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6 Settembre 2022

In Brasile la favela italiana

Si chiama Villa Parolin e fu fondata da un italiano che emigrò in Brasile per cercare fortuna.
In Brasile la favela italiana
Foto di Gianluca Uda
Molti abitanti di Villa Parolin, un quartiere centrale della città brasiliana di Curitiba, hanno discendenze italiane. Il degrado sociale e la droga tolgono spesso ogni ambizione di futuro. Ma qualcuno ce la fa.
Antonio Parolin caricò moglie e figli e raggiunse la grande nave. Era la fine dell’ottocento e Antonio decise di cercare la fortuna in Brasile, scappando dalla fame e dalla miseria. I suoi sette figli erano tutti molto piccoli e il viaggio fu lungo e faticoso. Di origine veneta, come l’attuale presidente Bolsonaro, Antonio pensò che avrebbe trovato una sorte migliore nel sud del Brasile e non in Argentina, come fecero tanti suoi connazionali. Così Antonio e la sua famiglia arrivarono a Curitiba, una città dove tutt’ora ci sono numerosi discendenti di italiani, in buona parte emigrati dal Veneto. Antonio Parolin era un muratore e costruì la sua casa in stile coloniale. Ora, nello stesso luogo, sorge Villa Parolin, il quartiere centrale di Curitiba, che nel suo epicentro ospita la nota favela Parolin, il posto più pericoloso della città.

La favela Parolin

È un ammasso di baracche, costruite con materiali di recupero. D’italiano, qui in favela, non c’è rimasto nulla, solo qualche Fiat rubata e nascosta tra i cespugli. I narcotrafficanti controllano tutta la Villa e di notte vogliono le macchine con le luci interne accese: loro devono vedere chi sei, altrimenti non entri. La droga fa parte del flusso sanguigno della “comunità” (qui la parola “favela” viene usata solo da chi vuole parlarne male): c’è chi ci vive, c’è chi ci muore, ma soprattutto c’è chi attraverso essa s’illude di essere felice. Diogo, per esempio: a lui essere lucido non piace, ha otto figli, fa il muratore e tutti i giorni è lui a portare la spesa a casa.
macerie favela
Matto è poco, così è scritto all'entrata di case di uno degli abitanti di villa Parolin in Brasile.
Foto di Gianluca Uda

Il cuore italiano della città

Molte persone che vivono a Curitiba hanno cognomi italiani e molti dei 5000 abitanti di Villa Parolin sono discendenti di quegli immigrati italiani che con il loro lavoro e sacrificio contribuirono a costruire la città. Il mito italiano è molto forte a Villa Parolin: il fatto di appartenere, anche se in minima parte, a un popolo occidentale è una sorta di vanto. Ma i tempi sono cambiati e chi nasce a Villa Parolin difficilmente ne esce.Il perimetro della Villa non è molto ampio: il quartiere sorge sui lati di un fiume che ogni inverno trasborda inondando le case che sono sul confine. Nessuno degli abitanti paga la luce, ma si collegano direttamente da quella pubblica. Una delle fonti principali di guadagno della popolazione locale è quella dello spaccio del crack. Nella Villa questa droga costa molto meno e di sera giungono da tutta la città centinaia di persone alla ricerca spasmodica di un po’ di crack. Il clima di tensione e insicurezza che si viene a creare, molto spesso sfocia in feroce violenza.

Bruna: una storia di riscatto

Le origini italiane contaminano la cucina locale: gli abitanti di Villa Parolin amano la pasta al pomodoro e questo piatto è anche la specialità di Bruna.
Di discendenza italiana, Bruna è nata a Villa Parolin, ha quattro figli e un marito dipendente dal crack. La sua non è una vita facile. La sua casa, sprovvista del bagno, è molto piccola e umida. Di giorno con un carretto Bruna è costretta a vagare per le strade della grande metropoli di Curitiba alla ricerca di cartoni e plastica da poter rivendere. Ma nemmeno questo è sufficiente per poter sfamare i quattro figli. Ad un certo punto decide di andarsene da lì: con l’appoggio di una zia prende tre dei suoi figli e se ne va alla ricerca di una vita migliore. Una vita lontana dalle botte del marito in preda alle crisi d’astinenza, una vita lontano dalle sparatorie notturne, una vita lontana da tutta quella miseria. Purtroppo non è riuscita a portare con sé la figlia più grande, perché la ragazza purtroppo si è fatta corrompere dalla Villa ed ha deciso di rimanere lì.
madre brasiliana favela
Una ragazza quindicenne brasiliana in compagnia di sua cugina aspetta la nascita di suo figlio
Foto di Gianluca Uda

Un posto infernale ma difficile da abbandonare

La storia di Bruna è fuori dal comune, perché generalmente se nasci a Villa Parolin, ci muori anche. Bambini costretti a portare la droga con sé facendo i corrieri, donne che molto spesso decidono di prostituirsi per poter sopravvivere. Le faide tra famiglie per il controllo dello spaccio finiscono in tragedia, trasformandosi in vendette che poi non arretrano con il tempo, ma si amplificano. Spesso ci rimettono la vita persone innocenti, la cui unica colpa è quella di essere imparentati con qualcuno che gestisce un giro di droga. Molti vivono tappati in casa per paura di essere uccisi per vendetta.
Gli abitanti di Curitiba ignorano la vita di Villa Parolin, ne hanno paura e non vogliono in alcun modo collaborare con loro. Per questo gli abitanti del quartiere fanno fatica a trovare un riscatto che li porti via da lì. Il Covid ha ulteriormente peggiorato la situazione: il quartiere è stato isolato ancora di più e la politica locale lo ha abbandonato.
padre con bambino favela
L'ultimogenito di Bruna insieme a suo padre che accudisce il suo bambino all'interno di una baracca di Villa Parolin
Foto di Gianluca Uda

Nuova dignità al quartiere

Alcuni movimenti locali stanno cercando di dare dignità al quartiere, raccontandone la storia e i problemi, ma il percorso è all’inizio e non è facile distruggere uno stereotipo.
Bruna ha avuto coraggio e fortuna, ora è diventata un piccolo mito di questo quartiere: lei ce l’ha fatta. Ma tutto ha un prezzo: Bruna non potrà mai più tornare alla Villa, perché verrebbe uccisa. Il suo coraggio però sta diventando un esempio che in molti vorrebbero seguire e si congiunge al mito dell’italiano che andandosene via per una vita migliore. L’unico problema è trovare il coraggio di lasciare la propria casa, perché anche se un luogo è dannato e tu ci nasci, per te quel luogo rimarrà per sempre casa tua.