Topic:
31 Marzo 2021
Ultima modifica: 31 Marzo 2021 ore 11:17

Disubbidiranno alla legge per aiutare i migranti

Le perquisizioni non fermano i due pensionati di Trieste
Disubbidiranno alla legge per aiutare i migranti
Foto di Francesco Cibati
Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, fondatori di Linea D'Ombra, sono accusati di favoreggiamento dell'immigrazione per le loro attività di sostegno ai migranti sulla Rotta balcanica. In un webinar annunciano: continueremo nel nostro impegno.
«L'accusa rivolta verso di noi, di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, è paradossale. È un gesto per colpire chi si occupa di migranti. Ma non ci farà cedere nemmeno di un passo: continueremo a fare quello che facciamo, finché non ce lo impediranno fisicamente».

Queste sono le parole, trasmesse in diretta il 13 marzo su youtube, di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, i fondatori di Linea d’Ombra, un’organizzazione di volontariato che opera in supporto delle persone in transito tra Trieste e la Bosnia, dove il fenomeno migratorio si sta manifestando in tutta la sua crudezza.


La perquisizione e le accuse

Docente di filosofia in pensione di 84 anni lui, psicoterapeuta di 67 anni lei, rilanciano dopo l'irruzione in casa della polizia avvenuta il 23 febbraio 2021. La perquisizione della loro abitazione avvenuta quel giorno rientra fra le attività investigative compiute della Digos di Trieste.

La coppia, insieme ai medici dell'organizzazione umanitaria informale di Trieste La strada si.cura, dal febbraio 2019 è presente in piazza della Libertà, da loro rinominata “Piazza del mondo”. Qui ogni giorno passano persone stremate che raggiungono l’Italia anche dopo dieci, venti giorni di cammino sulla rotta balcanica dei migranti. Arrivano a Trieste dopo aver attraversato terreni impervi e inospitali sia dal punto di vista geografico che sociale.

Lorena e Gian Andrea sono finiti sotto le attenzione degli inquirenti per aver ospitato migranti in transito, ma soprattutto per essersi fatti recapitare del denaro a loro destinato, attraverso i money-transfer internazionali. Un’operazione non consentita dalla legge, che loro motivano così: «Non operiamo per puro spirito umanitario, ma spinti dalla missione politica di colmare il vuoto lasciato dall’Europa».

E durante il webinar raccontano il proprio impegno quotidiano: «I migranti arrivano stanchi e feriti. In gran parte sono piccole escoriazioni, spesso infette e possono aggravarsi velocemente. Versano in situazioni psicologiche difficili, hanno fame, si sono abbeverati per giorni agli stagni. Con i volontari di Linea d’Ombra cerchiamo di creare un clima di socialità e di fratellanza con loro, piuttosto che di “aiuto umanitario”».

Linea d’ombra era nata da poco quando a marzo 2020 scoppiò l'emergenza Covid-19, ma pure durante il lockdown di quell'anno non si sono mai fermati.

Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir in Bosnia
Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir in Bosnia
Foto di Francesco Cibati


In quel periodo le istituzioni si sono completamente disinteressate al loro operato. «Hanno delegato — raccontano — completamente ai volontari la cura dei migranti che arrivavano, nonostante tutto, costantemente in Piazza della Libertà».
E continuano: «Verso fine 2020 l'interesse da parte delle istituzioni alla questione si è tradotto in un’azione repressiva fatta di respingimenti verso la Slovenia e, a cascata, verso Bosnia e Croazia».

Fornasir e Franchi non esitano a definire i respingimenti "vere e proprie deportazioni": «I migranti venivano prelevati direttamente sui sentieri, appena passato il confine, presi dai loro rifugi di fortuna in città, o fatti scendere dai treni in partenza dalla stazione. Altri, che si erano dichiarati in questura nella speranza di poter formalizzare la domanda di asilo, sono stati rimandati in Slovenia».

I racconti delle violenze perpetrati ai confini, raccolti dalla coppia, sono agghiaccianti; parlano di polizia croata che spezza metodicamente le gambe dei migranti: «Spezzano la loro possibilità di camminare, di andare avanti e di crescere», denuncia Lorena Fornasir. «Dopo questa mattanza vengono portati in Bosnia; qui li aspettano gli incubi del freddo e di campi profughi che riportano alla memoria i lager della seconda guerra mondiale. Chi riesce a sopravvivere riprova "il game" ancora e ancora, finché non riesce a raggiungere l’Italia e fare richiesta d’asilo».

Il 10 gennaio 2021 è stato accolto un ricorso contro i respingimenti illegali, presentato in Italia da un gruppo di avvocati che hanno raccolto le testimonianze dei migranti scampati all'inferno.

L'attivista picchiato e rimandato indietro: la storia

«Fra le persone respinte e torturate durante l'attraversamento dei Balcani — riporta la coppia — c'è Amir Labbaf. Difensore dei diritti umani, è fuggito dall’Iran dopo aver subito numerosi arresti e torture. Durante il viaggio dall’Iran alla Bosnia (dove l'abbiamo incontrato) ha presentato richiesta d’asilo in ogni Paese in cui ha fatto tappa; richieste che sono state puntualmente respinte». Una volta in Croazia Amir si sarebbe consegnato alla polizia croata, che per tutta risposta l'avrebbe malmenato per rimandarlo poi in Bosnia. Qui si sarebbe buttato in un dirupo, spaccandosi le vertebre lombari, per fuggire ad investimento voluto.

Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, frame dal collegamento
«Avevo dato la mia identità per ricevere dei soldi da una famiglia di migranti»
Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, frame dal collegamento: «Noi non ci fermeremo»
Foto di Operazione Colomba


«L'incidente — continua il racconto — l'ha lasciato semi-paralizzato e l'ha costretto ad un ricovero in Croazia. Per tutta risposta la polizia croata l'ha prelevato, già in condizioni gravissime; i poliziotti l'hanno caricano su un furgone dove è stato picchiato selvaggiamente. Poi l'hanno spogliato e abbandonato sul ciglio di una strada di campagna; qui l'ha salvato un camionista di passaggio».

E la dura conclusione: «Amir è ancora in un campo informale sulle montagne bosniache, senza cure adeguate ed ancora in pericolo». Per salvare la vita di Amir, e con lui una storia simbolo, Gian Andrea e Lorena hanno attivato una petizione rivolta alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, chiedendo l'attivazione di un corridoio umanitario.

«Vogliamo creare una cultura di umanità e di solidarietà verso chi sta subendo un trattamento disumano, di cui l’Europa tutta dovrebbe vergognarsi», conclude.