Il nord della Nigeria è di nuovo preso di mira da bande armate in cerca di ingenti somme di denaro, con qualunque mezzo. Le scuole diventano luoghi insicuri specie per quel debole 40% di ragazze che riescono a frequentarle, che si teme possano essere usate come sex slaves. Il terrore rischia di aumentare anche la migrazione irregolare. «Senza una mobilitazione internazionale, il governo resterà inerme». L'appello a non usare la violenza ma la forza dell'opinione pubblica per liberare le persone rapite.
Non si fermano i rapimenti di massa in Nigeria. Nel tardo pomeriggio di lunedì 24 novembre, un gruppo armato ha assalito la comunità di Isapa, nello Stato di Kwara nell’ovest della Nigeria, rapendo una donna incinta, 10 bambini, e due madri che allattavano.
Pochi giorni fa, il 21 novembre, un’alba di terrore. Un commando armato, con motociclette e diverse auto, ha fatto irruzione nell’Istituto St. Mary's Catholic Co-educational School, nella comunità di Papiri, (Stato del Niger). Secondo il comunicato ufficiale della diocesi di Kontagora, sono state rapite 265 persone: 239 alunni, 14 studenti delle classi superiori, 12 membri dello staff. 50 studenti sono riusciti a fuggire, per gli altri si teme un trasferimento nelle foreste al confine tra gli Stati di Niger, Kaduna e Kebbi, territori ormai fuori controllo. Le forze di sicurezza hanno avviato operazioni di ricerca, ma nel Paese cresce il senso di impotenza. Un incubo che si ripete. Nell’aprile 2014, nel villaggio di Chibok, nello Stato del Borno, infatti Boko Haram rapì 276 studentesse da un liceo femminile.
Il 17 novembre, altri episodi avevano già sconvolto il Paese: il rapimento di padre Bobbo Paschal nello Stato di Kaduna e il sequestro di almeno 25 studentesse della scuola femminile di Maga nello Stato di Kebbi. A luglio era stato attaccato anche un seminario, con tre giovani seminaristi rapiti e una guardia uccisa.
Estorsioni, corruzione e violenza sui più indifesi
La Nigeria sta vivendo una delle peggiori ondate di violenza della sua storia recente. Il Paese risulta anche al primo posto al mondo per cristiani uccisi e rapiti a causa della fede nel 2025 – 30 al giorno secondo Intersociety - ma non sono solo i cristiani presi di mira. Segno di una crisi che non è religiosa ma alimentata da una miscela esplosiva di jihadismo, banditismo, corruzione e latitanza dello Stato.
Se in passato era Boko Haram, lo storico gruppo jihadista nato nel Nord-Est del Paese, responsabile del più noto rapimento della storia nigeriana quello delle 276 studentesse di Chibok, nello Stato di Borno, oggi sono i cosiddetti bandits a terrorizzare la popolazione. Queste bande armate operano nella Middle Belt e nel Nord-Ovest, e sono specializzati in rapimenti a scopo di estorsione. «Non hanno paura di niente – ci racconta l’avvocato Esohe Agathise, Presidente della Coalition Against Trafficking in Women International e membro del Network Europeo delle donne migranti impegnata in diritti umani, specialmente di donne e bambini. Questi banditi vediamo quasi ogni giorno sui social a volto scoperto sfidare il governo e le forze di polizia. Nei loro video lo dicono con sfrontatezza, “non ci fermerà nessuno!”. Il loro obiettivo sono i soldi e possono usare qualunque mezzo per raggiungerlo. Ma non bisogna rispondere alla violenza con la violenza». Come aveva ricordato domenica scorsa Papa Leone XIV e oggi anche i vescovi del nord della Nigeria. «Occorre restare uniti, senza farsi giustizia da soli!». Esohe Agathise, Presidente della Coalizione internazionale contro la tratta delle donne
Foto di Esohe Agathise
Scuole insicure. Ma i giovani vanno incoraggiati a restare
Il presidente nigeriano Bola Ahmed Tinubu lunedì ha ordinato il ritiro di 100.000 agenti di polizia assegnati ai Vip del paese e ha annunciato 30.000 nuove assunzioni. Decisione che lascia increduli pensando che la popolazione della Nigeria conta quasi 240milioni di abitanti e la carenza di agenti era già grave nel Paese. Ancor di più la corruzione dilagante.
«Se hai soldi per pagare la polizia – spiega Esohe Agathise - questa viene utilizzata in modo improprio per proteggere personalità illustri. Io vedo un grande fallimento delle autorità nigeriane nell’utilizzo delle risorse. Di frequente vengono allertate prima di un attacco ma non riescono ad intervenire in tempo o non hanno interessi per intervenire. Questi criminali si espongono senza pudore, comunicano con i giornalisti, sanno di non venire puniti. Le stesse scuole possono pagarsi forze di sicurezza per proteggerle ma se non hanno mezzi sufficienti per difendersi o gli propongono maggior guadagni, la polizia scappa».
Il Ministro dell’Istruzione nel frattempo ha ordinato la chiusura di 47 scuole del paese. Se anche le scuole non sono più luoghi sicuri il rischio è che le nuove generazioni smettano di trovare coraggio e fondi per poter continuare gli studi. Di fronte al tasso di analfabetismo del 31% e al dato del 40% di ragazze iscritte alla scuola secondaria – meno della metà –, occorre incoraggiare i giovani nigeriani a continuare a studiare. Anche per prevenire quei fattori di spinta alla migrazione illegale verso l’Europa – la cosiddetta sindrome 'Japa' (termine yoruba che significa ‘partire per pascoli più verdi’, usato anche per dire ‘tagliare la corda‘) - che li mette in pericolo lungo le rotte dei migranti rendendoli facili prede di trafficanti, come emerso di recente ad Enugu alla Conferenza internazionale degli operatori sociali contro la migrazione irregolare e la tratta di persone.
Ma dell’attacco alla St. Mary’s school preoccupa soprattutto la sorte dei rapiti. «Bambine e ragazze spesso diventano sex slaves per i banditi, vengono vendute. Che fine hanno fatto le ragazze rapite a Chibok? In alcuni casi diventano spose bambine poiché esiste un mercato nascosto che non si riesce ad intercettare. Per quanto riguarda i bambini rapiti, il rischio anche di essere addestrati come bambini soldato per i gruppi terroristici o per rinforzare le bande armate è molto alto. Ci sono uomini potenti che sanno la loro destinazione ma che coprono questi gruppi armati».
Agathise: «serve una mobilitazione internazionale per liberare i rapiti»
Questi eventi avranno un impatto molto negativo sui giovani e sulle famiglie che hanno i mezzi per pagare le spese scolastiche. Le famiglie hanno paura perché alcune ragazze rapite non le hanno viste mai più. Nel 2014, il caso delle studentesse rapite nel Borno fece il giro del mondo con l’hashtag #BringBackOurGirls. All’epoca si fece promotrice di questo appello anche l’allora first lady, Michelle Obama. Molte ragazze furono liberate negli anni successivi, ma decine risultano ancora disperse.
«A mio avviso occorre di nuovo una mobilitazione internazionale anche sui social. Nel 2014, aveva avuto successo e il governo si era attivato per proseguire le ricerche delle studentesse rapite. Certo le situazioni di conflitti e di violenza di genere sono davvero tante. Ad esempio, stiamo intervenendo nella Nigeria dell’est per un caso gravissimo di abusi in casa emerso proprio a partire dai nostri interventi nelle scuole. Ma l’opinione pubblica ha un peso importante. Negli ultimi anni si era spenta questa voce. Noi vorremmo riaccenderla».