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7 Dicembre 2022

Un viale alberato avvicina l'Italia all'Albania

Trent'anni fa immigrarono in Italia e furono accolti a Bologna. Oggi sono imprenditori e fanno loro un dono alla città.
Un viale alberato avvicina l'Italia all'Albania
Foto di Alessandro Pantani
Arrivati come profughi, oggi diventati imprenditori, restituiscono il favore finanziando la ristrutturazione di un viale che collega Villa Pallavicini alla città.
L'8 agosto 1991 al porto di Bari avvenne il più grande sbarco di immigrati della storia italiana. Nella città pugliese, distratta dalle vacanze, attraccò una grande nave mercantile - la “Vlora” - talmente stipata di persone che nessuno poteva sedere. Vi erano ventimila albanesi. Il Sindaco, l'unica autorità presente in città, accorso immediatamente, non poté credere ai suoi occhi. «Una marea umana di disperati, assetati, disidratati. Sono persone!”» - ripeté quel giorno.
La dittatura comunista si era sgretolata anche in Albania - in quel momento il Paese più povero d'Europa - ed in tanti, specialmente giovani, cercavano di scappare all'estero in cerca di libertà e speranza. Spesso non viene ricordato che, dopo essere stati rinchiusi allo stadio, la maggior parte degli immigrati fu rimpatriata forzatamente in Albania con undici aerei militari, tre aerei civili, diverse motovedette. E soprattutto con l'inganno. Da allora fu avviato sia un piano di sostegno economico all'Albania sia un piano di flussi migratori regolari.

Un viale alberato, nel luogo in cui furono accolti

Alcuni di quei giovani albanesi furono accolti a Villa Pallavicini a Bologna. Qui trovarono accoglienza, un lavoro e un futuro.
Oggi, dopo trent'anni, sono perfettamente integrati, si considerano sia italiani sia albanesi. Alcuni sono divenuti imprenditori e si sono costituiti nell’associazione “Korabi” allo scopo di aiutare chi ha più bisogno, come fu fatto al loro arrivo, e di restituire a Bologna, al territorio, ai cittadini il bene ricevuto.
Il 28 novembre scorso, festa Nazionale per la Liberazione dell’Albania, hanno inaugurato la lunga strada che collega Villa Pallavicini alla via Emilia che è stata interamente ristrutturata a loro spese.

«Cercavamo una strada. L’abbiamo trovata».

«Siamo un gruppo di persone che ha fatto strada - commenta Astrit Poti, presidente dell’Associazione Korabi, che prende il nome dalla montagna più alta dell’Albania - ma non ci dimentichiamo da dove veniamo e chi ci ha accolto. Questa strada rappresenta molto per noi perché ci ricorda l’accoglienza, i sacrifici, la paura e la speranza. Dopo il buio del regime, cercavamo una strada. L’abbiamo trovata».
 A fargli eco è Luigi Laffusa, rappresentante della cultura arbëreshë anch’egli socio fondatore dell’associazione: «Noi arbëreshë siamo pienamente italiani da generazioni e congiuntamente portiamo avanti le tradizioni e la lingua degli albanesi giunti in Italia nel XV secolo per fuggire dall’invasione ottomana. Si possono annoverare alcune personalità illustri appartenenti alla nostra cultura come Giovanni Crispi, Antonio Gramsci, Enrico Cuccia e Stefano Rodotà. Vogliamo con quest’iniziativa contribuire alle quotidiane attività di Villa Pallavicini volte all’accoglienza dei bisognosi e alla loro piena integrazione».
 All'inaugurazione erano presenti l’arcivescovo di Bologna, Card. Matteo Zuppi, il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, il vice Ministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami, l’assessore del Comune di Bologna, Simone Borsari.
La strada ristrutturata è un lungo viale alberato che unisce Villa Pallavicini, luogo di accoglienza e speranza, alla via Emilia e quindi alla città. Una strada che, oggi come trent’anni fa, unisce e avvicina Italia e Albania.