interagisce di fatto con tutti gli organi che esercitano i tre poteri costituzionali, legislativo, esecutivo e giudiziario, e molti atti non possono procedere senza il suo benestare.
Ma al di là delle funzioni giuridicamente stabilite, la delicatezza della scelta è data anche da quel ruolo di equilibrio, di mediazione e di persuasione – per usare un termine, quest’ultimo, particolarmente caro a Mattarella – che può contribuire in maniera determinante alla coesione nazionale a superare momenti difficili favorendo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Proprio come è successo in questi ultimi anni: pensiamo alla difficoltà di formare un Governo dopo la frammentazione politica emersa dalle ultime elezioni, o all’attuale maggioranza di governo emersa dal nulla quando si rischiava una crisi dal futuro incerto mentre eravamo ancora in piena pandemia.  
Ed è forse proprio per come ha saputo interpretare questo ruolo che Sergio Mattarella, personaggio poco conosciuto dall’opinione pubblica al suo esordio come Presidente, ha conquistato progressivamente una grande popolarità.

Il fattore D

L’altra figura politica italiana che gode di ampia popolarità è Mario Draghi. Nonostante i modi gentili è considerato un vero “duro” in grado di affrontare senza scomporsi qualsiasi difficoltà, Whatever it takes, costi quel che costi, come recita la sua famosa frase.
Un consenso dovuto ad un prestigioso curriculum e a indubbie doti personali, ma sicuramente alimentato anche dal succedersi di una serie di eventi favorevoli accaduti nello scorso anno. 
Da quando lui si è insediato a Palazzo Chigi, il 13 febbraio 2021, l’Italia ha ottenuto successi senza precedenti in campo sportivo, vincendo gli Europei di Calcio e quelli di Pallavolo maschile e femminile, una valanga di medaglie alle Olimpiadi tra cui alcune davvero incredibili come i 100 metri piani, i 4x100 staffetta, il salto in alto, e l’intero podio dei 100 metri femminili alle Paralimpiadi. In campo musicale, poi, i Maneskin hanno trionfato all’Eurovision Song Contest, mentre sul piano scientifico l’italiano Giorgio Parisi ha ottenuto il Nobel per la fisica.
Perfino nella lotta alla pandemia ­– e qui il merito è anche del governo Draghi – l’Italia si è mossa bene tenendo sotto controllo il Covid molto meglio di altri Paesi europei, mentre sul piano economico il nostro Pil sta crescendo più di altri e stanno arrivando un sacco di fondi da spendere nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (benefit ereditato dal precedente governo). Tanto che la rivista inglese The Economist, solitamente critica, ha assegnato all’Italia il titolo di “Paese dell’anno”.
Perché allora, sostengono in molti, non assicurarci il “fattore D” per altri 7 anni piazzandolo al Quirinale, senza dubbio la carica più longeva e stabile di cui gode la Repubblica Italiana?

Cosa succede se Mario Draghi diventa Presidente

In realtà, se ciò avvenisse, si aprirebbe una fase di instabilità politica e un groviglio istituzionale mai accaduto nella storia della Repubblica. Vediamo perché.
Qualora venisse eletto Presidente, per assumere l'incarico Draghi dovrebbe prima dimettersi da Presidente del Consiglio rimettendo il mandato nelle mani di Mattarella e poi sarebbe lui stesso, una volta divenuto Presidente, a svolgere le consultazioni e dare l’incarico al suo successore come Presidente del Consiglio.
Come sappiamo si tratta di operazioni che possono richiedere diverso tempo, durante il quale il Presidente del Consiglio dimissionario solitamente continua a svolgere le funzioni ordinarie, ma in questo caso non sarebbe possibile dato che il capo del Governo non c’è più perché è diventato Presidente della Repubblica.
A questo punto dovrebbe subentrare temporaneamente il vice-presidente del Consiglio, ma anche questa soluzione non è possibile dato che l’attuale Governo non ha previsto questa figura. Dunque cosa succederebbe?
Secondo quanto stabilito dall’articolo 8 della Legge 23 agosto 1988, n. 400, «quando non sia stato nominato il vice Presidente del Consiglio dei ministri, la supplenza di cui al comma primo spetta, in assenza di diversa disposizione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, al ministro più anziano secondo l’età». Se dovesse verificarsi questa situazione, il ruolo di Presidente del Consiglio verrebbe dunque temporaneamente assunto da Renato Brunetta, attuale ministro per la Pubblica Amministrazione, che con i suoi 71 anni è il ministro più anziano.

Chi può essere eletto Presidente? Le varie i potesi e i nomi più accreditati

In alternativa alle ipotesi Matterella bis e Draghi, si apre un ventaglio amplissimo di ipotesi, considerato che la Costituzione italiana stabilisce all’art.84 la possibilità di eleggere «ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici». Dunque potrebbe teoricamente divenire Presidente anche un qualsiasi cittadino, come accade nel film Benvenuto Presidente! in cui un semplice bibliotecario – sconosciuto ma con un nome importante: Giuseppe Garibaldi (impersonato da Claudio Bisio) – si ritrova al Quirinale per il fatto che gli esponenti delle diverse aree politiche, non trovando un accordo, scrivono scherzosamente sulle schede il nome dell’eroe del Risorgimento, non sapendo che un Giuseppe Garibaldi esiste tuttora e ha i requisiti per essere eletto.
Tornando alla realtà, la probabilità di successo per un candidato è legata alla capacità di attirare voti da rappresentanti dei diversi partiti, superando anche gli schieramente se nessuno di essi, come in questo momento, ha una maggioranza significartiva.
Servono dunque consensi trasversali, ed è un risultato che si può ottenere puntando su figure istituzionali, come è avvenuto in passato per Carlo Azeglio Ciampi, Governatore della Banca d’Italia, oppure su politici che abbiano comunque un ruolo istituzionale in quanto presidenti di un ramo del Parlamento: si fa ad esempio il nome di Maria Elena Casellati, attuale presidente del Senato, o dell’ex presidente Marcello Pera.
Se invece si va sulla scelta politica, può esserci più probabilità di consenso trasversale con nomi poco esposti nella contesa politica odierna (tra quelli che circolano, Giuliano Amato, Rosy Bindi, Letizia Moratti, Paolo Gentiloni, Pierferdinando Casini).
Tra i politici di primo piano c’è stasto per diversi giorni in ballo il nome di Silvio Berlusconi, ma difficilmente gli ultimi anni in cui ha cercato di accreditarsi come “statista” capace di unire anziché dividere possono cancellare due decenni di storia politica e giudiziaria che ne hanno costruito una immagine ben diversa. Alla fine Berlusconi stesso, in una nota diffusa sabato 22 gennaio, ha fatto un passo indietro, «evitando - ha spiegato - che sul mio nome si consumino polemiche o lacerazioni che non trovano giustificazioni che oggi la Nazione non può permettersi».
 

La carta Cartabia

Una vera svolta e allo stesso tempo una certa continuità con il settennato di Mattarella si sarebbe verificata qualora si fosse deciso di giocare la carta di Marta Cartabia, sussurrata a più riprese ma mai messa al centro delle trattative.
Una donna al Quirinale sarebbe stata una grande novità, un forte segno di rinnovamento in un momento storico in cui il tema delle pari opportunità tra uomini e donne è spesso al centro del dibattito.
Se per la Casellati ci poteva essere il problema dell'appartenenza politica, e per Elisabetta Bellomi (altro nome emerso) poteva incutere preoccupazione il suo ruolo nei servizi segreti, difficile trovare obiezioni valide per Marta Cartabia.
Tra l'altro con lei ci sarebbe stata una certa continuità con l’attuale presidenza data da alcuni elementi del suo profilo umano e professionale. Entrambi sono giuristi e sono stati giudici della Corte Costituzionale; Cartabia ne è poi divenuta vicepresidente nel 2014 e presidente (prima donna a svolgere tale ruolo) nel 2019, incarico che ha lasciato quando è divenuta Ministra.
A differenza di Mattarella, non ha un trascorso in politica ma ha una lunga carriera accademica di rilievo anche internazionale, con vari incarichi nella tutela dei diritti umani a livello europeo. Nei suoi interventi pubblici ha lasciato trasparire sensibilità umana, equilibrio e una certa sobrietà, quegli stessi elementi che hanno suscitato consensi attorno all’attuale Presidente e che avrebbero potuto costituire i tratti anche del nuovo volto della Repubblica Italiana.