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9 Maggio 2023
Ultima modifica: 10 Maggio 2023 ore 22:16

Vivere da nonviolenti nel giorno delle grandi parate

In Russia oggi è Giorno della Vittoria, in Ucraina Giornata dell'Europa.
Vivere da nonviolenti nel giorno delle grandi parate
Foto di wal_172619, archivio Pixabay
Il presidente Vladimir Putin ha pronunciato un discorso sulla Piazza Rossa di Mosca, dove hanno sfilato undici mila soldati e mezzi militari, tra cui carri armati, lanciamissili e cacciabombardieri. Intanto alcuni giovani preferiscono finire in carcere piuttosto che uccidere.
Pace? Sì, sì, una bella cosa. Tutti la vorrebbero, però... E con quel però si apre un mondo di critiche, a volte anche pesanti. Una valanga di accuse. Li chiamano: pacifinti, sognatori con la testa tra le nuvole che non hanno il senso della realtà. Nonostante tutte queste critiche e il lavaggio del cervello costante, la maggior parte degli italiani vuole davvero la pace, non vuole guerra né investimenti folli in armi, né l’invio delle armi in Ucraina. Non c’è stata una discussione politica, né a livello italiano né a livello Europeo.

L’unico realismo è rispondere alla guerra con la guerra. Ma guerra più guerra non fa pace. Ecco allora che diventano un grande segno di speranza e di pace le carovane di #Stopthewarnow. L’ultima, la quinta in un anno, a Odessa e Mykolaiv, ha visto 150 persone mettersi in cammino, ai primi di aprile, per dire con i propri corpi che c’è un altro modo per stare vicino alle vittime della guerra. «Gli eserciti di domani sono questi: uomini disarmati», ci diceva don Tonino nella città assediata di Sarajevo, nel dicembre 1992. Il rischio reale è quello di abituarci alla guerra. Rischiamo di dimenticare la Costituzione e di arruolare anche Gesù a sostegno della difesa armata in Ucraina, a dimostrare la validità della vecchia teoria della guerra giusta.

La guerra sembra una cosa di buon senso, di sano realismo. Si dimenticano i molti, le centinaia di migliaia di morti. Si dimentica il pericolo più che inquietante e reale del coinvolgimento delle armi nucleari. Si dimentica che scegliere la guerra Alienum est a ratione (è fuori dalla ragione), come scriveva Papa Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in Terris 60 anni fa, l’11 aprile 1963. Il vero realismo è nel disarmo e nella scelta della nonviolenza. Spesso è vista come utopia, ma sempre don Tonino a Sarajevo ci diceva: «Io penso che queste forme di utopia, di sogno, dobbiamo promuoverle, altrimenti le nostre comunità che cosa sono? sono soltanto notaie dello status quo e non sentinelle profetiche che annunciano cieli nuovi, terra nuova, aria nuova, mondi nuovi, tempi nuovi».

Ce lo ricordano i tanti obiettori di coscienza di Russia ed Ucraina che abbiamo incontrato a Kiev a fine settembre. Qualcuno di loro è stato processato e condannato al carcere per il reato di elusione del servizio militare. In un mondo accecato dai venti di guerra facciamo risuonare i volti e le parole di testimoni come Giovanni XXIII, di don Tonino Bello e di don Milani: insieme a obiettori russi ed ucraini, risuonino ancora ancora oggi le parole che ci giungono da Barbiana: «L’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni».