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16 Settembre 2021
Ultima modifica: 16 Settembre 2021 ore 13:25

Scopri le 5 fasi del tuo amore

Crisi di coppia? Forse è solamente una questione di tempo (e pazienza)
Scopri le 5 fasi del tuo amore
Foto di Image by melgins23 from Pixabay
Si può guardare ai problemi della coppia non come una malattia da curare ma come uno sviluppo da promuovere? L'interessante approccio di Bader e Pearson, una coppia di terapeuti americani, spiega come evolve la relazione e come intervenire in maniera costruttiva.
Un matrimonio “patologico”, una coppia “malata”, una relazione “malsana”. Definizioni che etichettano due persone già in difficoltà, dando conferma alla loro già scarsa autostima, e aizzando il tipico rimpallo di responsabilità, alla ricerca del capro espiatorio, del paziente designato.

Non serve cercare colpe

Un paradigma utilizzato per scoraggiare queste derive è l’approccio sistemico, perché sposta l’attenzione ai processi di costruzione comune dei problemi. Ognuno dei due, ma anche altri significativi del “sistema” a cui appartiene la coppia (famiglie di origine, figli, amici) contribuisce a creare le dinamiche disfunzionali all’interno delle quali il malessere si esprime. Insomma, come si dice in gergo popolare, la “colpa” delle crisi è sempre un po’ di entrambi.
Un altro contributo interessante arriva dal lavoro di due psicoterapeuti americani – Ellyn Bader e Peter Pearson – che negli anni 80 hanno elaborato una modalità per lavorare con le coppie secondo il developmental approach, cioè un “approccio di sviluppo, evolutivo”.
In quello che è diventato un classico della terapia di coppia – In quest of the mythical mate – mai tradotto in Italiano, propongono uno schema per diagnosticare e trattare le coppie molto convincente.
Con uno stile marcatamente “americano”, cioè diretto, schematico, orientato alla soluzione, un ampio uso di casi clinici a sostegno delle loro tesi, e un linguaggio molto semplice, espongono una modalità assolutamente funzionale e positiva per lavorare con i più disparati problemi nei quali le coppie si trovano a soffrire.
 

L’amore cresce come un bambino

La teoria di base si può spiegare abbastanza semplicemente e prende le mosse dalle fasi che Margaret Mahler ha individuato per descrivere lo sviluppo psichico del bambino. 
Il neonato all’inizio – aveva scritto la Mahler – si trova in una fase simbiotica, nella quale è una cosa sola con la mamma, in cui il suo Io non è differenziato dall’Io della madre. 
Mamma e figlia immerse nell'acqua
Foto di ©Tropical studio

Ma gli esseri umani non sono programmati per la simbiosi e così, verso i 6-9 mesi, inizia la fase di differenziazione, in cui diviene più attento agli stimoli esterni, seguita dalla fase di sperimentazione – “l’avventura amorosa con il mondo” l’ha felicemente descritta l’autrice – quando dirige la sua energia verso l’ambiente esterno. Le mamme che hanno avuto bambini sanno che verso il 17-24 mesi c’è una sorta di regressione, una fase di riavvicinamento in cui la dipendenza e l’indipendenza si alternano spesso in modo confuso. Il bambino che quando è in braccio vuole correre, e quando si allontana chiede di essere preso in braccio. Un moto di vicinanza e allontanamento che serve a mettere alla prova e consolidare sua individualità, grazie alla quale può essere con la mamma in una relazione io-tu.
Perché abbiamo parlato dello sviluppo psichico del bambino piccolo?
Perché – secondo Bader e Pearson – la coppia evolve attraverso le stesse fasi, e i problemi possono essere affrontati come un blocco nel naturale sviluppo della relazione, una mancata evoluzione. 
Pensare e rivolgersi alla coppia in termini di sviluppo, piuttosto che di patologia, produce un atteggiamento positivo. Aiuta a capire come evolvere, piuttosto di concentrarsi sulle mancanze, sui deficit, sulle patologie, si scriveva all’inizio. Aiuta il terapeuta ad essere incoraggiante, e alla coppia a non perdersi in scoraggianti ed infruttuose lagnanze.
 

Le fasi della relazione

Vediamo nel dettaglio queste fasi, e le sfide che comportano.
La prima fase è la fase simbiotica. Essere una cosa sola, le due parti di una mela, angeli con una sola ala che volano solo abbracciati: sono queste le metafore della coppia nella prima fase simbiotica, che enfatizza tutto ciò che accomuna e – più o meno consapevolmente – nasconde le differenze, ponendosi sempre in termini di “noi”. È il passaggio necessario per consolidare la relazione, ma permanere in questa fase porta a due rischi contrapposti. Da una parte rimanere “incollati” (“We are one” - Noi siamo uno) e annullare lo sviluppo delle singole personalità, con il rischio che il sistema si chiuda in se stesso e collassi. Dall’altra una modalità ostile-dipendente (“I can’t live with you and I can’t live without you” - Non posso vivere con te ma non posso vivere senza di te), un legame distruttivo e disperante, fatto di conflitti estenuanti dovuti all’incapacità di prendere le distanze. Ad ogni azione o provocazione dell’uno corrisponde una reazione dell’altro, in un cortocircuito di recriminazioni reciproche che si alimenta da solo. Per capire di che cosa si tratta c’è un ottimo e drammatico esempio nel film “Chi ha paura di Virginia Wolf?” (Nichols, 1966), ma anche nel recentissimo “Malcolm & Marie” (Levinson, 2021), attualmente su Netflix.
Praticamente impossibile arrivare alla fase di differenziazione senza una piccola o grande crisi. Innanzitutto perché è molto difficile che i due coniugi sentano la stessa esigenza contemporaneamente. Uno vorrà differenziarsi, ritagliarsi degli spazi di autonomia, mentre l’altro metterà in atto ogni strategia per rimanere in uno stato di romantica fusione. Seduzione, ricatto, lamentazioni. Fantasmi di tradimento e abbandono accompagnano questa fase. «Perché non siamo più come un tempo? Perché non sentiamo più le stesse cose? Vuol dire che è finita?»
Il consolidamento della fase di differenziazione porta ad una visione più oggettiva del partner, e vengono evidenziati gli aspetti nei quali i coniugi sono divergenti. Aumentano in questa fase le occasioni di divergenza e di conseguenza i conflitti, e quindi il compito di sviluppo è quello di riuscire a gestirli. 
La fase di sperimentazione (I want to be me! – Voglio essere me stesso-a) – che segue a ruota – è un periodo nel quale ognuno si dedica ad attività e interessi senza l’altro. L’autonomia e l’individuazione sono fondamentali.
Anche qui, può succedere che uno dei due sia ancora in fase simbiotica e l’altro nella fase di sperimentazione. In questo caso le tensioni aumentano prendendo la forma polarizzata “Don’t leave me/Leave me alone” – Non lasciarmi/Lasciami solo-a.
Coppia che salta in riva al mare al tramonto
Crisi di coppia. È possibile coniugare una relazione con la libertà? Ci si può sentire liberi e legati allo stesso tempo?
Foto di Antonioguillem

Quando l’identità personale è sufficientemente definita, se la coppia è riuscita a rimanere ufficialmente e intimamente legata, arriva la fase di riavvicinamento (“Homeward bound” – Ritorno a casa) un ritrovato bisogno di recuperare il supporto emozionale nella coppia. Vicinanza e allontanamento si alternano (“One foot in, one foot out” – Un piede dentro un piede fuori) e vengono gestiti con meno ansia e conflitto.
La fase dell’interdipendenza, l’ultima, viene raggiunta quando la coppia riesce a coniugare la sicurezza della costanza della relazione con l’incoraggiamento reciproco ad affacciarsi nel mondo.
 

Creare struttura ed incoraggiare

Questo approccio crea una struttura di contenimento e di lettura dei problemi utile alla coppia in difficoltà, incoraggia i due ad assumersi individualmente la responsabilità del cambiamento, ad empatizzare con l’altro e le sue debolezze, e a focalizzare l’obiettivo sulla crescita e l’evoluzione della coppia.