«Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!». Queste le parole che ci ha lasciato papa Francesco nel Messaggio Urbi et Orbi, quasi il suo testamento spirituale. «Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria».
La popolazione è esausta. Dall’inizio della guerra sono decine di migliaia i morti, molti dei quali minori, e 20 mila orfani. In realtà i numeri potrebbero salire perché non si sa quanti sono sepolti sotto le macerie. Dalla fine del 2023 a oggi, i territori palestinesi, in particolare Betlemme e Hebron, hanno affrontato una serie di sfide significative, sia sul piano economico che sociale. Dopo i tragici eventi del 7 ottobre 2023 delle milizie di Hamas contro la popolazione in Israele e la successiva violenta reazione dell’esercito israeliano, le condizioni di vita della popolazione di Gaza sono drammatiche. Anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est la situazione si è fortemente deteriorata.
In questo contesto ragazzi ed adulti sono cresciuti con la convinzione che non sia possibile realizzarsi nel contesto locale e decidono quindi di lasciare la città di Betlemme e dintorni per iniziare una nuova vita lontano dal loro Paese.
Negli ultimi 10 anni la Conferenza Episcopale Italiana – grazie ai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica – ha sostenuto 145 i progetti in favore della Terra Santa per oltre 47 milioni di euro. Piccoli semi che, anche in contesti così difficili, cercano di generare speranza. Come il progetto della rete Pro Terra Sancta che mira a rafforzare l’identità personale di circa 2.000 giovani palestinesi proprio nelle aree di Betlemme ed Hebron.
Promuovere percorsi formativi e culturali a partire dall’acquisizione della consapevolezza sul proprio patrimonio culturale è uno strumento per cercare di rispondere alle tensioni sociali interne e ridare fiducia ai ragazzi. Sono stati così strutturati itinerari formativi per i giovani studenti delle aree di Betlemme ed Hebron sul patrimonio storico, artistico, culturale ed archeologico del territorio. Nel contempo si è dato avvio a un percorso professionalizzante per “SCA” Socio-Cultural Animator in Palestina, offrendo opportunità lavorative a servizio dei pellegrini e della propria comunità.
Infine, nella prospettiva del bene comune, si è strutturato un corso con l'obiettivo di formare e responsabilizzare le nuove generazioni creando dei momenti di incontro e condivisione. A tal fine, si è pensato anche di organizzare una rassegna letteraria coinvolgendo scrittori locali ed incentivando la partecipazione della comunità, sia cristiana che musulmana.
Ogni attività è stata caratterizzata da rischi e difficoltà diverse che hanno però come matrice comune la guerra in corso e la condizione di lavoro in un territorio dove la presenza di checkpoint rende difficile lo spostamento fra le città all’interno degli stessi Territori Palestinesi.
Una delle iniziative è stata The longest Fire. In collaborazione con un’artista francese, Marianne Thibault, ospite del centro culturale Dar Al Majus nel mese di giugno 2024, è stata svolta una ricerca sulla violenza, la memoria e l’identità.
«Un’iniziativa coinvolgente – raccontano Ahmad e Yosef, due dei ragazzi che hanno partecipato al laboratorio –. Ci siamo confrontati con persone che vivono in luoghi di conflitto, e poi, sintetizzando quello che ci aveva più colpito, abbiamo inciso alcune frasi su tavolette d'argilla realizzate con terra locale. Le tavolette sono state in seguito esposte».
«Le attività previste – spiega il coordinatore del progetto – sono pensate affinché i giovani possano acquisire maggiore fiducia in se stessi e negli altri e sviluppare una profonda consapevolezza riguardo alle risorse personali e dei territori in cui vivono. In questo modo si vuole incoraggiare la loro creatività e sostenerli affinché diventino soggetti attivi, animati dal desiderio di crescere e realizzare insieme, in una prospettiva di condivisione e di pace, i loro progetti di vita e le loro aspirazioni all’interno del contesto di appartenenza».
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8 per mille: cos'è e come firmare