È del novembre 1975 il primo editoriale con cui don Oreste Benzi lanciava "Sempre" come giornale della neonata Comunità Papa Giovanni XXIII. L'idea gli venne ascoltando il grido di Silvio
Prima numeri unici tirati a ciclostile, poi mensile in formato tabloid, fino all'attuale magazine bimestrale + quotidiano on line. Un giornale di movimento, nato per aggregare e tenere aggiornati quelli che scelgono di passare dall'assistenza alla condivisione con gli ultimi e, con loro, rimuovere le cause dell'emarginazione, per costruire un mondo più giusto.
Tra gli anniversari di questo 2025 che volge al termine, in cui celebriamo il Centenario della nascita di don Benzi, ce n’è uno particolarmente significativo per questo giornale: il suo 50° compleanno. È del novembre 1975, infatti, il primo numero di “Sempre”.
ANNO 1, NUMERO 1, £.150 “SEMPRE” REDAZIONE VIA ISOTTA N° 1 si legge, con caratteri incerti evidentemente battuti con la macchina da scrivere, in copertina del ciclostilato di 12 facciate custodito nel Centro di Documentazione della Comunità Papa Giovanni XXIII. Colpisce l’anno: 1975. Si era davvero agli inizi dell’Opera di don Benzi. La prima casa famiglia era nata solo un anno e mezzo prima, il 3 luglio 1973. La neonata Comunità Papa Giovanni XXIII era una realtà associativa circoscritta territorialmente nel riminese, con qualche prima derivazione a Bologna e Crema, concentrata, per quanto riguarda i temi sociali, soprattutto sui diritti delle persone con disabilità. Il primo riconoscimento ecclesiale del “carisma” arriverà solo diversi anni dopo, nel 1983. Eppure don Oreste aveva evidentemente già intuito il potenziale di ciò che con il primo gruppo di seguaci stava sperimentando. Era l’inizio di qualcosa di molto più grande, che per diffondersi aveva bisogno di strumenti adeguati, che andassero oltre il semplice passaparola. E lo spiega nel suo primo Editoriale, chiamato proprio "Perché il giornale".
Rileggendolo oggi, si ritrova tutta la carica movimentista degli anni ’70, e la straordinaria capacità di don Oreste di catturare l’attenzione fin dalle prime righe. Non parte infatti da un concetto, ma da una storia. Lo Storytelling – oggi insegnato a chi fa corsi di comunicazione – lui lo applicava già.
Il grido di Silvio
«S.M. è un ragazzo di 16 anni – esordisce l’articolo –: non ha mai conosciuto sua madre, non ha mai saputo chi sia suo padre. È stato prima in brefotrofio poi in un istituto medico psicopedagogico (…) Stavano per rinchiuderlo in ospedale psichiatrico. Il Signore ce lo ha fatto incontrare e la casa-famiglia di Coriano gli ha dato quanto non aveva mai avuto: l'affetto di una famiglia ed il riconoscimento di persone. Il bisogno di vivere in lui è divenuto sempre più intenso. Quando S. si trova con altri e vuol manifestare il suo desiderio di partecipazione, emette il grido “SEMPRE”, un grido di chi vuol vivere ma non sa trovare da solo le vie per vivere, di chi vuol partecipare ma non trova chi gli dia spazio, di chi vuol parlare ma non trova chi lo aiuti ad esprimersi.»
Il significato del nome "Sempre"
Ed ecco che, coinvolti dalla storia di Silvio (oggi il suo nome lo possiamo rivelare), don Oreste ci indica quella che oggi definiremmo la mission: «Quel grido, che è espressione di chi è rifiutato dalla società dei “sani”, è divenuto il titolo del nostro giornale. Per noi la parola “SEMPRE” non è un programma politico, non è l'espressione di una ideologia, per noi è una persona che ci richiama continuamente coloro che soffrono per le conseguenze di un peccato che essi non hanno commesso ma che è di tutta la società. È il grido di chi non chiede la “carità”, la “compassione”, l’“opera buona”, ma ci chiede di unire la sua vita alla nostra, di essere riconosciuto una persona come noi.» Un incontro di redazione nel 1978, tratta dal libro "Genesi di una rivoluzione. Don Benzi e la sua gente" (Sempre Editore). L'autore Riccardo Ghinelli (nella foto l'unico in piedi) ha collaborato con "Sempre" fin dagli esordi come redattore e fotografo, e nel libro ricostruisce attraverso testimonianze e immagini la nascita e il primo sviluppo della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Foto di Riccardo Ghinelli
Un movimento rivoluzionario
L’obiettivo dichiarato è dunque superare l’approccio caritatevole e assistenziale, affermando che tutti, anche le persone con disabilità, hanno il diritto alla casa, alla scuola, al lavoro, smantellando gli istituti, i ricoveri, i manicomi. Lo si fa scendendo in piazza, ma anche avviando esperienze innovative di accoglienza. È la “condivisione diretta”, infatti, la carta di credibilità della rivoluzione benziana. E nell’Editoriale don Oreste lo spiega così: «Alcuni di noi tentano di realizzare una condivisione totale con tali persone all'interno di gruppi famiglia che si configurano o come strutture di pronto soccorso o come convivenza definitiva. Il giornale vuole inserirsi dentro questi fatti come una necessaria occasione di riflessione sull’azione e di divulgazione dei contenuti che nascono dalle nostre esperienze. Come una possibilità di esprimere valutazioni e giudizi su ogni tipo di avvenimenti. Come una presa di coscienza delle responsabilità della Chiesa, nei confronti dei poveri e degli emarginati, e quindi come strumento di intervento nella Chiesa locale». L’idea è di sviluppare un movimento in grado di cambiare la cultura e la società: «Il giornale – prosegue infatti don Oreste – vuole creare una sensibilità ed operare per una coscientizzazione nei confronti di quanti ignorano o di quanti figurano di ignorare i fatti e le loro cause. Noi vogliamo che anche altri, come noi, incomincino ad intervenire per combattere le ingiustizie e le situazioni di emarginazione affinché ci si possa unire, comunità cristiana, gruppi politici, sindacati, associazioni, ed handicappati stessi, per fare un serio lavoro politico sia su obiettivi concreti, come la prevenzione, l’inserimento nel lavoro, sia su un progetto ed una strategia di trasformazione della società.» Una visione che accompagnerà tutto lo sviluppo dell’Opera avviata da don Oreste, e che rilancerà con forza nel suo ultimo intervento pubblico, il 19 ottobre 2007, alla Settimana sociale dei cattolici a Pisa: «È arrivata l’ora dell’azione, della concretezza. (…) occorrono strategie comuni da attuare (…) Ma dobbiamo vedere i fatti. La gente si sente tradita tutte le volte che ripetiamo parole di speranza ma non c’è l’azione», e un monito ai cattolici: «La devozione, senza la rivoluzione, non basta». Un incontro di redazione a Rimini, nel 2003. Don Oreste Benzi, appena divenuto giornalista, ha assunto il ruolo di direttore responsabile del giornale, partecipando attivamente agli incontri mensili di redazione in cui si sceglievano i temi da trattare.
Foto di Viviana Viali
Perché il giornale oggi
A cinquant’anni dal lancio, colpisce l’estrema attualità di quel primo editoriale di don Oreste. Rileggendolo oggi, applicato all’attuale momento storico, possiamo individuare cinque punti chiave che possono orientare il nostro giornale, sia nella versione Magazine che on line.
Una fonte affidabile. Lo sviluppo del web, i social network e ora i contenuti prodotti direttamente dall’intelligenza artificiale, offrono un flusso continuo di informazioni che crea disorientamento. Un giornale, curato da giornalisti che operano nel rispetto della deontologia professionale, rappresenta un punto di riferimento sicuro per chi vuole tenersi aggiornato e capire i fenomeni sociali
Una funzione storica. L’obiettivo di «trasformazione della società» lanciato da don Oreste comporta un processo evolutivo che va documentato, per essere consapevoli dei passi compiuti e delle nuove sfide da affrontare. “Sempre” lo fa da 50 anni e continuerà a farlo, e il suo “archivio”, consultabile presso il Centro di documentazione della Comunità Papa Giovanni XXIII, rappresenta un patrimonio prezioso, tant’è che ogni libro finora uscito su don Oreste e la sua opera fa continuamente riferimento a questo archivio.
Una visione generale ispirata alla "Società del gratuito". Lo sviluppo dei social network e la profilazione che ci mostra sul web solo contenuti collegati ai nostri presunti interessi, alimentano visioni settoriali e spesso autoreferenziali della realtà. “Sempre” offre una panoramica trasversale, in cui singole tematiche come la pace, l’affido familiare, la tutela della maternità, le disabilità, le dipendenze, la tutela dell’ambiente, sono ricondotte a quella visione complessiva di trasformazione della società proposta da don Oreste, che nel corso degli anni ha preso il nome di “Società del gratuito”.
Un approccio ai temi sociali tuttora innovativo. Rispetto a cinquant’anni fa, la società è cambiata: i grandi istituti contro cui si manifestava, oggi non esistono più e si è sviluppata una rete territoriale di servizi, almeno in Italia. Ma molto resta da fare per passare dall’assistenza alla condivisione e dalla “riduzione del danno” alla rimozione delle cause che creano l’emarginazione. Solo in questo modo si può garantire uno sviluppo umano che sia non solo più giusto ma anche economicamente sostenibile.
Un giornale di movimento. Pur sviluppandosi come associazione ecclesiale, che prevede una adesione e il riconoscersi in un unico “carisma”, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha mantenuto la caratteristica di movimento capace di aggregare chiunque aderisca a obiettivi comuni di giustizia. “Sempre”, voluto da don Oreste «come strumento di collegamento e riflessione”, supera i confini associativi e, grazie anche alla nascita di Semprenews.it, si rivolge a davvero tutti, anche semplici viaggiatori nel web, portando un messaggio di speranza e un invito all’azione.
Anche oggi ci sono persone che, come Silvio, vogliono vivere ma non sanno trovare da sole le vie per vivere, vogliono partecipare ma non trovano chi dia loro spazio, vogliono parlare ma non trovano chi le aiuti ad esprimersi.
Per questo la missione continua, sempre.