Foto di Tabea
La guerra in Ucraina sta causando una pericolosa crisi ambientale, ma c'è ancora speranza per l'uomo e per la natura. Nella Giornata Internazionale dell'ONU per la Prevenzione dello Sfruttamento Ambientale in Guerra, parliamo del messaggio del community garden Rozsadnyk, un progetto per coltivare piante insieme e distribuire ortaggi nella città.
Il community garden Rozsadnyk nella città di Lviv, iniziato da di Diana Popfalushi, 29 anni, è nato con l'obiettivo di affrontare la crisi ambientale, aumentata esponenzialmente a causa della guerra in corso sul suolo ucraino. Oggi è importante parlarne perchè il 6 novembre è la Giornata Internazionale dell'ONU per la Prevenzione dello Sfruttamento Ambientale in Guerra, istituita nel 2001 proprio per sensibilizzare sul binomio ambiente-guerra. Infatti, il danno ambientale è uno degli effetti indiretti della guerra che troppo spesso viene sottovalutato, ma che rappresenta un enorme problema. Oltre alle morti e alle distruzioni dovute a battaglie e bombardamenti, ci sono degli effetti a medio-lungo termine che vanno a danneggiare l’ambiente gravemente e hanno ripercussioni sulla soppravvivenza dell'uomo. Così, il male della guerra permane anche dopo l’arrivo della pace. Si tratta di inquinamento dell’acqua e dell’aria, di deforestazioni e distruzioni di habitat e zone coltivabili. L’inquinamento del suolo attraverso ordigni inesplosi, ad esempio, rende tossiche le falde acquifere, mentre le sostanze rilasciate nei corsi d’acqua e nell’aria danno origine a piogge tossiche. Oltre a questo, ci sono le tonnellate di rifiuti da smaltire e la quantità preoccupante di anidride carbonica che viene dispersa durante gli scontri e gli spostamenti di mezzi da guerra. Ad esempio, gli incedi ai pozzi di petrolio avvenuti durante la prima guerra del Golfo (1990-1991) rilasciarono mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica nell’aria e vennero dispersi oltre 700 milioni litri di petrolio nelle coste, creando spaventosi laghi di petrolio.
Ucraina: una vittima della guerra moderna
Storicamente, i danni ambientali dei conflitti hanno iniziato a peggiorare esponenzialmente dagli anni Sessanta, ricordando in particolare le tragedie della guerra del Vietnam. E oggi l’utilizzo di nuove tecnologie e armi moderne non fa altro che esasperare il pericolo sempre di più, con presenza di sostanze estremamente tossiche all’interno dei materiali utilizzati. Il conflitto che affligge l’Ucraina, ne è il triste esempio. Già nel 2023, Green Peace ha fornito una mappa dei danni ambientali elaborata in collaborazione con la ONG Ecoaction, Ucraina, sottolineando la gravità della situazione. Acqua e suolo inquinati ostacolano l’agricoltura, mentre l’obiettivo militare di colpire le infrastrutture elettriche e industriali ha rilasciato sostanze tossiche nell’ambiente e causato inondazioni. Oltretutto, secondo uno studio coordinato da Lennard de Klerk, in un solo anno di conflitto sono stati bruciati o danneggiati 280.000 ettari di foresta e molte specie animali sono minacciate dall’estinzione. Infine, l’utilizzo illegale di armi al fosforo bianco aumenta ulteriormente la contaminazione dell’ambiente.
Non si tratta solo di habitat e foreste: è provato che gli effetti sull’ambiente si riversano sul settore dell’agricoltura e sulla salute della popolazione, ad esempio attraverso la contaminazione dell'acqua e dell'aria, in aggiunta al fatto che danneggiare il bioma dove viviamo ha sempre ripercussioni anche su di noi. Inoltre, il danno all’ambiente affligge l’economia ucraina: «è stato stimato che il costo di tale danno è di circa 32 miliardi di dollari» riporta la UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo). Va considerato che anche la ricostruzione in Ucraina avrà un impatto negativo per l’ambiente, motivo per cui risulta necessario iniziare a discutere fin da subito del futuro e della ricostruzione sostenibile del Paese.
La resilienza della natura e dell’uomo
Fortunatamente, a fianco dell'impegno dell'ONU rimarcato in questa Giornata, sono nati dei progetti locali che vogliono affrontare il problema dell'ambiente nei conflitti armati, porgendo un meraviglioso esempio di resilienza. Uomo e natura, insieme, possono sopravvivere a questo disastro: lo dimostra il progetto del community garden Rozsadnyk (giardinaggio comunitario) dove le persone si riuniscono per coltivare vegetali e piante, con l’obiettivo di sfamare le persone sfollate e rifornire i ristoranti. Secondo Diana, questo modello rappresenta un modo per affrontare in modo sostenibile la ricostruzione alla pace e superare la crisi ambientale. Ma non è solo questo, il giardino-orto diventa un modo per prendersi cura della comunità e per favorire l’unione – che da troppo tempo si fonda sull’odio e sulla paura. «Vedevo il giardino come più di un semplice luogo per coltivare cibo: era un posto dove persone di diverse generazioni si riunivano, ripristinando un senso di comunità mentre si riconnettevano con la natura. Col tempo, è diventato un vivace centro comunitario, unendo le persone e favorendo un impegno condiviso per la sostenibilità e la pace» riporta la ragazza su UNDP e aggiunge: «Il progetto del giardino mi ha mostrato che riconnettersi con la natura è fondamentale per costruire resilienza». Il risultato positivo di questo progetto non si limita all’ambiente, ma cura le persone e mostra speranza per il futuro. Infatti il community garden rappresenta anche una risorsa educativa, portando consapevolezza riguardo il tema della crisi ambientale e climatica, promuovendo un modo diverso e positivo per affrontarlo insieme, unendo tutte le generazioni. Nonostante il suo ammirevole beneficio, tale iniziativa limitata ad una città non sarà sufficiente a risolvere la crisi ambientale del Paese. Insieme a progetti locali di questo tipo, è necessario continuare a lavorare a livello statale per raggiungere il prima possibile la pace e per fondare una collaborazione internazionale per la ripresa del Paese che metta al primo posto l’umanità e l’ambiente. La Giornata Internazionale del 6 novembre vuole ricordare questo impegno e vuole spronare le istituzioni ad attuare strategie sostenibili e pacifiche, perchè la guerra uccide anche la natura e se la natura soffre, l’uomo soffre con essa.