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18 Febbraio 2022
Ultima modifica: 18 Febbraio 2022 ore 11:01

Colf dal Venezuela costrette a prostituirsi in Italia

Da tutto il sud America trafficate via Spagna con visto turistico
Colf dal Venezuela costrette a prostituirsi in Italia
Foto di Duong Hoàng
Arrivano in Europa in aereo da Colombia, Perù, Venezuela, Repubblica Dominicana, con visto turistico per la Spagna con la promessa di un lavoro da colf. Poi vengono trasferite in Italia, e qui scoprono la dura realtà: dovranno saldare i debiti del viaggio con prestazioni sessuali sui principali siti di incontri a luci rosse.
Genova: Alcuni arresti di fine 2021 hanno smantellato una rete di sfruttatori italiani, sudamericani e moldavi, che gestiva appartamenti hard in una palazzina del centro storico, dove sono attive da diversi anni le unità di strada di Afet Aquilone onlus e Comunità San Benedetto al porto per l’emersione dallo sfruttamento della prostituzione.
La Polizia di Stato non demorde. Nel corso di operazioni di polizia che costantemente caratterizzano il territorio è stato anche riscontrato che «I proprietari di casa consapevoli che una o più persone esercitano la prostituzione negli appartamenti, richiedevano affitti settimanali di 200 o 300 euro», è quanto afferma il dr. Lanza, funzionario della seconda e terza Sezione della Squadra mobile della Questura di Genova. «La maggiorazione, che è dovuta al fatto di approfittare del guadagno, corrisponde al reato di favoreggiamento della prostituzione», reati perseguibili sulla base della Legge Merlin, che prese il nome dalla storica senatrice che fece smantellare in Italia centinaia di bordelli alla fine degli anni ’50.
 
La violenza e lo sfruttamento subiti dalle donne latinoamericane, fenomeno antico nella città di Genova, attuale e controverso, è stato il tema del seminario tenutosi lo scorso 15 febbraio dal titolo Donne sudamericane e sfruttamento sessuale. Il caso del centro storico di Genova, organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, insieme ai partner Differenza Donna e Fundaciòn de solidaridad Amarantacon ospiti rappresentanti di CISL Liguria, Questura di Genova, AFET Aquilone onlus e Comunità S. Benedetto, CIF, Suore NSA. L'evento, patrocinato dal Comune di Genova, è stato organizzato nell’ambito del progetto MIRIAM. Donne migranti libere dalla violenza di genere, finanziato dall'Unione Europea e finalizzato alla tempestiva identificazione delle donne vittime di violenza in Italia e in Spagna.
 
Arrivano in Europa in aereo da Colombia, Perù, Venezuela, Repubblica Dominicana, la maggior parte dotate di visto turistico per la Spagna con la promessa di un lavoro da colf. Poi vengono trasferite in Italia, e qui scoprono la dura realtà: dovranno sborsare centinaia di euro al mese per l'affitto di un posto letto in un appartamento. Per saldare i debiti del viaggio viene loro messo a disposizione un unico mezzo: proporre prestazioni sessuali sui principali siti di incontri a luci rosse
 
Sono donne che provengono da Paesi con una forte instabilità politica e violenza diffusa. Le rivolte civili e di gruppi armati e le soppressioni delle forze di polizia creano un ambiente ancora più favorevole per chi intende reclutare vittime tra le giovani donne e in particolare tra le madri sole. Spesso le donne sudamericane che entrano nella rete della tratta sono già state vittime di violenza nel Paese di origine, vittime di abusi nell’adolescenza e vittime di violenza domestica una volta sposate. Le fasi di manipolazione psicologica adottate per adescarle e convincerle a lasciare la loro casa per mantenere la loro famiglia fanno leva anche sulla strategia di coping, ovvero di imitazione di donne più grandi che tornano in patria e come intermediarie delle reti criminali.
«Quello che colpisce è che lo sfruttamento sessuale di queste donne che vengono da oltreoceano non si è mai arrestato nemmeno durante la pandemia – spiega Irene Ciambezi coordinatrice del progetto europeo Miriam. A Genova il fenomeno è radicato se pensiamo che le unità di strada del progetto regionale Hope this Helps su quasi 400 donne contattate in un anno riferiscono che i tre quarti sono sudamericane. Ma in altre città italiane le abbiamo viste sulle strade e anche dai contatti telefonici dei nostri team rivolti a donne nella prostituzione indoor. Lo sfruttamento a livello transnazionale continua e si sta sviluppando sempre di più sul web, tramite i siti di annunci e anche esibizioni erotiche dietro ad una webcam. Come possiamo pensare che una donna cresciuta in una cultura, ambiente e tradizioni completamente diverso dal nostro riesca ad organizzare luoghi, modalità di pagamento, video hard completamente da sola e di sua spontanea volontà?».

A Maria Luz avevano promesso un lavoro stagionale per aiutare il figlio disabile

È il caso di una donna incontrata a fine 2021 dagli operatori dell’associazione di don Oreste Benzi: Maria Luz appena arrivata dal Perù. «Abbiamo incontrato in strada una donna che aveva lasciato il figlio disabile alla nonna prima di partire per la Spagna, convinta di avere trovato un lavoro stagionale come badante in Spagna. Invece si è trovata costretta a venire in Italia e a vendere prestazioni sessuali sulla via Emilia. Siamo riusciti a farla scappare e a metterla in contatto con l’organizzazione spagnola Fundacion de solidaridad Amaranta perché voleva rientrare a Madrid temendo che le scadesse il visto. Da due settimane purtroppo il suo posto è già stato preso da una donna sulla quarantina che ci ha riferito di essere appena arrivata dal Messico».  
L’operatrice che l'ha accompagnata nel percorso di uscita racconta: «Mi ripeteva piangendo che se avesse denunciato i suoi aguzzini sarebbero riusciti a vendicarsi facendo del male a sua figlia rimasta in Perù: “ci sono famiglie potenti nel nostro paese che arrivano ovunque”, mi diceva».

Gabriela: «Mi dicevano: "Io pago e tu fai quello che dico io!". È un miracolo se sono ancora viva»

Un’altra sopravvissuta, Gabriela, 31 anni, proveniente dal Brasile, racconta: «gli uomini che mi contattavano, chiedevano le prestazioni sessuali più perverse, feticiste e violente; ero totalmente disperata. All’inizio pensavo di poter scegliere io i miei clienti, il modo e il tempo ma quando uno ti compra vuole solo usare il tuo corpo e quante volte mi sono sentita urlare addosso: “io pago e tu fai quello che dico io!”. Ho messo la mia vita a repentaglio mille volte: ho avuto la sifilide, due aborti indotti ed è un miracolo che io sia ancora viva. Grazie all’associazione che mi ha affiancata per uscire dalla prostituzione indoor qualche anno fa, oggi sono finalmente di nuovo io!».

«Non dimentichiamo dunque quanto è importante la centralità di una relazione di fiducia – ha ribadito Irene Ciambezi - di un affiancamento sensibile al genere, competente, culturalmente sensibile, capace di costruire ponti tra mondi e di aver presente le culture, i vissuti di sfruttamento, di violenza, il loro percorso migratorio, e anche la dimensione religiosa che caratterizza tante di queste donne che supportiamo. Ricordiamoci che ricominciare a fidarsi delle figure di aiuto è un’operazione complessa, delicata, e mai scontata per chi ha sperimentato un processo di manipolazione psicologica e discriminazioni multiple nel proprio Paese e anche qui in Europa. Come diceva don Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, dove sono le persone più vulnerabili, là dobbiamo essere anche noi. Se le donne non sono più in strada ma sono soprattutto nella prostituzione indoor o nel web, allora là dovremo andare a cercarle». 

Infine è stato lanciato un appello: non dimentichiamo le donne venezuelane; non dimentichiamo l’appello dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro droga e crimine che già nel 2020 ci ricordava l’afflusso importante di donne vittime di violenze partite dal Paese martoriato dalla dittatura e spesso sparite durante il viaggio.