Giovani, lavoratori, operatori, educatori dei progetti Cicetekelo e Rainbow e membri Apg23 raccontano l'impatto che la Comunità Papa Giovanni XXIII ha avuto nella loro vita.
Nel corso di questi quarant’anni, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha intrecciato la propria storia con quella dello Zambia, costruendo giorno dopo giorno una presenza fatta di ascolto, accoglienza e condivisione. Per festeggiare questo importante anniversario esce
il libro "Una storia a colori in Zambia", dove, oltre a raccontare la storia di come sia partita la presenza della Apg23 in Africa, si dà voce a chi ha vissuto in prima persona questa avventura: membri della Comunità in Zambia, ragazzi di strada che hanno trovato una nuova famiglia, educatori, lavoratori, operatori e altre persone che, a vario titolo, hanno camminato accanto a questa realtà.
Le testimonianze raccolte sono come uno specchio che riflette la bellezza degli incontri vissuti in questi anni: ogni persona accolta - bambini, anziani, uomini e donne in difficoltà - è stata un dono prezioso per la Comunità, arricchendola con la propria storia e umanità. Allo stesso tempo, la Comunità Papa Giovanni XXIII continua a essere per molti un punto di riferimento, costruendo insieme i mondi vitali nuovi in cui nessuno è escluso.
I membri della Comunità Papa Giovanni XXIII in Zambia
Anthony Bantungwa, 63 anni, condivide la sua vita con i ragazzi del progetto Cicetekelo, seguendo la loro crescita spirituale. È membro Apg23 dal 1995.
Christine Kantu ha 57 anni ed è parte della Comunità Papa Giovanni XXIII dal 1997. Christine condivide la sua vita accogliendo i poveri nella sua casa e collaborando con le suore di Bethany. È anche ministro straordinario della Comunione nella cattedrale Cristo Re di Ndola. «La cosa che mi ha colpito quando ho incontrato per la prima volta la Comunità Papa Giovanni XXIII è stato l’amore e la cura per i poveri; il modo in cui la Comunità mostrava amore per i bambini abbandonati, i poveri, i disabili» racconta Christine. «Sono stata toccata dal fatto che alcuni membri dell’Associazione siano venuti ad aiutare la nostra gente come missionari. A mio avviso, gli eventi più significativi nella storia della Apg23 in Zambia sono stati gli incontri durante le giornate comunitarie con don Oreste: averlo tra noi è stata una grande benedizione. Anche il summit africano (incontro tra le zone Apg23 presenti in Africa) è stato un grande risultato, perché abbiamo potuto scambiare idee, condividere esperienze ecc.»
Susan Mwenya condivide la sua vita nella casa famiglia chiamata “Fatima Home” a Mansa. Ha 56 anni ed è membro Apg23 dal 2003.
Prudence Mubanga, 48 anni, condivide la sua vita nel progetto Rainbow a Kitwe Kamatipa, è stata confermata membro Apg23 nel 2003, è sposata e madre di tre figli.
Daisy Kumwenda è parte della Comunità dal 2003, ha 56 anni e condivide anche lei nel progetto Rainbow. Daisy è sposata, ha due figli biologici e due in affido. «Quello che mi ha toccato il cuore quando ho conosciuto la Apg23 è stato il modo di condividere la vita direttamente con gli ultimi» spiega Daisy. «Penso che l’esperienza più significativa sia la speranza che la Comunità ha portato nella mia vita e in quella della mia famiglia e, in generale, nelle vite di molte persone della società: le loro vite sono cambiate e i sogni si sono realizzati».
Clement Mwamba ha 48 anni ed è entrato a far parte della Comunità nel 2004. Clement condivide la sua vita con i bambini del progetto Cicetekelo e con i ragazzi di strada. È sposato e padre di quattro figli.
Victoria (Adin) Bayungi, 54 anni, è membro Apg23 dal 2007. Victoria, attualmente non condivide la vita comunitaria in nessuna realtà specifica, ma partecipa ai momenti comunitari.
Doris Mwenya ha 63 anni ed è parte della Comunità dal 2011. Partecipa attivamente alla vita comunitaria come animatrice di nucleo e segue la formazione delle persone che vogliono approfondire la conoscenza della vocazione Apg23 (Periodo di Verifica Vocazionale)
Cynthia Milambo, di 41 anni, è sposata e lavora fuori dalla comunità. È membro Apg23 dal 2011 e partecipa agli incontri comunitari ogni tanto. «Il modo di vivere, in particolare la condivisione diretta della vita con gli ultimi della società, mi ha motivato a conoscere meglio la Comunità Papa Giovanni XXIII» racconta Cynthia. «Ho vissuto questa esperienza con il progetto Rainbow a Kantolomba, dove ho condiviso la mia vita con i poveri e ciò mi ha dato gioia e felicità. Penso che uno degli eventi più notevoli nella storia della Comunità in Zambia sia stata la visita di don Oreste: abbiamo potuto vedere come le persone con cui condividiamo la vita esprimevano la loro felicità nel vedere e salutare il fondatore. È stato un momento meraviglioso».
Gilbert Mulenga Kaela, 52 anni, è parte della Comunità dal 2018 e condivide la sua vita con i giovani delle realtà comunitarie. «Ciò che mi ha colpito di più – dice Gilbert – sono stati l’unione tra noi e i momenti di preghiera. I momenti più significativi che ho vissuto in questi anni sono stati il summit africano e quando il vescovo ci ha fatto visita».
Christine Mwewa, 56 anni, è membro Apg23 dal 2016 e lavora nella segreteria della Comunità Papa Giovanni XXIII. «Fin dall’inizio mi ha colpito molto l’opera di misericordia e carità che la Comunità sta facendo ancora oggi. Penso siano notevoli tutti i progetti che sono stati realizzati, ad esempio il progetto Cicetekelo, l’aiuto agli anziani, ai giovani e alle persone con disabilità». Christine condivide la sua vita con gli anziani e presso la casa famiglia Holy Family Home, dove vengono ospitati anche i Caschi Bianchi. Ha una figlia, una nipote e Maxi, un figlio di Comunità. È un ministro straordinario per la Comunione nella cattedrale Christ the King di Ndola ed è animatrice di nucleo.
Gloria Gozza e Stefano Maradini: «Sono passati trent’anni da quando Stefano e io abbiamo messo piede per la prima volta in Zambia. Trent’anni di vita, di missione, di sfide e di grazia. E ancora oggi, quando ci guardiamo indietro, non possiamo che ringraziare per il cammino che ci è stato donato. Rimanere in Zambia, costruire qui la nostra vita, è stata una scelta profonda, che affonda le sue radici in una chiamata interiore. Una chiamata che non era fatta di segni eclatanti, ma che cresceva giorno dopo giorno: nella concretezza dei volti incontrati, nelle mani da stringere, nelle vite da accompagnare. Una chiamata che parlava d’amore per questa terra e per la sua gente. Abbiamo attraversato momenti difficili – malattie, incomprensioni, mancanze, solitudini – ma ogni volta qualcosa, o meglio Qualcuno, ci ha dato la forza di andare avanti. Perché il bene che vogliamo a questo Paese, alle persone che ci hanno accolti, ai fratelli e alle sorelle che ci camminano accanto, è più grande di ogni ostacolo. È qui che ci siamo incontrati, è qui che ci siamo sposati. È qui che sono arrivati i nostri figli, che hanno corso scalzi sulla terra rossa, che hanno imparato che il mondo è molto più grande delle nostre paure. È qui che sono passati decine e decine di volontari, amici, compagni di strada. La nostra casa è stata un crocevia di sorrisi, di accenti diversi, di racconti e condivisioni, ma anche fatiche! Oggi, guardando a questi trent’anni, non possiamo che dire: ne è valsa la pena. Nonostante tutto. O forse proprio grazie a tutto.»
Oltre a questi membri già confermati nella vocazione della Comunità Papa Giovanni XXIII in Zambia, ci sono anche 3 persone che stanno facendo il percorso di verifica vocazionale:
Judith Katayi,
Charles Mumba Mwamba e
Shadrek Mwanza.
In questi anni alcuni hanno dato il loro prezioso contributo vivendo la vocazione della Comunità e ora sono tra le braccia del Padre misericordioso. Tra loro ricordiamo:
John Chikusela, Charles Machila, George Miti, Matildah Kantu, Esther Kaoma, Elias Mwango e Chibilo Munshya. Quest’ultimo, in un’intervista che risale al 2008 aveva raccontato: «Ricordo ancora la visita di don Oreste Benzi. Riuscì a fermarsi un poco per vedere cosa facevo con Filippo e come lo facevo e rimase molto colpito. Mi disse: “Tu hai la vocazione. Voglio che tu ti unisca a noi nella Comunità”».E così è stato. Sono orgoglioso di essere identificato con la Comunità Papa Giovanni XXIII e del fatto che molti fratelli e sorelle in Zambia e nel mondo abbiano scelto questa vocazione. Welcome! Benvenuti! Karibu sana! Bien venus! Mwaiseni mukuwai!».
Testimonianze dai progetti
Le testimonianze che seguono sono molto toccanti: tanti giovani raccontano con parole semplici, ma cariche di significato, cosa rappresenta per loro il progetto Cicetekelo. Sentiremo anche le voci dei lavoratori, educatori, operatori del progetto Cicetekelo e del progetto Rainbow.
Felix Simwanda: «Mi chiamo Felix e la mia vita è stata profondamente influenzata dall'Associazione Papa Giovanni XXIII. Nel 2002, grazie a un insegnante di Cicetekelo, il signor Bwalya, sono entrato nel progetto di Nkwazi, che mi ha dato la possibilità di cambiare la mia vita. La mia famiglia viveva in difficoltà economiche e, purtroppo, ho dovuto affrontare numerose perdite, ma grazie al sostegno che ho ricevuto dall'Associazione, sono riuscito ad andare avanti. Anche se inizialmente mi sentivo insicuro e le difficoltà non mancavano, l'Associazione mi ha dato il supporto psicologico e la motivazione necessaria per non arrendermi. Con il tempo, sono riuscito a completare gli studi con successo, e ho iniziato a lavorare. Da più di 10 anni lavoro con impegno nella gelateria Gigibontà, che collabora con il Cicetekelo Youth Project, e questo lavoro mi ha permesso di essere indipendente e di sostenere me stesso. Nel corso degli anni, l'Associazione è stata sempre al mio fianco, specialmente nei momenti più difficili della mia vita. Ho perso tutti i legami di sangue stretti, ma il supporto di Gloria Gozza e Stefano Maradini mi ha dato la forza di continuare. La loro presenza costante e il loro incoraggiamento mi hanno permesso di non perdere la speranza. Grazie di cuore per tutto ciò che avete fatto per me. Il percorso che ho affrontato non è stato facile: ci sono stati momenti difficili, complicati e dolorosi. Ma grazie al vostro supporto, la mia vita ha preso una direzione nuova. Continuo ad apprezzare profondamente l’aiuto che mi avete dato, e ne sarò sempre grato e onorato. Vi auguro di essere sempre benedetti in tutto ciò che fate. Grazie ancora, davvero. Guardando indietro, sono grato per il cammino che l'Associazione ha reso possibile. Mi ha dato gli strumenti per superare le sfide e per lavorare su me stesso, insegnandomi a non arrendermi mai e a credere in un futuro migliore. Senza l'Associazione Papa Giovanni XXIII, non sarei riuscito a superare tanti ostacoli e a raggiungere i traguardi di oggi.»
Maxildah Musoke
«Mi chiamo Maxildah e sono supervisore del Programma Nutrizionale in Zambia per il progetto Rainbow della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ho iniziato a collaborare con la Comunità nel 2002. Attualmente coordiniamo 12 centri nutrizionali, dove ci occupiamo di assistere bambini malnutriti di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni. Il nostro lavoro è centrato sulla cura e la prevenzione della malnutrizione infantile. In ogni centro, una volta a settimana incontriamo le madri dei bambini per svolgere diverse attività fondamentali: pesiamo i bambini, controlliamo il loro stato nutrizionale e di salute, offriamo dimostrazioni pratiche di preparazione del cibo, e teniamo incontri formativi sulla salute. Collaboriamo strettamente con le cliniche e gli ospedali locali, in modo da garantire un intervento tempestivo ed efficace nei casi più gravi o quando è necessaria un’assistenza medica più approfondita. Per me, svolgere questo lavoro è molto più di una semplice professione: è una vera missione di vita. Vedere i bambini riprendersi, tornare a sorridere, prendere peso e ritrovare le energie è una gioia immensa. Mi dà forza, motivazione e un profondo senso di gratitudine. Mi piace questo lavoro perché mi permette di essere utile, di fare la differenza concreta nella vita delle persone, e di accompagnare le famiglie in un cammino di speranza e cambiamento. Ogni bambino che torna in salute è una piccola vittoria che dà senso a tutto il nostro impegno. Desidero inoltre esprimere un sincero ringraziamento alla Comunità Papa Giovanni XXIII, con la quale collaboro da diversi anni. Non solo mi ha dato l’opportunità di crescere professionalmente e umanamente, ma mi è stata accanto anche nei momenti più difficili della mia vita personale, soprattutto durante i periodi in cui ho avuto problemi di salute. Il sostegno ricevuto in quelle circostanze è stato prezioso e non lo dimenticherò mai. Mi sono sentita parte di una vera famiglia, accolta, ascoltata e supportata con affetto e rispetto.
Per tutto questo, sono profondamente grata.»
Webby Chanda: «Voglio ringraziare di cuore il progetto Cicetekelo, e in particolare Stefano Maradini, per essere sempre presente per noi. La sua costante vicinanza e il suo impegno hanno davvero cambiato la mia vita. Mi ha dato tante opportunità, e grazie a lui oggi faccio il lavoro che amo: sono un allenatore di calcio. Finalmente sto vivendo una bella vita insieme alla mia famiglia, e questo per me significa tutto.»
Sefelino Mwananga: «Ho iniziato a lavorare per il Ciceketelelo Youth Project nel 2003 come addetto alla sicurezza. Oggi ricopro diversi ruoli: sono responsabile del mulino, macellaio e addetto alle vendite. Questo percorso di crescita professionale è stato possibile grazie al vostro continuo supporto. Voglio ringraziarvi di cuore per l’aiuto che avete dato a me e alla mia famiglia. Che Dio vi benedica.»
Chiwala Watson: «Voglio ringraziare di cuore Stefano Maradini per il supporto che mi ha dato in tutti questi anni. Grazie a lui ho avuto la possibilità di ricevere un’educazione nella scuola comunitaria del progetto Cicetekelo, fin da quando ero solo un ragazzino, fino al completamento della scuola secondaria. Ringrazio anche l’intera Comunità Papa Giovanni XXIII per offrirci opportunità di crescita continua attraverso corsi di formazione e training. Per me è molto importante il modo in cui, tutti insieme, siamo riusciti a costruire una vera famiglia. Sono grato per aver avuto la possibilità di restare nel progetto anche dopo il mio percorso educativo, e per aver ricevuto l’opportunità di lavorare come coach di basket. Sarò sempre al fianco dei bambini dello Zambia. Credo profondamente nella protezione e nella tutela dell’infanzia, e sono convinto che insieme possiamo raggiungere livelli sempre più alti nella cura e nell’accoglienza dei bambini e dei ragazzi del Cicetekelo.»
Maria Thindwa, operatrice del Progetto Rainbow fin dall'inizio, afferma: «Per me, Rainbow è una salvezza. Mandato da Dio a dare vita alle persone vulnerabili. Persone sono state salvate dalla morte, dall'inutilità e sono diventate persone con uno scopo nella vita. Famiglie sollevate, bambini guariti da ogni tipo di malattia dopo essere stati colpiti dalla malnutrizione. Ho visto bambini che non avevano i mezzi per andare a scuola ora diplomati. Wow, Rainbow è una salvezza. Ringraziamo Dio per averci donato Rainbow!»
Tumbe Chisenga: «Ho iniziato il mio percorso con il Cicetekelo Youth Project a Nkwazi nel 1999. Ho cominciato a frequentare le lezioni e a imparare l’arte dell’artigianato. Il primo oggetto che ho realizzato è stata una maschera di legno. Nel 2009 ho ottenuto il diploma di scuola superiore. Sono profondamente grato per tutto ciò che il progetto Cicetekelo ha fatto per me. Ringrazio innanzitutto per la cura e il sostegno ricevuti fin dal mio ingresso nel progetto. Mi hanno dato un’istruzione, un lavoro, e oggi sono un lavoratore. Sono sposato, padre di 3 figli e felice della vita che ho costruito.»
Gerard Banda: «Vorrei condividere con voi la mia storia. Ho conosciuto l’associazione il 1° gennaio 1999 e, ancora oggi, ne faccio parte. Sono passati 25 anni da allora. All’epoca vivevo in strada e quando sono arrivato al progetto, c'erano già 30 ragazzi prima di me. Dal Cicetekelo Youth Project, e dalle persone straordinarie che ho incontrato lungo il cammino, ho imparato tantissimo: ho acquisito competenze tecniche, come l’uso della tecnologia e l’arte della scultura, ma soprattutto ho imparato come costruire una vita migliore. Sono davvero grato per tutto questo e vi porterò sempre rispetto per il cambiamento che avete reso possibile nella mia vita. Oggi sono un padre responsabile di 6 figli e sono orgoglioso di portare questo nome. Amo quando i miei figli mi riconoscono così: come un padre presente, solido e felice».
Shadreck Mwanza: «Apprezzo profondamente il costante impegno e l’impatto duraturo che l’Associazione, in particolare Gloria Gozza e Stefano Maradini, hanno avuto sul progetto Ciceketelo. Hanno trasformato la vita di molte persone, offrendo sostegno e opportunità a tanti giovani. Sono sinceramente grato per il modo in cui ci hanno guidati, per la loro disponibilità a condividere le loro conoscenze e per la forza con cui ci hanno ispirati. Auguro alla Comunità Papa Giovanni XXIII, a Cicetekelo e alle persone coinvolte ancora molti anni di successi.»
Christopher Mwape
«Mi chiamo Christopher, sono un ex ragazzo del progetto Cicetekelo. Grazie a questo progetto sono cresciuto: ho ricevuto un’educazione completa, dalla prima alla dodicesima classe. Qualche anno fa, al termine del mio percorso formativo all’interno del progetto, mi è stata data l’opportunità di restare prima come volontario e, successivamente, mi è stato offerto un lavoro.
Nella mia vita, poche persone mi sono state davvero accanto, ma tra queste c’è sicuramente la grande famiglia del Cicetekelo Project, che non potrò mai dimenticare. Sono loro ad avermi cresciuto. Gloria e Stefano, per me, sono delle figure straordinarie: ogni giorno danno il massimo per portare avanti un progetto così grande e importante».
Christopher Mulenga: «Sono grato di poter condividere la mia esperienza lavorativa nell’ambito amministrativo del Cicetekelo Youth Project – Comunità Papa Giovanni XXIII, dove ho prestato servizio per quasi vent’anni. Questo lungo percorso ha segnato profondamente la mia vita, contribuendo alla mia crescita personale e insegnandomi il valore della resilienza, della dedizione e dell’amore. Quando entrai per la prima volta nell’organizzazione, vent’anni fa, ero animato da una combinazione di entusiasmo e incertezza. Ricordo ancora il mio primo ingresso al Cicetekelo Youth Project: ad accogliermi, gli sguardi curiosi di bambini che avevano vissuto esperienze difficili, spesso troppo grandi per la loro giovane età. Fu un impatto forte, che accese in me una profonda motivazione a voler fare la differenza nelle loro vite. Nel corso degli anni, ho assistito a trasformazioni straordinarie. Ogni bambino ha portato con sé una storia unica, ma in tutti ho visto brillare una scintilla di speranza. Attraverso il sostegno e le attenzioni ricevute all’interno del progetto, siamo diventati una vera famiglia. Ho visto ragazzi crescere, passando dall’essere timidi e chiusi a diventare giovani adulti sicuri, determinati e pieni di fiducia nel futuro. Naturalmente, non sono mancate le difficoltà. Ci sono stati momenti di dolore, di perdita, giorni in cui il peso delle sfide sembrava troppo grande da portare. Ma proprio in quei momenti ho imparato quanto sia fondamentale la compassione, l’ascolto e la presenza. Ogni ostacolo ha rappresentato un’opportunità per crescere, per diventare più empatico e per offrire un punto di riferimento stabile a chi ne aveva bisogno. Riflettendo su questi vent’anni, posso dire con orgoglio che non ci siamo limitati a offrire riparo e beni materiali, ma abbiamo costruito un ambiente dove i ragazzi potessero sentirsi accolti, liberi di sognare, di imparare e di diventare adulti completi. Insieme a un team appassionato e competente, abbiamo creato programmi che rispondono ai bisogni non solo fisici, ma anche emotivi e psicologici dei nostri giovani. Oggi, mentre condivido queste parole, mi sento profondamente grato per l’opportunità di aver fatto parte delle loro vite. Sono ispirato ogni giorno dalla forza e dalla resilienza di questi ragazzi, e porto con me i loro volti, le loro storie e le loro conquiste. In conclusione, i miei vent’anni all’interno dell’organizzazione rappresentano una testimonianza concreta del potere della speranza e del cambiamento. Sono infinitamente riconoscente per tutto ciò che ho ricevuto e imparato lungo questo cammino, e guardo con entusiasmo ai prossimi capitoli di questa missione. Voglio inoltre esprimere un sentito ringraziamento per la guida, il sostegno e l’ispirazione ricevuti dal direttore Stefano Maradini, così come dalla straordinaria squadra di colleghi con cui ho avuto il privilegio di collaborare.»
Linda Kayombo:
«Cicetekelo è stata una casa per molti di noi. Personalmente, ho vissuto una grande crescita, sia a livello personale che professionale, da quando mi è stata data l’opportunità di entrare a far parte della grande famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Le relazioni e i legami che si sono creati nel tempo con i colleghi, così come con i bambini, hanno trasformato profondamente la mia vita. È stato un cammino che mi ha arricchita, cambiata, e che continuo a portare nel cuore ogni giorno. Il numero 40 ha un significato speciale. Con grande gioia condivido la felicità di celebrare i 40 anni di presenza della Comunità Papa Giovanni XXIII in Zambia: un traguardo importante che testimonia dedizione, amore e servizio verso i più fragili.»
Chisha Mulenga
«Mi chiamo Chisha e da 25 anni collaboro con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Un cammino lungo e significativo, durante il quale ho lavorato per 10 anni all’interno del Rainbow Project e, successivamente, nel Cicetekelo Youth Project. In questi anni ho avuto il privilegio di osservare e testimoniare tantissimi cambiamenti nelle vite delle persone che abbiamo accompagnato. L’impatto del lavoro dell’associazione è stato profondo, sia a livello familiare che individuale. Ho visto bambini, giovani e famiglie risollevarsi, ritrovare dignità e speranza grazie a un sostegno concreto e continuo.
La Comunità Papa Giovanni XXIII porta avanti numerosi progetti che si prendono cura degli altri, sempre con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita. Attraverso attività educative, sanitarie, nutrizionali e sociali, ci impegniamo ogni giorno per costruire un ambiente più giusto e umano, soprattutto per i più piccoli. Anche per me, questo lavoro ha rappresentato una trasformazione personale. Mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi, a comprendere meglio la realtà e le fragilità umane. Un bambino è – e sarà sempre – un bambino: con il diritto di avere opportunità, di sentirsi protetto, di crescere in un luogo sicuro e pieno d’amore. Il mio impegno non è solo professionale, ma anche profondo e personale. Ogni storia, ogni volto incontrato ha lasciato un segno dentro di me. E ancora oggi continuo questo cammino con gratitudine e dedizione.»
Hassan Kalunga: «Sono Hassan, ho 27 anni e sono un ragazzo che in passato è stato accolto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII nel progetto Cicetekelo. Sono cresciuto e sono stato educato con i valori trasmessi da tutti coloro che negli anni hanno collaborato con l’organizzazione. Apprezzo profondamente l’opportunità e la visione strategica che avete portato nel progetto Cicetekelo per bambini e giovani. Il vostro impegno ha trasformato le vite di tanti ragazzi, restituendo loro speranza e fiducia nel futuro. Il progetto ha contribuito alla crescita dei giovani sotto ogni aspetto: spirituale, fisico e mentale. Molti ragazzi e intere famiglie hanno beneficiato dei cambiamenti positivi avvenuti nella vita dei bambini e dei giovani coinvolti. Sono sinceramente grato per la disponibilità, i sacrifici e la determinazione di tutte le persone che sostengono questo progetto, aiutando tanti a ritrovare la strada giusta nella vita. Apprezzo in modo particolare la costanza e l’impegno dimostrati nel tempo, e l’impatto profondo che avete avuto, senza mai lasciare indietro nessuno, neppure chi vive con abilità diverse. Questo è il segno più grande di inclusione e di amore autentico.»
Chiwele Mutambu
«Sono molto felice di condividere la mia esperienza lavorativa con la Comunità Papa Giovanni XXIII e il Progetto Cicetekelo, con cui collaboro da ormai 13 anni. Nel mio ruolo di contabile dell’organizzazione, ho avuto l’opportunità di lavorare con Gloria Gozza e Stefano Maradini, due tra i leader più ispiratori che abbia mai incontrato. La loro capacità di guidare il team con chiarezza, equità e autentica attenzione verso gli altri ha non solo aumentato la nostra produttività, ma ha anche contribuito a creare un ambiente di lavoro positivo e rispettoso. Guidano con l’esempio, valorizzano il contributo di ogni membro del team e sostengono costantemente la nostra crescita – sia a livello professionale che personale e spirituale. La Comunità Papa Giovanni XXIII e il progetto Cicetekelo hanno toccato la vita di tante persone, ridando speranza e dignità a bambini di strada, anziani e persone svantaggiate nella comunità, attraverso vari interventi nei settori dell’istruzione, della salute, dell’accoglienza, dello sport e molto altro. Sono orgoglioso di far parte di questo team. Grazie.»
Christopher Musonda
Mi chiamo Christopher Musonda e sono un giovane membro del gruppo giovanile dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. Ho vissuto nella comunità per 12 anni, e questa esperienza è stata fondamentale per la mia crescita. Far parte del gruppo giovani mi ha insegnato cosa significhi davvero condividere la vita con i poveri.
È stato proprio attraverso il lavoro della comunità che ho capito che Dio vive in ognuno di noi. Sono stato sostenuto dal progetto con il supporto scolastico fino al completamento della scuola secondaria, e in seguito mi è stata offerta anche un’opportunità lavorativa come allenatore di calcio.
Sono profondamente grato per tutto questo. Desidero esprimere la mia riconoscenza per ciò che l’Associazione fa per noi e per tutte le persone che vivono in situazioni di povertà estrema.
Daniel Zyambo: «Era circa il 2000 quando ho incontrato Stefano a Nkwazi, Ndola, in Zambia. All’epoca, insieme a due amici, Patrick Mulenga e il signor Simusokwe, avevamo un piccolo laboratorio di falegnameria dove realizzavamo vari tipi di mobili, tra cui letti a castello.
Un giorno Stefano venne nel nostro laboratorio chiedendoci se potevamo costruirgli alcuni letti a castello. Era il periodo in cui aveva appena avviato il progetto giovanile Cicetekelo a Nkwazi, oggi conosciuto come Cicetekelo Fase Uno. Durante la conversazione ci propose di collaborare e trasferire il laboratorio nella sua sede, poiché il nostro spazio era troppo piccolo. Così, io e i miei amici abbiamo accettato e ci siamo trasferiti da lui. Fu l’inizio del laboratorio di falegnameria Cicetekelo.
All’inizio non avevamo abbastanza macchinari, così Stefano iniziò a procurarsene. Un giorno mi portò a Luanshya per visionare alcuni macchinari presso un laboratorio di falegnameria di un certo signor Patel, e alla fine li acquistò. Abbiamo lavorato con lui per un po’ di tempo, poi i miei due amici se ne andarono e io rimasi da solo. Cominciai così a formare alcuni ragazzi di Stefano, come Mwenya e Chileshe. Collaboravo anche con Charles Machila (che purtroppo è venuto a mancare – possa riposare in pace), membro della Comunità Papa Giovanni XXIII e supervisore del progetto.
Successivamente, lasciai il progetto per seguire un corso biennale in agricoltura generale. Lo completai nel 2003 e cominciai a lavorare in diverse fattorie: prima alla Mine Farm a Chililabombwe, poi alla Royal Farm a Baluba, Luanshya. Non sapevo che Stefano mi stesse cercando: era arrivato fino alla scuola Don Bosco di Chingola, pensando che fossi lì, ma in realtà avevo studiato presso il Flame Tree Farm Training Center, sotto la Diocesi Cattolica di Ndola, con il vescovo Denis De Jong.
Quando lasciai la Royal Farm ed ero disoccupato, un mio compagno di studi, Kiddimiller Kapasa, mi chiamò per dirmi che cercavano un supervisore agricolo nella zona di Minsundu. Accettai il suo invito e mi accompagnò lì: appena arrivato al Cicetekelo Fase Due, fui nuovamente presentato a Stefano, che fu molto felice di rivedermi e mi offrì subito il ruolo di supervisore agricolo.
Dopo alcune settimane, fui trasferito al progetto Mary Christine, dove iniziai a lavorare con persone con disabilità, nel 2008. Dopo un po’, tornai al Cicetekelo Fase Due, questa volta come responsabile agricolo. È qui che mi trovo ancora oggi. Questa è la strada che ho percorso insieme a Stefano Maradini.»
Sokota: «Nei miei 24 anni di lavoro con il Cicetekelo Youth Project, ho potuto testimoniare i grandi progressi compiuti dall’APG23. Questo percorso mi ha aiutato a comprendere come lavorare con persone che affrontano varie difficoltà. L’APG23 ha creato un ambiente inclusivo, dove ogni persona è considerata importante. Ho avuto l’opportunità di interagire con anziani, bambini orfani e vulnerabili, persone con disabilità fisiche e intellettive. Grazie a questo approccio, la percezione della società nei confronti di queste persone è cambiata. Il divario tra chi è privilegiato e chi non lo è si è notevolmente ridotto. I risultati dell’APG23 sono tangibili: ho visto i sorrisi di chi un tempo era ignorato o dimenticato dalla società. La loro trasformazione positiva è fonte di ispirazione e ci ricorda che nella vita nessuno dovrebbe essere considerato “nessuno”. La società stessa ha riconosciuto che APG23 è davvero un creatore di sogni realizzati. Grazie all’APG23 per l’eccezionale lavoro svolto.»
Patrick Mulenga, che insieme a Stefano Maradini ha avviato il progetto Cicetekelo, dice: «L’approccio olistico dei programmi di Apg23 è stato straordinario: ha toccato profondamente molte vite all'interno della società. Le persone emarginate vi hanno trovato un posto, qualcosa che un tempo era quasi un tabù riconoscere o persino immaginare. Le iniziative messe in atto da Apg23 parlano da sole: dalla distribuzione di cibo, al rafforzamento dell’autostima nei bambini vulnerabili, agli anziani, alle persone con disabilità intellettive o fisiche, solo per citarne alcune. Ho avuto il privilegio di far parte di questa fantastica Associazione fino ad oggi, proprio mentre si celebrano i 40 anni di presenza in Zambia. Questo cammino ha reso la vita più significativa, restituendole il vero senso di “UBUNTU”, un antico detto africano che significa “Io sono perché tu sei”: un invito a riconoscerci l’un l’altro come preziosi e uguali, al di là delle nostre abilità o disabilità. Vi saluto e vi onoro nel nome di Gesù.»
Clement Mwamba: «Mi chiamo Clement Mwamba Muma e da 23 anni condivido la mia vita con gli OVC (Orfani e Bambini Vulnerabili) all’interno del Cicetekelo Youth Project. Scrivo per condividere la mia sincera testimonianza riguardo all’incredibile lavoro che Cicetekelo ha svolto negli ultimi 27 anni per sostenere bambini di strada e persone vulnerabili nelle nostre comunità.
Cicetekelo è stato fondato con la missione di offrire supporto e assistenza a coloro che ne hanno più bisogno – in particolare ai bambini di strada e alle famiglie che affrontano gravi difficoltà. Nel corso degli ultimi 27 anni, abbiamo lavorato instancabilmente per creare ambienti sicuri, offrire istruzione e migliorare il benessere generale di centinaia di bambini e giovani. L’idea, il pensiero, il desiderio di dare vita a un progetto simile nacque nella mente di Stefano Maradini, e ancora oggi tutto ciò mi sembra incredibile. Ci sono moltissime situazioni particolari che potrei citare, ma torno sempre alle origini, quando Cicetekelo si occupava di recuperare giovani dalla discarica di Kawama. Questi ragazzi vivevano raccogliendo rifiuti per sopravvivere e non venivano considerati come esseri umani a causa del tipo di vita che conducevano. I livelli di analfabetismo erano altissimi. Abbiamo iniziato con l’alfabetizzazione e, nel tempo, abbiamo creato la nostra scuola comunitaria. Molti di questi ragazzi sono poi stati integrati nel sistema scolastico pubblico, alcuni hanno completato gli studi secondari, frequentano il college e oggi vivono una vita dignitosa.
Una storia che mi ha colpito in particolare è quella di un bambino di nome Chembo. Viveva nella discarica sin da piccolo, molto prima dell’adolescenza, e soffriva di crisi epilettiche non controllate. Nessuno si prendeva cura di lui. Spesso veniva trovato per strada con lividi sulla testa a causa degli attacchi epilettici. Non era in grado di parlare una lingua comprensibile, finché un Buon Samaritano non sentì il bisogno di portarlo in un luogo sicuro – e quel posto fu Cicetekelo.
Cicetekelo non solo aiuta e sostiene gli OVC, ma ha anche impiegato molte persone che, a loro volta, sostengono le proprie famiglie – giovani uomini e donne.
Ricordo ancora quando ci siamo chiesti come affrontare il caso di un bambino che non parlava, un paziente epilettico. Abbiamo deciso di provarci. Dio può fare miracoli. Con il supporto e l’amore di tutto lo staff, questo bambino ha fatto incredibili progressi. Ora riesce a parlare ed è in grado di fare molte delle cose che prima non poteva fare. È stato iscritto a una scuola speciale, anche se inizialmente nessuno pensava che potesse mai frequentarne una.
Come membro della Comunità Papa Giovanni XXIII e membro dello staff di Cicetekelo, ho avuto il privilegio di assistere in prima persona alla dedizione del direttore, Stefano Maradini, e di sua moglie Gloria Gozza, attualmente responsabile di zona per l’Associazione.
L’impatto di Cicetekelo va oltre le singole storie. Il nostro lavoro ha promosso il coinvolgimento della comunità, incoraggiando i cittadini locali ad aiutare chi è in difficoltà. Abbiamo collaborato con il governo, organizzazioni locali, la Chiesa e individui per creare una rete di sostegno più forte per chi affronta situazioni difficili. Invito tutti a sostenere Cicetekelo nella sua missione. Che si tratti di fare volontariato, donare o semplicemente diffondere la voce, ogni contributo può fare la differenza. Insieme, possiamo cambiare delle vite. In conclusione, desidero esprimere la mia profonda gratitudine a Cicetekelo per il lavoro trasformativo svolto nella nostra comunità. Il loro impegno verso i più vulnerabili ci ricorda il potere della compassione e dell’azione.»
Lewis Chewe: «Mi chiamo Lewis Chewe e sono il supervisore del Centro Cicetekelo Youth Project presso il centro di Misundu, a Ndola, in Zambia. Ho iniziato a lavorare con il progetto il 1° marzo 2018 come educatore per bambini e giovani. Prima di entrare a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, osservavo il lavoro svolto a favore degli orfani e dei bambini vulnerabili nella Comunità. Tuttavia, solo una volta entrato nel progetto ho capito quanto fosse profondo e vasto l’impegno messo in campo. Il mio compito principale è stato quello di lavorare con bambini e ragazzi di strada, compresi quelli con disabilità, offrendo loro l’affetto e le cure di cui avevano bisogno e che spesso mancavano mentre vivevano in strada. Ho scoperto che questi bambini affrontano moltissime difficoltà: fame, freddo, violenze, bullismo, dipendenze, separazione dalla famiglia. Il progetto offre loro protezione, supporto educativo, nutrizionale, psicosociale, attività sportive, ricreative e accompagnamento spirituale e morale. Per questa ragione, la Comunità Papa Giovanni XXIII è diventata per me una scuola che educa, una casa che accoglie, un terreno che dà forza e una Chiesa che evangelizza.
Negli ultimi 6 anni, posso dire che molto è cambiato anche dentro di me. Ho imparato che il futuro dei bambini dipende dalla nostra capacità di proteggerli e di restituire loro dignità, rispetto e i valori fondamentali dell’essere umano. Grazie al progetto ho potuto partecipare a corsi di formazione, tra cui quello per ottenere la qualifica base per la cura dell’infanzia, oltre ad altri percorsi che hanno migliorato il mio approccio al lavoro. Una delle cose più importanti che ho vissuto è stata la possibilità di imparare, attraverso il contatto quotidiano con colleghi e volontari, a lavorare con dedizione e ad ascoltare davvero i bisogni sia dei bambini sia del personale. Ciò che mi motiva ogni giorno è vedere i bambini cambiare, migliorare, ritrovare la strada di casa e diventare cittadini responsabili e istruiti del nostro Paese. Il mio desiderio è che il Cicetekelo Youth Project continui ad essere un ambiente sicuro e accogliente, dove bambini e giovani possano crescere e realizzare il proprio potenziale.
Desidero ringraziare il direttore del progetto Stefano, la direzione e tutto il team dell’Associazione Papa Giovanni XXIII per l’opportunità di lavorare con voi e con i bambini. Il mio sincero appello è che il progetto continui a sostenere i bambini e le persone più povere della comunità. Grazie.»
Stanley William Malwa: «Mi presento. Il mio nome è Stanley William Malwa. Sono nato il 20 maggio 1950 in un villaggio del distretto di Kabwe, provincia centrale dello Zambia. La mia famiglia aveva una ventina di vacche e da ragazzo ero io che spesso le portavo al pascolo. Mi piaceva e poi l’allevamento fa parte da sempre della cultura della mia tribù. Dopo la scuola secondaria sono andato a studiare “Livestock Science and Production al Natural Resources Development College” a Lusaka, dove mi sono laureato nel 1973. Dopo la laurea ho insegnato allo Zambia College of Agricolture a Monze, per poi partecipare ad un interscambio finanziato dalle Nazioni Unite che mi ha permesso di insegnare per quattro mesi al Botswana Agricoltural College a Gaborone. Negli anni seguenti ho lavorato come farm manager per una compagnia parastatale. Nel 1993 ho iniziato a collaborare con la diocesi di Ndola, in Zambia, insegnando per sette anni agricoltura e allevamento presso il suo Farm Training Centre. In questo periodo ho conosciuto Elisabetta Garuti dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, ideatrice del Progetto Rainbow. Anche grazie al supporto di questo progetto, nel 2001 ho fondato una piccola ONG, la Sustainable Agriculture Development and Training Initiative (SADTI), che poi ha iniziato a collaborare con il Progetto Rainbow. Oggi collaboriamo ancora sia nel programma nutrizionale per bambini malnutriti sia nel percorso formativo sull’agricoltura domestica. Per lo sviluppo di un popolo l’unione fa la forza!»
Tina, operatrice di Rainbow nel compound di Maria Chimona, afferma: «Per me, Rainbow è una famiglia che unisce in tutto il mondo, con culture e tradizioni diverse, dandoci speranza, luce e nuovi inizi, dove altri hanno rinunciato. Rainbow è davvero una salvezza.»