L'arresto di Chiara Petrolini per l'omicidio dei suoi neonati mette in luce una realtà drammatica: la sofferenza delle madri sole e isolate. L'episodio sottolinea l'importanza di diffondere la possibilità di partorire in anonimato negli ospedali o di poter lasciare il neonato in una delle culle termiche presenti sul territorio in tutta Italia.
Una giovane donna partorisce il suo piccolo e lo seppellisce nel giardino di casa. Alla macabra scoperta segue quella dei resti di un secondo corpicino trovato nello stesso giardino ma risalente ad un anno prima. E poi quella ricerca su Google che non lascia margine di dubbio: «Come abortire il secondo figlio».
Una storia agghiacciante quella che ha lasciato profondamente turbata non solo la comunità di Vignale di Traversetolo (Parma), ma ormai tutta Italia. E da ieri la 22ennne
Chiara Petrolini, madre delle piccolissime vittime, è agli arresti domiciliari. Tantissime domande irrisolte: come mai nessuno ha visto la pancia? Soffriva di anoressia? Come mai il fidanzato, le amiche più strette non si sono mai accorti di nulla? E la madre, che la vedeva tutti i giorni, davvero non sapeva e non ha potuto fare nulla? Una tragedia che scatena un senso di fallimento collettivo nel non aver riconosciuto una situazione di grave difficoltà.
Ma come può una giovane madre essere così tanto sola e isolata da non chiedere aiuto a nessuno durante tutti questi mesi, nemmeno in ospedale? È quanto si domanda la presidente della
Fondazione Francesca Rava, Mariavittoria Rava, che anche a Parma sostiene dal 2010 una culla per la vita, e dal 2008 ha avviato il
progetto "Ninna ho" proprio per dare una chance a mamme in difficoltà. «Prima di condannare occorre chiedersi cosa non sia stato fatto per offrire una soluzione diversa a Chiara – spiega
Mariavittoria Rava. – In questi anni abbiamo affrontato tante situazioni drammatiche e abbiamo capito che la cosa più difficile per una madre è chiedere aiuto. Minacce, ricatti, pregiudizi sociali, il tabù legato alla maternità e all'aborto, la vergogna, il senso di fallimento personale.
Sono tanti i fattori che possono impedire a una donna in difficoltà di cercare il sostegno di cui ha bisogno. Possono esserci problemi personali, fisici o mentali non riconosciuti nemmeno da chi le è vicino, né dallo stesso nucleo parentale. Bisognerebbe informare sempre più le donne su come sia possibile lasciare in vita il proprio figlio, affidandolo a chi può prendersi cura».
Culle per la vita contro l’abbandono neonatale e l’infanticidio
La Fondazione Francesca Rava dal 2008 insieme al Network KPMG in Italia ha avviato il progetto “Ninna ho” con lo scopo di offrire un’alternativa alle madri che, per gravi motivi, arrivano alla dolorosa decisione di separarsi dal proprio bambino. Da una parte diffonde la normativa (DPR 396/2000) che consente alle future mamme italiane o straniere in grave difficoltà, di poter
partorire in anonimato e sicurezza, per la propria salute e per quella del nascituro, presso tutte le strutture ospedaliere pubbliche e dall’altra prevede l’
installazione di culle termiche in luoghi facilmente raggiungibili, negli ospedali. Per evitare gli abbandoni per strada o nei cassonetti, in tutto il Paese sono state
più di 100 culle quelle donate agli ospedali dalla Fondazione. Anche a Parma ce n’è una all’ingresso dell’Ospedale Maggiore, dove Chiara Petrolini avrebbe potuto lasciare i figli partoriti. Lo scorso anno sono stati 3 i parti in anonimato nella città del parmigiano. Nell’antichità si chiamavano “ruote degli esposti” (la prima risale al 1198, ancora visibile a Roma presso l’Ospedale di Santo Spirito in Sassia). Furono chiuse poi nel 1923 dal fascismo. Oggi sono strutture dotate di riscaldamento, una tapparella automatica termo-isolata per l’apertura e dispositivi di allarme perché, una volta accolto il neonato, sia allertato immediatamente il personale sanitario del reparto di terapia intensiva o neonatologia. Viene poi avviata la procedura prevista per i neonati non riconosciuti e il procedimento di adozione. «Abbiamo costruito negli anni una rete importante con gli ospedali e i reparti di ostetricia, – ci racconta la presidente della Fondazione Rava - collaboriamo con la Società italiana di Neonatologia e la Società italiana di Pediatria. Per noi è importante ricordare che se pensano di non riuscire ad accudire il loro piccolo, grazie a queste culle,
le mamme non abbandono il loro figlio ma lo affidano»
L’appello alle madri: l’ospedale è amico delle donne
«Non scorderò mai una donna che si prostituiva in una via di Milano con la pancia. Una sera una nostra volontaria se ne accorge e le si avvicina. Le chiede perché continuasse a stare in strada. “Sono costretta e non posso sottrarmi agli sfruttatori – le ha risposto la giovane. – Non so cosa accadrà del mio piccolo perché mi hanno già detto che non potrò tenerlo. Non so proprio cosa fare!». Questa volontaria le ha spiegato allora di potersi fidare del personale sanitario, che
l’ospedale è amico delle donne e che poteva partorire in anonimato. E così è stato: questo bimbo è nato in sicurezza ed è stato affidato dalla mamma al personale sanitario.
È possibile scegliere la vita se hai una persona vicina che ti aiuta e ti consiglia come fare. Noi non ci auguriamo che i neonati siano abbandonati, ma le culle termiche sono importanti negli ospedali. E per questo il nostro sogno è che il Ministero della Salute, che pur patrocina questo progetto, sostenga anche una campagna di sensibilizzazione massiva, come si fa per le cinture di sicurezza, per poter intercettare le donne prima che facciano gesti estremi. Più se ne parla e meglio è per intercettarle. Alle madri più giovani voglio fare un appello: celebrate sempre la vita, non abbiatene mai paura! Rivolgetevi all’ospedale più vicino perché non c’è giudizio, non ci sono preconcetti ma persone competenti che con grande professionalità possono accompagnarvi in una esperienza che in un periodo della vostra vita vi sembra difficile, ma può poi rivelarsi bellissima».