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2 Gennaio 2020

Profughi costretti a ritornare in Siria

Pressione nei campi profughi e lavoro nero: pubblicato l'aggiornamento al report di denuncia firmato Operazione Colomba
Profughi costretti a ritornare in Siria
Foto di Archivio Operazione Colomba
Le operazioni contro i profughi siriani in Libano portano a respingimenti dei civili alla frontiera e violano il principio di non refoulement della Convenzione per i diritti umani di Ginevra.
È stato pubblicato in dicembre l’aggiornamento del dossier (già elaborato da Operazione Colomba lo scorso mese di luglio) sulla Violazione dei diritti umani verso i profughi siriani in Libano e sul peggioramento delle loro condizioni.

Il report pone all’attenzione della comunità internazionale il preoccupante intensificarsi, da parte del governo libanese, di strategie di refoulement (respingimento) dirette e indirette, volte a far tornare i profughi siriani in Siria, sul presupposto non provato che la Siria sia un paese sicuro in cui tornare.

Il non-refoulement nella Convenzione di Ginevra per i diritti umani

La Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, all'art.33, sancisce infatti il principio di non-refoulement prevedendo che "Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche".
Il divieto di respingimento è applicabile a ogni forma di trasferimento forzato, deportazione, espulsione, estradizione, trasferimento informale e non ammissione alla frontiera. Tale principio costituisce parte integrante del diritto internazionale dei diritti umani ed è un principio di diritto internazionale consuetudinario. E’ un diritto sancito anche dall'articolo 3 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, convenzione di cui il Libano è firmatario.

Le deportazioni forzate dei profughi in Libano

Le azioni dell'Esercito libanese e delle Forze di Sicurezza Interna contro i siriani in Libano hanno portato a un aumento esponenziale delle deportazioni forzate, alla distruzione di case e campi profughi informali siriani, a sfratti di massa, all’inasprimento delle misure contro i lavoratori non autorizzati e le imprese di proprietà siriana. E’ stata fortemente limitata la possibilità per i bambini siriani di ottenere un permesso di soggiorno legato alla residenza legale dei genitori tramite uno sponsor libanese.
Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, vive dal 2014 al fianco delle famiglie siriane a Tel Abbas, campo profughi nel nord del Libano.

La situazione dei rifugiati siriani in Libano

Il Libano è un paese di piccole dimensioni, in cui vivono circa 6 milioni di persone. Dal 2012, il Libano ha visto un crescente afflusso di siriani in fuga dalle violenze in Siria, trasformatesi poi in guerra civile. Il Libano ha adottato una politica di apertura delle frontiere tra il 2011 e il 2014. Questo ha permesso a più di un milione e mezzo di siriani di entrare nel paese.

Dalla fine del 2014, il governo libanese ha cambiato atteggiamento nei confronti dei siriani. Non riconoscendoli come rifugiati, i loro diritti in Libano non sono tutelati dal diritto internazionale. I siriani in Libano infatti non hanno libertà di movimento, né diritto all'istruzione, all'occupazione e all'assistenza sanitaria. Nel maggio 2015 il governo ha chiesto ufficialmente che l'UNHCR (l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati) smettesse di registrare i siriani presenti nel paese. Secondo il censimento del 2017 sulla valutazione della vulnerabilità dei rifugiati siriani in Libano il 76% delle famiglie siriane vive al di sotto della soglia di povertà, il 53% in condizioni abitative al di sotto degli standard minimi previsti e il 74% dei profughi siriani di età pari o superiore a 15 anni non ha residenza legale.

Secondo un sondaggio effettuato nel 2019 dall'UNHCR in Egitto, Iraq, Libano e Giordania, solo il 5,9% dei profughi siriani intende tornare in Siria nel prossimo anno. La maggior parte di loro non considera le aree controllate dal regime siriano come sicure per il ritorno. Temono la mancanza di servizi di base, di sostentamento e riparo, ma soprattutto il rischio onnipresente di violenze arbitrarie, arresti, torture e coscrizioni forzate.

Le proteste popolari che hanno scosso il Libano dagli inizi di Ottobre 2019 sono una testimonianza evidente della rabbia e dell’insoddisfazione diffuse tra la popolazione libanese nei confronti del governo e dell’élite politica. Da più di un mese centinaia di libanesi scendono nelle strade per dimostrare tutto il proprio scontento per la recessione economica, la corruzione e la mancanza di opportunità lavorative. Quello che succederà come conseguenza a tali agitazioni politiche si ripercuoterà su più di un milione di profughi siriani attualmente in Libano. Le proteste non hanno fermato le violazioni sistematiche contro i porfughi siriani, anzi questi stanno ricevendo sempre meno assistenza umanitaria a causa dei consistenti tagli ai fondi. Sono sempre più le azioni punitive del lavoro irregolare più dure le misure repressive contro quel 74% dei siriani che non sono attualmente in possesso di un documento di residenza valido.

Il report di Operazione Colomba

Il report documenta la continua violazione dei diritti umani e gli abusi subiti dai siriani in Libano. Contiene informazioni dettagliate sulle deportazioni forzate e irregolari, sulle vessazioni subite dagli attivisti della società civile e sull’incremento di tecniche di respingimento indirette. Se la situazione si protraesse ulteriormente, l’instabilità politica libanese potrebbe diventare un fattore determinante nell’influenzare i siriani, che si troverebbero a scegliere se rimanere e affrontare le condizioni sempre peggiori in Libano, o se fare ritorno in Siria (possibilità considerata assolutamente non sicura). Se per un’intensificazione della violenza le condizioni di sicurezza in Libano dovessero ulteriormente peggiorare, a molti siriani non rimarrà altra scelta che tentare di raggiungere l’Europa via mare.

L'appello per i profughi in 4 punti

Sono essenzialmente quattro le esortazioni che Operazione Colomba rivolge alla Comunità Internazionale:
  1. assicurare che il governo libanese agisca in accordo con il diritto internazionale e rispetti il principio di non-respingimento,
  2. sostenere lo stato libanese nel fornire aiuto, assistenza legale e medica ai profughi siriani in Libano, specialmente in questo periodo di agitazione politica,
  3. condannare la normalizzazione delle relazioni internazionali con il governo siriano fino a quando non verrà raggiunta una soluzione politica,
  4. supportare le organizzazioni della società civile libanese nel processo di partecipazione politica democratica e nonviolenta, riconoscendo il loro ruolo fondamentale nella creazione di strutture di sostegno per libanesi, siriani e palestinesi presenti in Libano. 

Scarica il report completo sulla situazione dei profughi siriani in Libano