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5 Dicembre 2025

I giovani vogliono costruire una pace concreta

La Comunità Papa Giovanni XXIII celebra mezzo secolo di impegno per la pace
I giovani vogliono costruire una pace concreta
Cinquanta anni fa, la Comunità Papa Giovanni XXIII accolse i primi obiettori di coscienza, giovani che scelsero di servire la patria senza armi. Oggi, l'eredità di Don Oreste Benzi continua con i giovani in servizio civile internazionale, impegnati nella costruzione della pace e nella difesa dei diritti umani
Cinquanta anni fa nella neonata Comunità Papa Giovanni XXIII arrivarono i primi obiettori di coscienza. Erano giovani disponibili a mettersi al servizio della patria in un modo diverso dal servizio di leva, senza armi. Don Oreste Benzi colse in loro la voglia di esplorare nuove vie per la costruzione della pace: «I giovani vogliono costruire una pace e una solidarietà concreta nel quotidiano», scriveva. L’obiezione di coscienza si è mescolata nel DNA della Comunità Papa Giovanni XXIII coniugando il Vangelo con l’articolo 11 della Costituzione italiana e determinando così un’identità sostanzialmente nonviolenta, che si sviluppò nella presenza concreta e silenziosa accanto agli ultimi, alle vittime delle ingiustizie.
Oggi, la storia degli obiettori di coscienza si intreccia con quella dei giovani in servizio civile internazionale. Da più di trent’anni, giovani italiani ed europei operano nei progetti di solidarietà e cooperazione internazionale della Comunità Papa Giovanni XXIII come “Caschi Bianchi”. Investendo le proprie energie in contesti di povertà e talvolta di guerra, sono mossi da ideali profondi: amore per l’altro, disponibilità alla condivisione e alla solidarietà, impegno nella difesa dei diritti umani, desiderio di favorire lo sviluppo di relazioni pacifiche tra persone e popoli. 

Il cammino verso la pace continua

Viviamo un tempo in cui la parola “pace” rischia di diventare solamente “spirituale” o comunque rimanere astratta. È urgente tornare al cuore profetico di quella scelta: obiettare alla violenza in tutte le sue forme. “Giustizia e pace si baceranno” anche dando nuovo vigore alla costruzione della “politica estera dal basso”, come teorizzava don Oreste Benzi con gli obiettori di allora. Nell’Europa di oggi questa prospettiva può crescere anche grazie alla costituzione di un Corpo Nonviolento di Pace Europeo che operi in missioni umanitarie e pacifiche, mettendo i giovani al centro di percorsi concreti per la costruzione quotidiana della pace fra le nazioni e dello sviluppo dei popoli.
Dopo cinquant’anni l’obiezione non è un ricordo da commemorare, ma un compito da continuare ad attuare. Una chiamata a lottare perché la nonviolenza penetri nei rapporti e nel linguaggio delle persone, e trasformi le scelte economiche e politiche dei governi. Essere obiettori oggi significa continuare a credere che ogni persona è un valore, che ogni ingiustizia va rimossa, che su ogni muro va costruito un ponte, che ogni gesto di pace può cambiare la storia.

Un convegno a Rimini per la pace

Il tema, di stringente attualità, verrà ulteriormente approfondito a Rimini il 12 e 13 dicembre nel corso del convegno Inneschi – Scintille che generano la pace.