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9 Marzo 2021

Vaccini anti Covid-19: perché i brevetti vanno superati

Vaccini scoperti a tempo di record grazie a fondi pubblici, ma interessi privati impediscono che arrivino a tutti.
Vaccini anti Covid-19: perché i brevetti vanno superati
Foto di Daniel Dal Zennaro
La pandemia per essere sconfitta richiede una risposta globale. Eppure ci sono Stati che hanno già vaccinato quasi la metà della popolazione e altri che sono a zero. Perché questa disparità e quali soluzioni ci sono? Ce lo spiega l'ex medico missionario che oggi all'ONU monitora il rispetto dei diritti umani.
Appena poco più di un anno fa, l’11 febbraio 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità riuniva a Ginevra 400 scienziati da tutto il mondo per definire una strategia comune di contrasto alla pandemia che si stava diffondendo a causa del nuovo coronavirus, al quale era stato da poco attribuito un nome: Covid-19.
Di fronte ad una minaccia globale senza precedenti per rapidità di diffusione, sembrava che gli interessi aziendali e nazionali passassero stavolta in secondo piano. Ci si aspettava una piena condivisione delle conoscenze a livello internazionale, per mettere a punto in tempi rapidi un vaccino in grado di fermare la pandemia. A distanza di meno di un anno il vaccino è effettivamente arrivato, anzi di vaccini ne sono arrivati diversi e altri sono in fase di sperimentazione, ma la strategia comune mondiale sembra essere svanita.
La mappa mondiale delle vaccinazioni  fa emergere una grande disparità tra Stati: Israele ha ormai vaccinato il 44% della popolazione, il Regno Unito ha superato il 10%, l’Italia come altri Paesi europei è ancora sotto il 3%.  E poi c’è il grande problema dei Paesi più poveri, che rischiano di venire esclusi anche quando i vaccini saranno disponibili in maggiore quantità.
Da più parti arrivano appelli affinché i vaccini e le cure per fermare il Covid-19 siano resi disponibili gratuitamente a tutta la popolazione mondiale.
Anche la Comunità Papa Giovanni XXIII, impegnata in 45 Paesi del mondo, è intervenuta con un comunicato il 12 febbraio in cui aderiva all’appello del Dicastero della Santa Sede per lo sviluppo umano integrale e di Caritas Internazionalis a favore dell’«equo accesso ai vaccini anti Covid», e invitava i membri dell’Organizzazione mondiale del commercio a «lavorare insieme per assicurare che i diritti di proprietà intellettuale, quali i brevetti, i disegni industriali, i copyright etc. non creino barriere alla pronta disponibilità, produzione e distribuzione dei prodotti medici contro il COVID-19, inclusi i vaccini.»
Ad oggi però questi appelli sembrano inascoltati.
 
Ne parliamo con la dottoressa Maria Mercedes Rossi, che oltre ad essere rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII presso la sede di Ginevra delle Nazioni Unite, ha anche una competenza professionale in materia in quanto negli anni ha conseguito una specializzazione in malattie infettive a Bologna, un diploma internazionale in Medicina tropicale ed Igiene al Royal Medical Institute di Londra e un Master in Salute Pubblica ad Anversa, e per 20 anni ha operato come medico missionario in Zambia combattendo in particolare contro l'AIDS.
Mara Rossi alle Nazioni Unite, Ginevra
Foto di Alessio Zamboni

 
Dottoressa, di fronte a emergenze di carattere mondiale come questa, ci si aspetterebbe che l’ONU prendesse in mano la situazione e dettasse le linee, superando gli interessi nazionali. Dal monitoraggio che state portando presso la sede di Ginevra delle Nazioni Unite, le risulta che si stia procedendo in questo senso?
«Il 17 febbraio 2021 il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, intervenendo alla riunione aperta del Consiglio di Sicurezza sulla garanzia di un accesso equo ai vaccini anti-COVID-19 in contesti interessati da conflitti e insicurezza, ha detto chiaramente che “sconfiggere il COVID-19, ora che abbiamo iniziato ad avere la capacità scientifica per farlo, è più importante che mai. Il lancio dei vaccini COVID-19 sta generando speranza. In questo momento critico, l'equità sui vaccini è la più grande prova morale che la comunità globale si trova di fronte. Dobbiamo fare in modo che tutti, ovunque, possano essere vaccinati il più presto possibile”.
Ci sono state in questi ultimi mesi anche dichiarazioni dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, del Direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, di alcuni Relatori Speciali delle Nazioni Unite e anche in questi giorni in cui si sta svolgendo la 46a sessione del Consiglio dei Diritti Umani, molti Stati Membri e la società civile, inclusi noi dell’APG23, hanno sollevato l’appello all’accesso universale ai vaccini e ai farmaci anti-Covid-19.»

Dove si gioca la partita dei vaccini 

Oltre agli appelli sono state date indicazioni operative? 
«Le Nazioni Unite, assieme ad altri partner istituzionali e del settore privato, hanno predisposto una serie di strumenti come COVAX e ACT Accelerator per introdurre principi di equità nella distribuzione di vaccini, trattamenti e strumenti diagnostici a livello globale. L’OMS ha lanciato un invito a tutti i Paesi a lavorare insieme per garantire che, entro i primi 100 giorni dell’anno, la vaccinazione degli operatori sanitari e degli anziani sia in corso in tutti i Paesi del mondo. La campagna, dal titolo #VaccinEquity, invita i Paesi e le compagnie farmaceutiche alla solidarietà per raggiungere questo traguardo prima del 7 aprile 2021, Giornata mondiale della Salute. 
Quindi possiamo dire che l’ONU, nel suo insieme, si sta muovendo in questa direzione ma per ora il tutto rimane una pia esortazione, nel senso che dove si gioca in realtà la partita sono gli incontri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e della Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO).»
 
Ci sono strumenti giuridici con cui un organismo sovranazionale potrebbe obbligare le aziende che hanno prodotto i vaccini a svincolarli dai diritti di proprietà, o almeno a consentire la produzione a terzi su licenza?
«Uno strumento giuridico utilizzabile è la possibilità data dalle cosiddette TRIPS flexibilities dell’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, noto come accordo TRIPS, che è un trattato internazionale promosso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), e approvato nel 1994, al fine di fissare lo standard per la tutela della proprietà intellettuale e cioè dei brevetti.»
 
Come può influire l’accordo TRIPS sulle politiche a tutela della salute pubblica?
«Nella conferenza dell’OMC tenutasi a Doha nel novembre del 2001, è stata adottata la Dichiarazione di Doha sull'Accordo TRIPS e la salute pubblica, che propone soluzioni flessibili, implicite nell’accordo TRIPS, per combattere in modo efficace malattie come l’HIV/AIDS, la tubercolosi o la malaria e per garantire l’approvvigionamento dei principali medicinali dei Paesi in via di sviluppo. Alla vigilia della sesta Conferenza ministeriale (Hong Kong, 13-18 dicembre 2005) i membri dell’OMC hanno approvato, il 6 dicembre 2005, una modifica dell'Accordo TRIPS tesa a migliorare l’accesso dei Paesi in via di sviluppo ai medicinali. La modifica consente di concedere licenze obbligatorie per la fabbricazione e l'esportazione di medicinali brevettati, nei Paesi che non dispongono di sufficienti capacità di produzione e che si trovano di fronte a crisi di salute pubblica.» 

Soldi pubblici, profitti privati

Perché finora queste “licenze obbligatorie” non sono state applicate per combattere il Covid-19?
«A mio avviso perché ancora una volta gli interessi nazionali dei Paesi ricchi e più sviluppati, e le pressioni e gli interessi delle case farmaceutiche, prevalgono sulla causa del bene comune. Manca la volontà politica da parte degli Stati che hanno più voce in capitolo. Bisogna inoltre sottolineare la contraddizione tra i forti investimenti pubblici nella ricerca per lo sviluppo dei vaccini anti-Covid e il mantenimento della logica di mercato nella gestione dei brevetti che ne sono conseguenti, nonché nei meccanismi di allocazione dei vaccini e di definizione dei prezzi, il che genera ingiusti e inappropriati profitti a spese dell'interesse collettivo e delle risorse pubbliche investite.» 
 
Se per i Paesi ricchi il problema è di poter accedere rapidamente a dosi sufficienti di vaccino, per quelli poveri il rischio è di venire completamente esclusi.
«La situazione è molto complessa. Per i Paesi in via di sviluppo, o come preferisco chiamarli io “impoveriti”, non si tratta solo di poter accedere alla produzione dei vaccini e farmaci saltando i vincoli creati dai brevetti e producendo i “vaccini/farmaci generici” ma di avere il know how e le infrastrutture per poterlo fare. A monte vi sono cause strutturali profonde da rimuovere, tipo la trappola del debito estero, le sanzioni applicate ad alcuni Paesi, lo sfruttamento continuo delle risorse. È sicuramente una grande ingiustizia non rendere i vaccini e farmaci anti-Covid disponibili a tutti e lasciare indietro proprio chi è più vulnerabile! È anche una grande contraddizione rispetto agli impegni presi da tutti gli Stati membri dell’ONU nell’adozione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.»
 
A parte l’ingiustizia dal punto di vista dei diritti umani, in quanto medico quale rischio intravede per quanto riguarda l’evoluzione della pandemia?
«La difesa degli interessi nazionali da parte dei Paesi ricchi è una politica miope, perché il nostro è un mondo completamente interconnesso e per il fatto che la pandemia non conosce confini. Il non assicurare le vaccinazioni anche nei Paesi in via di sviluppo diventa un rischio grandissimo per tutti, qualcosa che si ritorce contro.»

La proposta di India e Sudafrica di sospendere i vaccini

India e Sudafrica hanno proposto all’Organizzazione mondiale del commercio di sospendere i brevetti e i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini e le cure anti Covid almeno fino a quando la popolazione mondiale non avrà raggiunto la cosiddetta immunità di gregge. Pensa che questa proposta possa essere accolta? O ci sono altre iniziative analoghe?
«È una proposta valida che ha ottenuto il sostegno di molti Stati membri dell’OMC, di organizzazioni internazionali (OMS, UNAIDS, Unitaid), di economisti come Joseph Stiglitz, di oltre 400 organizzazioni della società civile impegnate nel mondo per l’accesso ai farmaci essenziali. La Santa Sede si è espressa con una posizione forte a sostegno della soluzione indicata da India e Sudafrica. Un lungo testo di appoggio alla deroga sui brevetti è stato sottoscritto nei giorni scorsi da diversi Rapporteurs dell’ONU, e più di 100 europarlamentari hanno chiesto alla Commissione europea di cambiare posizione negoziale e non ostacolare l'avanzamento di questa proposta. Una decisione era attesa al Consiglio Generale dell'OMC di inizio marzo ma è stata rimandata. Sui negoziati ancora in corso pesa il mancato appoggio - e in alcuni casi l'opposizione - da parte di Stati Uniti, Unione Europea, Regno Unito ed altri Paesi occidentali, e al momento è difficile prevedere se si potrà raggiungere il consenso necessario per l'approvazione.»
Mara Rossi
La dottoressa Mara Rossi durante un intervento presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra

 
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha tra gli obiettivi della propria presenza presso le Nazioni Unite la promozione del diritto globale alla salute. C’è una azione da parte delle ONG per promuovere questo diritto di fronte alla nuova pandemia? Ci sono iniziative a cui possono aderire i singoli cittadini o le organizzazioni civili?
«Come APG23 abbiamo fatto un comunicato stampa sulla questione dell’accesso universale ai vaccini e la nostra delegazione a Ginevra ha presentato proprio in questi giorni due interventi orali al Consiglio dei Diritti Umani con l’appello a superare gli ostacoli esistenti per rendere i vaccini accessibili a tutti. Diverse organizzazioni della società civile, tra cui Medici Senza Frontiere, hanno promosso petizioni circolanti nel web per fare pressione su questa questione: si possono firmare a livello personale e come organizzazioni. Come abbiamo affermato nel nostro comunicato stampa e nei nostri interventi all’ONU, è venuto il momento di rispondere alle problematiche globali con un rinnovato impegno per il multilateralismo e la cooperazione internazionale, nell'ascolto del grido dei poveri e della nostra casa comune. È venuto il momento di soluzioni giuste e lungimiranti a problemi come l'iniquità del debito estero dei Paesi impoveriti, che li priva delle risorse necessarie per la salute e la protezione sociale dei propri cittadini. È venuto il momento di rivedere radicalmente le spese militari, a beneficio di una umanità che soprattutto in questo momento chiede pace e non guerra, medicine e non armi, vaccini e non bombe.»