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17 Maggio 2022

Quando a scuola s'impara il rispetto

In 5 regioni è partito un progetto su emozioni e pregiudizi, per sconfiggere la discriminazione
Quando a scuola s'impara il rispetto
Tavolozza Onlife è un progetto promosso e finanziato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia. L'obiettivo è di entrare nelle scuole per promuovere la cultura del rispetto, del dialogo e il benessere delle relazioni interpersonali, per prevenire e contrastare ogni tipo di discriminazione.
Ascolto, rispetto, compartecipazione. Ora più che mai è importante portare questi 3 aspetti nelle scuole. Dopo due anni di restrizioni per la pandemia, dopo il lockdown e la dad (didattica a distanza), dopo aver dovuto rinunciare alle consuete uscite e gite di classe, è fondamentale andare al di là dei programmi scolastici e creare spazi di ascolto, nel rispetto reciproco, garantendo le condizioni perché ognuno possa partecipare. È questo l’obiettivo del progetto “Tavolozza Onlife… per fare delle nostre vite un capolavoro”, partito lo scorso settembre, che coinvolgerà in totale 50 scuole tra Primarie e Secondarie (di primo e secondo grado), in 5 regioni italiane.
«Grazie al progetto Tavolozza Onlife, come cooperativa sociale “Comunità Papa Giovanni XXIII” abbiamo vinto un bando promosso e finanziato con 180mila euro dal Dipartimento delle Politiche per la Famiglia» spiega Fethi Atakol, uno dei coordinatori del progetto. «Tra le tematiche che erano messe a bando, la Cooperativa si è focalizzata su quella della non discriminazione in tutte le sue sfaccettature – continua Fethi -. L’obiettivo è di realizzare interventi socio-educativi nelle scuole rivolti ai minori di età dai 6 ai 17 anni, promuovendo la cultura del rispetto e del dialogo per prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione».  

Il rispetto in una classe "tempesta"

A volte rispetto e ascolto sono due mete difficili da raggiungere con i ragazzi: «In una scuola superiore ci siamo trovati a lavorare in una di quelle classi che lo psicopedagogista Stefano Rossi definirebbe “classe tempesta”, cioè incapace di autoregolarsi, di restare all’interno di qualsiasi cornice o argine» racconta Davide Bianchini, referente per la Lombardia del progetto Tavolozza Onlife.
«Percepivamo quanto quella classe fosse piena di vissuti negativi. Infatti era etichettata da tutti come la peggiore dell’istituto, piena di ripetenti, con ragazzi provenienti da situazioni difficili: un concentrato di disagio. La maggior parte degli insegnanti la consideravano ingestibile ed avevano tentato di arginare la situazione con le note disciplinari, le sospensioni, la minaccia di una bocciatura, ottenendo però solo maggiore opposizione e ancora più provocazioni da parte dei ragazzi. Siamo arrivati faticosamente alla fine del primo incontro. Abbiamo quindi deciso, d’accordo con l'insegnante di riferimento, di lasciar stare il percorso previsto e di focalizzarci su un obiettivo minimo: stare 15 minuti in quella classe proponendo un'attività centrata esclusivamente sull'ascolto empatico. Siamo riusciti ad arrivare a 2 ore di dialogo aperto con la classe. Abbiamo chiesto a loro come stavano e cosa stesse succedendo, come loro si vedevano come classe e qual era il mondo che ogni mattina portavano a scuola. I ragazzi sono riusciti a rimanere nella cornice dei nostri 3 principi (ascolto, rispetto, compartecipazione) e questo è stato molto significativo, per noi come per gli insegnanti. Penso abbiano sentito l'autenticità della nostra preoccupazione per loro, quanto noi per primi ci siamo messi in un atteggiamento di ascolto e di rispetto nei loro confronti e della loro situazione. Questo ha permesso loro, in quel momento, di abbassare le difese e di mettersi in gioco».

Contro il cyber-bullismo: una vita oltre lo schermo

La bellezza del progetto Tavolozza Onlife è che offre la possibilità di proporre percorsi diversificati, seppure uniti da obiettivi comuni. In Emilia Romagna, per esempio, uno dei percorsi si chiama “C’è vita oltre lo schermo” e affronta il tema del cyber-bullismo, delle offese online, dei falsi profili sui Social e tanto altro: «Il punto focale è il buon uso della tecnologia; stimoliamo i ragazzi a raccontare come loro si pongono e affrontano alcune situazioni» spiega Leonardo Guaraldi, referente del progetto in Emilia Romagna. «Facciamo riflettere i ragazzi sul tempo che spendono davanti al cellulare, su quali bisogni soddisfano usando i Social, sui pericoli che corrono quando con leggerezza falsificano l’età nei loro profili. Portiamo anche delle storie, ragazzi che raccontano le loro esperienze negative, non per spaventare, ma per renderli consapevoli dei rischi connessi a un uso improprio della tecnologia».
progetto onlife
Tavolozza onlife è un progetto portato nelle scuole e parla di emozioni e pregiudizi, per sconfiggere la discriminazione

L'importanza di potersi esprimere

In Veneto si lavora sulle competenze emotive, sulle dinamiche di classe, sull’autostima, sulla resilienza. «Il nostro percorso è molto interattivo – spiega Monica Campagnolo, referente del progetto - utilizziamo video, giochi, schede introspettive, confronti in gruppo. I bambini della Primaria si coinvolgono con entusiasmo, non vedono l’ora di vederci. La nostra presenza va a sbloccare determinate dinamiche all’interno del gruppo. Anche quando entriamo alla Secondaria il nostro intervento è molto apprezzato perché diamo ai ragazzi la possibilità di esprimersi e confrontarsi sul loro stato emotivo, su alcune situazioni che vivono a scuola e fuori da scuola».

La violenza dei pregiudizi

Tavolozza Onlife tocca anche temi scottanti: «Con i ragazzi delle quarte e quinte superiori affronto la violenza di genere, l’ingiustizia della tratta di persone, lo sfruttamento sessuale e la prostituzione» spiega Martina Taricco, referente del progetto in Piemonte. «Quando entro in classe utilizzo un brainstorming per far emergere stereotipi, pregiudizi e linguaggio di genere. Poi utilizzo un video molto impattante che stimola il pensiero critico dei ragazzi. Da lì ci mettiamo in ascolto delle emozioni che il video ha suscitato, dando informazioni per capire meglio il fenomeno della tratta e della prostituzione. I ragazzi si coinvolgono molto in questo percorso: la parte più bella è proprio il momento di confronto con loro ed è bello constatare che durante il percorso qualcuno mette in discussione i propri stereotipi e pregiudizi. Spesso mi dicono “Puoi andare in strada e non chiedere nemmeno il nome a quella donna” e mi rendo conto di quanto sia radicato il concetto di corpo che si può comprare e l’idea che un uomo possa fare qualsiasi cosa a una donna. Due settimane fa ero in una quinta e un ragazzo mi ha detto: “Se stanno sul marciapiede un motivo ci sarà...”. Poi, alla fine dell’incontro mi ha detto: “Mi vergogno per quello che ho detto, non conoscevo realmente cosa accade”. In quei momenti penso che forse qualcosa è servito, qualche piccolo seme lo abbiamo gettato».

Il film "Solo cose belle" per parlare di inclusione

In Sicilia si parla di inclusione in famiglia, a scuola, nel mondo del lavoro. «Stiamo lavorando con le scuole secondarie» dice Concetta Iabichino, referente del progetto in Sicilia. «In alcune classi abbiamo proposto la visione del film “Solo cose belle” e poi abbiamo utilizzato lo strumento del teatro dell’oppresso. I ragazzi avevano la possibilità di cambiare alcune scene del film. Volevamo trasmettere questo messaggio: «Ognuno di noi ha un ruolo preciso in ogni situazione e in base al ruolo che ha, può fare la differenza, fino a capovolgere la situazione creando un clima di inclusione». 

Tavolozza Onlife: un percorso che diventa social

Il percorso sta già dando buoni risultati e un indicatore immediato è il livello di coinvolgimento: «Quando ai ragazzi dai la possibilità di parlare dei loro vissuti, ecco che si apre una cascata di emozioni, di cose lasciate a stagnare all’interno della propria anima - racconta Davide – e a volte abbiamo raccolto anche i loro pianti». Il progetto prevede anche l’attivazione di uno sportello d’ascolto online al quale ragazzi e genitori potranno rivolgersi e tramite il quale potranno poi essere indirizzati a operatori ed esperti specifici. Sono stati anche aperti due canali Social (DipEnd, su Instagram e Facebook) per coinvolgere i ragazzi sui temi del progetto.