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24 Settembre 2025
Ultima modifica: 24 Settembre 2025 ore 09:31

Valerio Lessi: il giornalismo e la tonaca lisa

Il giornalista riminese che diede un nome a don Benzi si confessa, a più 30 anni dalla prima biografia che ha svelato la figura del sacerdote al grande pubblico.
Valerio Lessi: il giornalismo e la tonaca lisa
Foto di Riccardo Ghinelli
In occasione del centenario della nascita di don Oreste, il giornalista e scrittore riminese, autore della prima biografia di don Oreste Benzi, riflette sulla sua carriera, la passione per le figure di fede e la forza con cui affronta la malattia.

È del giornalista Valerio Lessi il merito di aver pubblicato la prima biografia di don Oreste Benzi, il sacerdote riminese di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Con il suo libro-intervista Con questa tonaca lisa del 1991, ha donato a don Benzi un appellativo iconico, capace di fissare nell'immaginario collettivo la figura di un sacerdote rivoluzionario che ha segnato la storia sociale ed ecclesiale italiana. 
 
Nato a Bellaria il 31 gennaio del 1957, Lessi ha lavorato per testate come il Resto del Carlino e Il Messaggero, fino a co-fondare e ricoprire il ruolo di vicedirettore de La Voce di Rimini. La sua carriera, che dagli anni '80 lo ha visto muovere i primi passi tra radio e TV locali per poi approdare negli anni 2000 al giornalismo online con Buongiorno Rimini, è costellata da più di una ventina di libri, prevalentemente biografie di santi, beati e personalità con una forte dimensione religiosa. 
Con Sempre, la casa editrice fondata da don Oreste, ha pubblicato il suo ultimo libro Alle fonti di un carismadedicato al sacerdote e recentemente ha scritto la prefazione al libro La mistica della tonaca lisa sul cammino spirituale di don Oreste della postulatrice Elisabetta Casadei.
Nonostante le sue precarie condizioni di salute che lo costringono su una sedia a rotelle, Lessi non ha perso la sua vena ironica. Lo abbiamo incontrato nella sua casa di Rimini, dove ci ha condotto attraverso un viaggio intimo nella sua storia personale. 

Foto di Riccardo Ghinelli
  Chi è Valerio Lessi?

«Sono nato in una famiglia di umili origini. Della mia famiglia sono l’unico ad aver studiato: liceo scientifico, poi due anni in seminario dove ho appreso la cultura teologica, qualche esame di giurisprudenza. Pensavo al sacerdozio, ma ho incontrato Marta, ci siamo sposati e abbiamo avuto quattro figli. La nostra storia si è interrotta nel 2000, ma ci siamo separati senza conflitto. Mi è stata vicino in questo periodo di malattia. Abbiamo deciso di separarci tra noi, ma non dai nostri figli, custodendo ciò che di più importante è nato dalla nostra unione. Tre dei nostri figli si sono sposati e hanno avuto figli, quindi penso che abbiano avuto una esperienza positiva di famiglia.» 
 

Quando è nato il tuo interesse per il giornalismo?

«Fin da piccolo. Già alle medie ho confezionato il mio primo giornale. Da lì ho capito che il giornalismo era la mia passione. Ho fatto due scoop importanti: sono stato l’unico a intervistare il presidente del Tribunale che condannò Vincenzo Muccioli (il fondatore della Comunità di San Patrignano (RN), che fu poi ripresa da tutti i giornali e l’intervista esclusiva a Franca Falcucci, l’allora Ministro dell’istruzione.» 
 

L'incontro con il prete della "tonaca lisa"

Quando hai conosciuto don Oreste Benzi?

«A 14 anni, partecipando a un campo a Canazei. Ricordo in particolare un incontro nel salone del “Madonna delle vette”, tutti insieme a cantare “se non ritornerete come bambini” e poi la gita sulla Marmolada, guidati da lui con i ramponi fino alla cima. Era un sacerdote fuori dal comune, sempre vicino ai giovani. Poi mi sono avvicinato a CL, ma ogni volta che lo incontravo era una festa.»
 

Come è nata l'idea di scrivere Con questa tonaca lisa?

«Sentivo spesso don Oreste perché mi occupavo di Chiesa e temi sociali. Quando lo intervistavo non la finiva più. “Don Oreste, devo fare un articolo, non un libro”, gli dicevo. Poi, riascoltando le interviste mi sono reso conto che di cose da dire ne aveva davvero tante. Così gli proposi il libro e lui accettò. Abbiamo fatto almeno dieci incontri: in canonica, altri in auto. Ogni tanto aveva dei colpi di sonno e mi diceva: “Dammi dieci minuti e poi mi sveglio”. Pensavo: “Ormai è andata” e invece dopo dieci minuti si risvegliava davvero e riprendevamo l’intervista da dove l’aveva interrotta. Registravo a nastro, poi sbobinavo e gli facevo rileggere tutto. Certe risposte le ampliava, se non lo convincevano.» 

 
Perché il titolo Con questa tonaca lisa?

«Parlavo con l’editore Guaraldi, che chiese: “Che titolo mettiamo?”. Gli raccontai che mi aveva colpito in particolare una risposta, in cui don Oreste spiegava il perché andava in discoteca vestito con quella tonaca lisa: «I giovani mi devono vedere così, con questa tonaca e vedere che sono un prete”. “Bellissimo, mettiamo questo titolo”. Così è nato il titolo che è diventato il suo soprannome
 

Sei autore di numerose biografie di santi. Da dove nasce questa passione?

«Mi piace verificare l’impatto della fede nella storia e raccontare la storia di una persona, magari candidata a diventare beata o santa, perché trovo che la vita delle persone che hanno vissuto la fede in maniera eroica sia davvero interessante. Ad esempio, Il Salve Regina lo ha scritto Ermanno lo storpio, rattrappito a causa della sclerosi multipla. Invece ha scritto una preghiera sublime, così come ha scritto libri di astronomia per decantare la bellezza del cielo, tanto che lo chiamavano “Stupor mundi” cioè lo stupore del mondo. Recentemente ho scritto le biografie di Teresa di Lisieux, Piergiorgio Frassati e Moscati. Mi affascina vedere come la fede si incarna nelle fragilità e nelle grandezze dell’animo umano

Un mistico imperfetto

Che cosa ti ha colpito di più di don Oreste, rispetto ad altri protagonisti delle tue storie?

«L’ho conosciuto nella quotidianità, con le sue debolezze umane: anche quando si addormentava durante una conversazione, per poi tornare pienamente lucido.  Non è nato santo, come giustamente ha sottolineato la postulatrice Casadei nel suo nuovo libro (La mistica della tonaca lisa - n.d.r), ma ha fatto un percorso nella grazia. Il fascino di don Oreste era che non proponeva se stesso, ma Gesù, collegando sempre la fede alla vita. E questo attraeva.» 
 

Quali sono gli insegnamenti o i messaggi di don Benzi che ritieni più attuali e urgenti per la società odierna?

«Che la fede nasce da un incontro: l’incontro simpatico con Cristo, e quello con gli altri, specialmente chi ha bisogno. L’altra cosa: la disponibilità immediata verso l’altra persona. Ho visto gente che lo interpellava continuamente, anche in maniera insistente, che io avrei mandato a quel paese e invece lui era sempre disponibile, paziente e accogliente.» 
 

La fede è un elemento ricorrente nella tua vita e nelle tue opere. In che modo ti ha sostenuto, nel tuo percorso professionale come giornalista e scrittore?

«La fede per me è importante sia a livello personale che professionale. Mi è capitato che persone da me intervistate mi ringraziassero perché avevo colto bene la loro anima. Io credo che questo non sia dovuto solo a capacità professionali, ma anche a uno sguardo di fede che ti aiuta a capire la parte più interiore delle persone, ti accorgi dello sguardo, del sorriso. Potrei dire che la fede è un corso di formazione professionale permanente»

Sofferenza e gratitudine

Ti ha aiutato anche ad affrontare le sfide personali, in particolare quest'ultimo anno di malattia, che a causa del diabete, ti ha costretto ad un lungo ricovero in ospedale?

«Tutti si stupiscono di come la sto affrontando con serenità: è una fatica certo, ma nella fede tutte le cose che accadono diventano occasione di incontro con Gesù. In questi mesi mi sono capitate cose e incontri che senza la malattia non mi sarebbero capitati. Sono venute a trovarmi persone che non vedevo da anni.  Anche questo di oggi con voi, forse non sarebbe avvenuto senza la malattia. Come diceva don Oreste, è attraverso le circostanze della vita che incontriamo e impariamo ad amare Gesù. Le circostanze della vita sono il mezzo che ci fa vivere la nostra vocazione.» 

Ti senti un uomo graziato?

«Oggi vedo davvero tutto questo come l'ultimo regalo di Gesù.»