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20 Marzo 2023
Ultima modifica: 20 Marzo 2023 ore 09:53

La prostituzione è fatto privato. Il contrasto diventa pubblico.

A Roma il 17 marzo la Via Crucis contro la tratta delle donne. Le testimonianze.
La prostituzione è fatto privato. Il contrasto diventa pubblico.
Foto di Martina Pascaretta
L'associazione di Don Oreste Benzi, insieme alla Diocesi di Roma, illumina le strade per denunciare un fenomeno che continua, lontano dai riflettori, a mantenere le donne schiave del racket.
Nonostante gli ultimi anni, pandemici e non, abbiano minato la stabilità dell’uomo non solo come “animale sociale”, ma anche come produttore, l’industria della tratta degli esseri umani, paradossalmente prolifera sempre di più.

In particolare la tratta nel mondo riguarda principalmente donne e bambini, solo nel 2020 sono stati individuati ben 534 diversi flussi mondiali riconducibili alla tratta di esseri umani (Persons 2020 dell’UNODC).

La commercializzazione del corpo umano, privato della propria dignità, porta a considerare quest’ultimo merce e oggetto: così si alimenta quella che è una vera “industria”. Esempio eclatante di come la tratta prolifera sia piena crisi, è stata la pandemia del Covid-19, durante la quale si stima che le presenze di donne in strada siano calate di circa due terzi e che quindi, lo sfruttamento della prostituzione, sia iniziato ad avvenrie ormai quasi esclusivamente indoor: negli appartamenti.

Le vittime di questo mercato disumano, hanno subito così ulteriore violenza, prigioniere nella propria casa, dei loro sfruttatori o anche dei loro clienti. Questo rende le donne vittime di tratta ancora più invisibili e difficilmente contattabili da chi vorrebbe offrire loro un’opportunità di riscatto.

Fiaccole di notte lungo le strade di Roma
Via Crucis antitratta organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e dalla Diocesi di Roma, 17 marzo 2023
Foto di Martina Pascaretta

Nonostante lo scenario contemporaneo sia profondamente desolante, la sensibilizzazione è strumento principale scelto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e dalla Coordinamento diocesano anti-tratta della Diocesi di Roma, nel continuare il proprio impegno nella lotta alla tratta.

La Via crucis che si è tenuta a Roma il 17 marzo, per la libertà e contro la tratta degli esseri umani, è stata un’importante e profondo esempio di lotta all’indifferenza.

Gli organizzatori, commemorando il percorso doloroso di Gesù verso la sua crocifissione, hanno ripercorso il grande dolore di tutte le vittime di tratta. La Via crucis, intitolata significativamente “Libera la vita”, ha illuminato Viale Marconi, una delle tante strade Romane dove si consuma la schiavitù della prostituzione: «Siamo qui per far sì che tutte le vittime trovino il coraggio di liberarsi, non è facile ma si può realizzare, insieme», ha spiegato Enkolina Shqau, animatrice generale del servizio anti-tratta dell'associazione di Don Benzi.

Le testimonianze

Guidata dal Vescovo Dario Gervasi, la preghiera veniva alternata ad importanti testimonianze di vittime ormai libere; inoltre ogni stazione era segnata da una “parola-simbolo”: prendimi la mano, cercami, aiutami, costudiscimi ecc. La quindicesima stazione è stata contrassegnata dalla parola-simbolo “Grazie”: la preghiera ha accompagnato Karol, 26 anni Nigeriana, ex vittima di tratta, la quale ha trovato non solo la libertà, ma anche il coraggio di condividere con i presenti la sua storia.

Così Karol: «Oggi vorrei tanto dire grazie a chi mi ha aperto la porta della sua casa, a chi ha asciugato le mie lacrime, a chi mi ha incoraggiato ad andare a scuola, a chi mi ha curato, a chi mi vuole bene e grazie a chi sogna insieme a me, e per me un bel futuro».

«Non dobbiamo mai voltarci dall’altra parte»: queste le parole del Vescovo Gervasi in chiusura della Via crucis. Un invito ad aprire i cuori e non essere più indifferenti.

"Dare voce a chi non ne ha una", è stato il cuore dell’evento. La scelta di esserci come figure di riferimento per una nuova vita, fuori dalla schiavitù.

Aldo Capitini, pedagogista italiano teorico della non-violenza, sollecitava «ad un continuo impegno pratico, alla creatività, al fare qualche cosa, se non si può far tutto, purché ogni giorno si faccia qualche passo in avanti». È importante dunque considerare le azioni contro la tratta non semplicemente come impegni etici, bensì come azioni profondamente pratiche, volte a tutti: schiavisti e schiavi.

L’evento tenutosi a Roma, come tanti altri che ci sono stati e che verranno, sono occasione per prendere coscienza della disumanità che circonda, armandosi non solo di buone intenzioni, bensì di azioni nuove che investano nelle relazioni, per il cambiamento.