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19 Giugno 2019

Nuove armi italiane in consegna per la guerra in Yemen

Pronte all'imbarco le navi in arrivo dall'Arabia Saudita; da Genova a Cagliari mobilitazioni e proteste
Nuove armi italiane in consegna per la guerra in Yemen
Foto di Luca Zennaro - Ansa
Dura presa di posizione anche di Papa Francesco. Il contributo della Papa Giovanni XXIII
Lancia l'allarme, fra gli altri, Rete Italiana per il disarmo: il 20 giugno arriveranno in Italia altre navi-cargo saudite, col rischio fondato che si carichino nei porti del nostro Paese armamenti diretti in Arabia Saudita. La stessa Arabia impegnata ormai da quattro anni in una guerra criminale in Yemen che finora ha causato oltre 60mila morti a causa di bombe, molte fabbricate in Italia dalla tedesca RWM, e milioni di sfollati.

Papa Francesco contro la vendita di armi

«Tante volte penso all’ira di Dio che si scatenerà con i responsabili dei paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre: questa è ipocrisia, è un peccato». La denuncia, durissima, è arrivata dal Santo Padre lo scorso 10 giugno, in occasione del discorso alla 92ª Riunione delle opere di aiuto alle Chiesa orientali (Roaco).

Con parole accorate e piene di dolore Papa Francesco ha attaccato il traffico di armi, riaccendendo i riflettori anche sul dramma della Siria e sulle dense nubi che sembrano riaddensarsi su di essa, in un momento che vede crescere il rischio dell’aggravarsi della crisi umanitaria. «Quelli che non hanno cibo, quelli che non hanno cure mediche, che non hanno scuola, gli orfani, i feriti e le vedove levano in alto le loro voci», denuncia Francesco.

Dunque, porti chiusi alle navi che salvano vite umane nel Mediterraneo, porti spalancati alle navi che caricano armi per le guerre in Africa e Medio Oriente, da dove proviene la maggior parte dei migranti. È questa, secondo Papa Francesco, l’ipocrisia di un Europa che parla di pace mentre produce e vende armamenti e respinge chi scappa da quelle guerre.

«Gridano le persone in fuga ammassate sulle navi, - ha continuato il Pontefice - in cerca di speranza, non sapendo quali porti potranno accoglierli, nell’Europa che intanto apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti, capaci di produrre devastazioni che non risparmiano nemmeno i bambini».

Una posizione che per la Chiesa Cattolica non è nuova: nell’enciclica Sollicitudo Rei Socialis di Papa Giovanni Paolo II(1987) si legge: «Se la produzione delle armi è un grave disordine che regna nel mondo odierno rispetto alle vere necessità degli uomini e all'impiego dei mezzi adatti a soddisfarle, non lo è meno il commercio delle stesse armi. Anzi, a proposito di questo, è necessario aggiungere che il giudizio morale è ancora più severo (…)»

I portuali di Genova bloccano le navi cargo

Solo poche settimane fa a Genova e a Cagliari è approdata la compagnia Bahri Yanbu, la più grande flotta della monarchia saudita composta da sei navi-cargo. A Genova, grazie alle proteste e alla mobilitazione delle associazioni e dei lavoratori portuali il carico incriminato è rimasto a terra; a Cagliari con un blitz inaspettato e inquietante sono stati caricati 44 container (per un totale, si stima, di circa 6mila bombe) partiti oramai per Gedda.

Una presa di posizione forte sul tema delle armi che vengono prodotte in Sardegna e vendute ai partner dell'Arabia Saudita impegnati nei combattimenti nello Yemen è arrivata nei giorni scorsi anche dalla Comunità Papa Govanni XXIII; il Presidente Giovanni Paolo Ramonda l'ha dfinita «Una situazione aberrante per cui migliaia di bambini sono vittime».  

«La Bahri Yanbu non è riuscita a caricare a Genova i materiali militari destinati all’Arabia Saudita per la guerra in Yemen che nel 2018 ha provocato una media di 100 vittime civili a settimana; tutto ciò è accaduto grazie alle nuove strade dell’obiezione di coscienza e professionale, che affermano ancora una volta la supremazia della propria coscienza sulle armi e rivendicano il diritto ad un lavoro socialmente utile, ecologicamente compatibile ed eticamente corretto», ha commentato in quell'occasione Laila Simoncelli, avvocato della Comunità Papa Giovanni XXIII.

La dichiarazione di Giuseppe Conte sulle armi

Il Presidente del consiglio Giuseppe Conte il 28 dicembre 2018 ha dichiarato – davanti alla stampa nazionale e internazionale – che «il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze». 
 

Commerci che violano Costituzione e Trattati internazionali

Sia la normativa italiana che il Trattato dell’Onu sul commercio di armi offrono gli strumenti giuridici e legali per sospendere queste forniture. Ma è soprattutto nella Costituzione Italiana che la supremazia della coscienza viene sancita.

«Oltre al ripudio della guerra (art.11), si riconosce il legame tra lavoro e dignità umana nell’articolo 3 e nell’art. 4 dove, dopo aver definito il lavoro un diritto, si indica il dovere di ciascuno di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Mentre all’art. 41 si afferma esplicitamente come l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in modo da recar danno alla dignità umana», spiega l'avvocato Laila Simoncelli.

«Il mercato internazionale degli armamenti è uno scandalo che prevede triangolazioni, operazioni coperte, commerci segreti in violazione di ogni legge nazionale ed internazionale», continua.

Intanto in Yemen si combatte

Poche settimane fa i caccia sauditi hanno colpito con un missile l’ospedale rurale di Kitaf, a un centinaio di chilometri da Saada, nel nord-ovest dello Yemen: sette persone sono rimaste uccise, fra loro anche quattro bambini. Ogni giorno l’aviazione comandata dal principe Mohammed bin Salman scarica ordigni, anche prodotti in Italia, su bersagli civili inermi.

Codice A4447 è il numero inciso sulle bombe italiane da 500 a 2mila libbre sganciate sullo Yemen e prodotte dalla RWM in Sardegna, riporta Rete Disarmo.