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1 Luglio 2022
Ultima modifica: 1 Luglio 2022 ore 21:11

Giovani: ripartono i campi estivi, fra gli ultimi e gli emarginati

L'esperienza ad Atene di un gruppo di ragazzi provenienti dall'Emilia
Giovani: ripartono i campi estivi, fra gli ultimi e gli emarginati
Un gruppo di adolescenti è rientrato nei giorni scorsi da un campo di condivisione all'interno di una casa famiglia che accoglie profughi da tutto il mondo e che accompagna i senza fissa dimora della città. Fra le esperienze l'incontro con i più poveri della capitale greca e l'ascolto delle famiglie accolte.
Siamo undici adolescenti in viaggio, dal 17 al 22 giugno, ad Atene, provenienti da Modena, Ferrara, Reggio Emilia e Bologna. Da un anno ci siamo preparati per questa esperienza estiva di servizio con gli ultimi; dopo il Covid abbiamo riscoperto il desiderio di ritrovarci e di riprendere insieme un cammino di fede, in un incontro simpatico con Gesù. I campi estivi della Comunità Papa Giovanni XXIII possono essere tutto questo: svago, amicizia, condivisione con chi è più emarginato; quando si è lontani dai propri ambienti abituali si scopre la bellezza di culture, lingue e usanze diverse. Come accaduto per noi ad Atene.

Profuga dall'Eritrea, ci insegna la vita

Helen non abbraccia sua mamma e suo fratello da più di tre anni. Ha dovuto intraprendere un lungo viaggio, di circa quattromila chilometri, per salvarsi dal conflitto in Tigray, tra Etiopia ed Eritrea, per il controllo di questa regione. Ѐ partita con suo marito Salem quando aveva circa vent'anni, incinta e piena di sogni e speranze. Dall’Eritrea è passata per la Turchia, infine è arrivata in Grecia. Non  riesce a raccontare la durezza del viaggio e nemmeno le disumanità che ha visto e vissuto durante il lungo tragitto. Durante il lungo cammino ha iniziato a dubitare della speranza più volte, vedeva troppa sofferenza per riuscire a sognare ancora in qualcosa di migliore.

Arrivata in Grecia era ormai incinta di quasi nove mesi. E con suo marito per alcuni giorni ha vissuto anche in strada. Grazie all’aiuto di una passante, ha avuto un contatto che ha potuto salvare lei e il suo piccolo. Così  è stata accolta dalla casa delle suore “Madre Teresa di Calcutta” di Atene, dove vengono accolte donne incinta e mamme con bambini entro un anno di vita. Suo marito è rimasto in strada. Dopo il parto, la preoccupazione per il marito era persistente. Hanno chiesto alle suore se fosse possibile trovare un’altra sistemazione e così hanno incontrato la casa famiglia di Filippo Bianchini e Fabiola Bianchi, una coppia Toscana da 8 anni in missione nella capitale greca.
 
Filippo ha raccontato la loro accoglienza così: «Se ripenso alla prima immagine che ho di loro sulla porta di casa, la mente mi riporta alla Sacra Famiglia, di cui l’ospitalità è stata rifiutata più volte».

Famiglie di profughi durante il pranzo tipico
I giovani in Grecia incontrano le famiglie di rifugiati


Helen e Salem con in braccio Yonas sono il ricordo della Sacra Famiglia per questa casa. E oggi questa mamma Eritrea e il suo coraggio ha colpito anche me. Essere in questa città così piena di contraddizioni, fra un mare trasparente, i monumenti dell'Acropoli indimenticabili, i mercatini artigianali colorati e originali, e anche senza tetto abbandonati nei parchi con le siringhe ancora piantate sul braccio, fa riflettere.

Specie adolescenti tra i 13 e i 16 anni come noi, pur abituati all'incontro con persone emargine. I nostri genitori fanno parte della Comunità fondada da don Oreste Benzi raccomandando di "dare una famiglia a chi non ce l'ha". Quando diventiamo noi in prima persona i protagonisti di quell'avventura, la prospettiva cambia del tutto; ripensi davvero a cosa è essenziale nella nostra vita. 
 
Oggi Helen ha ventitré anni, due bellissimi figli, Yonas di tre anni e Samuel di uno e suo marito Salem, andato in Inghilterra per mettere in regola i documenti e poter fare il ricongiungimento familiare, lotta per dare una nuova possibilità alla sua famiglia e un futuro migliore ai suoi figli.
 
Helen ci ha lasciato un insegnamento importante: «Remember that you have the possibility to dream something better».

Ricordatevi che avete la possibilità di sognare qualcosa di migliore
Helen
Lei, che tante volte avrebbe potuto cadere nella disperazione, ci sprona a non smettere di sognare un mondo migliore e di lottare perché questo valga per tutti!

Inoltre ci chiede di non dimenticare nessuno dei conflitti che affliggono il mondo. Così che nessuno venga escluso, non tanto e non solo dai telegiornali, ma dalla società. Mi ha colpito anche la sua fede e la convinzione che tutta l'umanità, senza distinzione di credo, abbia diritto ad essere felice, non oppressa dai potenti, e a cercare un destino migliore. Per questo se la televisione non parla più di un conflitto non significa che questo sia terminato e che la popolazione abbia smesso di soffrire. Helen oggi sogna per i suoi figli un futuro migliore e che la sofferenza di nessun popolo venga ignorata.

Cosa abbiamo imparato

Durante il nostro campo abbiamo condiviso anche una esperienza toccante in strada tra i poveri di Atene. Con i volontari dell'equipe di strada abbiamo potuto vedere coi nostri occhi la passione che viene messa nell’accudire queste persone senza casa, senza affetti. Anche accogliendo alcuni di loro nella casa per i senza tetto chiamata non a caso "Capanna di Betlemme".

Giovani dell'Emilia sullo sfondo delle rovine storiche di Atene
Giovani dall'Emilia Romagna in visita alle missioni della Comunità Papa Giovanni XXIII in Grecia


Non smettendo di raccontare tutte le storie di sofferenza e di rinascita, forse riusciremo a fare la differenza per quelle centinaia di popolazioni che soffrono a causa dei conflitti. Grazie Helen per averci aiutato a non dimenticare e per averci ricordato la fortuna che abbiamo. Questa è una delle storie che ha colpito di più me e il mio gruppo tra le varie testimonianze. 

Grazie alla casa famiglia di Atene ora abbiamo toccato con mano che,  anche se non è possibile salvare tutti, la condivisione può essere davvero una risposta controcorrente al sogno di qualcuno. E in questa storia di giustizia e accoglienza anche noi adolescenti possiamo dare il nostro contributo. Come per Helen e i suoi figli.