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29 Ottobre 2019

Cile: anche i Mapuche mobilitati

In un periodo di forti tensioni sociali in Cile, reportage dalla comunità Mapuche, spesso lasciata in ombra
Cile: anche i Mapuche mobilitati
Foto di Archivio Operazione Colomba
Volontari italiani raccontano la propria esperienza al fianco del Popolo Mapuche. Da quest'estate le proteste contro la diga che minaccia di distruggere uno dei centri spirituali della cultura pre-coloniale spagnola.
In Cile le comunità Mapuche di Carimallìn si mobilitano a più ripree per difendere il fiume Pilmaiquen, dove un’impresa norvegese ha progettato la costruzione di due centrali idroelettriche. Il progetto causerebbe l’inondazione di un’intera valle, sommergendo territori che originariamente erano di proprietà Mapuche e distruggendo luoghi sacri e di culto. Siamo nel comune di Rio Bueno della regione Los Lagos.

Ascolta l'audiodocumentario sul popolo Mapuche

Fra i mapuche del Cile, il racconto dei volontari

A fine abosto si sono dati appuntamento qui per protestare kayakisti e barcaioli, insieme a pescatori e comunità locali, con gommoni e kayak. Lo raccontano Francesca, Sofia, Ilaria e Nicolò, volontari di Operazione Colomba in Cile: «Il 31 agosto a Carimallin, nel comune di Rio Bueno, regione Los Rios, abbiamo assistito ad una manifestazione organizzata dalle comunità Mapuche della zona, appoggiate da un comitato di pescatori e barcaioli cileni insieme a vari appassionati di kayak. L'obiettivo: percorrere il tratto del fiume Pilmaiken nel quale un'impresa statale norvegese ha progettato la costruzione di due centrali elettriche. Il fiume scorre lungo il confine tra la regione di Los Rios e quella di Los Lagos, nasce dal fiume Rio Bueno e sfocia nel lago Puyehue. La resistenza contro l'istallazione delle centrali va avanti da una quindicina d'anni; i progetti distruggerebbero flora e fauna locali, inonderebbero terreni dove le comunità Mapuche hanno sempre vissuto e nei quali si trova un antico cimitero Mapuche insieme a resti archeologici antichi. Finirebbe sommersa anche una zona particolare, nella quale risiede lo spirito protettore 'Ngen Mapu Kintuante', luogo spiritualmente e culturalmente fondamentale per i Mapuche, parte integrante della loro cosmo-visione, del loro ciclo vitale. 

La giornata ha avuto inizio con un momento collettivo e di condivisione in cui i rappresentanti dei vari gruppi e comunità partecipanti si sono espressi sull'importanza dell'evento, sulla necessità di continuare a proteggere il fiume con convinzione e coraggio. Le varie imbarcazioni sono poi discese lungo le veloci acque del Pilmaiken. Acque che continuano strenuamente a resistere per affermare il proprio diritto alla vita, così come quello dei suoi abitanti. Un coro li accompagnava dalle sponde del fiume: Pilmaiken que viva, Pilamiken que viva, Abajo la represa, represa genocida».

Mapuche: un popolo conosciuto per la sua arte, cultura, lingua, spiritualità e tradizioni

I mapuche sono una popolazione originaria dell’America Latina, più precisamente del Cile centro-meridionale e della corrispondente zona Argentina al di là della Cordigliera. Attualmente si stima che il loro numero si aggiri attorno alle 1.500.000 unità. Mapuche deriva da Mapu (=terra) e
Che (=gente) e già dal nome possiamo intuire la forte connessione che lega questo popolo con la terra della quale si sente figlio e protettore.

Spiritualità Mapuche

La lingua originaria è il mapudungun che si tramanda oralmente di generazione in generazione. Nella filosofia mapuche ogni essere vivente possiede uno spirito (animali, piante, fiumi, montagne, …) e l’uomo non è altro che un ulteriore elemento dell’universo connesso con l’intorno (Wallmapu). La loro espressione spirituale e religiosa si riflette quotidianamente nell’esistenza, trasversalmente a spazio e tempo.

I mapuche sono un popolo unito da cultura e tradizioni comuni sebbene siano poi suddivisi in nuclei d’appartenenza, Comunità, che agiscono indipendentemente e che rispondono a proprie figure amministrative e spirituali. Uno dei ruoli più importanti ricoperto all’interno delle comunità è quello della Machi, prevalentemente donna, che attraverso la connessione con gli spiriti, gli antenati e la natura funge da guida spirituale del gruppo e da guaritrice. Interessante il cammino che conduce ad essere Machi, ovvero il “sogno”. La chiamata a questa vocazione avviene durante la notte, quando il mapuche è connesso con la parte onirica e profondamente spirituale dell’essere, e da lì inizia l’affiancamento con un’altra machi anziana per l’apprendimento dei rituali e delle erbe. Se una persona sceglie di non seguire il cammino mostrato nel sogno precipita in una fase di disequilibrio fra corpo e spirito che porterà la stessa ad ammalarsi.

Sebbene le decisioni vengano prese in forma collettiva dando la possibilità d’esprimersi a tutti in una sorta di democrazia diretta e orizzontale, un’altra figura importante è quella del capo della comunità, il Lonko. Molti sono i rituali delle comunità durante il corso dell’anno che vengono realizzati in contatto diretto con la natura, essenzialmente per ringraziare la Madre Terra, per rinforzare i legami e per pregare per il benessere generale, ma non solo.

Tradizioni Mapuche

I mapuche sono sempre stati un popolo guerriero (nella lingua originale non esiste nessuna parola che possa essere tradotta come pace), gli unici a resistere all’avanzata colonizzatrice spagnola. Un popolo fiero e libero, che non ha mai praticato e accettato di subire la schiavitù. La proprietà è collettiva e il diritto sulla stessa si è sempre tramandato in forma orale, il che ha causato non pochi problemi nel momento in cui i colonizzatori si sono impossessati dei terreni. Nell’arco degli anni la vita delle comunità si è inserita in un contesto pseudo-occidentale e quindi l’economia delle stesse si è modificata rispetto al passato.

I mapuche hanno sempre vissuto di quello che la Terra donava loro, sono un popolo di raccoglitori, allevatori e in minor misura di agricoltori. Attualmente la riduzione delle terre a loro disposizione ha costretto alcuni ad un lavoro stipendiato che consente di avere una certa liquidità per l’acquisto di beni di cui altrimenti non potrebbero usufruire. Rimangono comunque poveri, un gruppo etnico stigmatizzato, giudicato e valutato attraverso parametri occidentali a loro stessi imposti durante questi lunghi anni di colonizzazione.


Popolo Mapuche: una storia di soprusi

L’intero continente latino negli ultimi anni è stato caratterizzato da conflitti, molti dei quali hanno coinvolto le popolazioni originarie. Le politiche adottate dai diversi stati parlano di una volontà di sterminio di questi gruppi etnici che portando avanti le loro tradizioni, costumi, strutture sociali ed economiche risultano scomodi per un’economia che vuole essere sempre più globalizzata.

America Latina: uno sterminio continuo per le popolazioni originarie

Quasi mai pensando all’America Latina il primo paese su cui la mente si sofferma è il Cile, un lembo di terra stretto fra la cordigliera delle Ande e l’Oceano Pacifico. In Cile la minoranza indigena più presente è proprio quella dei mapuche che territorialmente possiamo collocare nella zona centro-sud che va dall’Oceano fino a sconfinare le Ande dalla parte Argentina.

Bandiera portata dai mapuche nella savana del Cile
Accompagnamento dei mapuche in Cile da parte dei volontari italiani della Comunità Papa Giovanni XXIII e di Operazione Colomba
Foto di Alessandra Gennari


Questa popolazione ha subito innumerevoli soprusi nell’arco degli anni, solo per citarne alcuni: sono state sottratte loro terre, confinandoli in luoghi poco fertili, e assegnando gli stessi appezzamenti a coloni europei; si è cercato di minare e disgregare le forti strutture comunitarie tradizionali di base attraverso l’offerta di sussidi per il raggiungimento di civilizzazione e sviluppo; sono state adottate politiche che non hanno favorito la diversità culturale, puntando invece all’omologazione e alla soppressione della stessa.

I Mapuche oggi fra struttamento e speranze

La situazione odierna dei Mapuche è quella di un popolo povero, stanco, frustrato e pronto a rivendicare i propri diritti. La disuguaglianza nella distribuzione delle ricchezze è forte e il malessere del non poter permettersi una vita dignitosa continuando ad utilizzare il proprio sistema economico e le proprie tradizioni è grande. La rabbia per una cultura occidentale imposta negli anni su tutti gli aspetti della vita quotidiana, economia, sanità, istruzione, è tangibile.

In Cile la costituzione non li riconosce, non riconosce nessuno dei popoli originari. Dall’arrivo degli spagnoli, nel 1500 circa, è iniziato un tentativo d’assoggettamento dei Mapuche e di confisca delle terre che li ha rilegati a zone incolte e appezzamenti miseri rispetto alle disponibilità precedenti. Un processo che alla fine dell’800 ha subito un ulteriore impulso quando gli stati cileno e argentino hanno venduto la maggior parte dei terreni disabitati a coloni europei.

La crescente precarietà economica è diventata azione di protesta dopo la dittatura di Pinochet, nel 1990, quando i Mapuche hanno iniziato ad occupare terre improduttive a loro originariamente appartenute. Lo Stato ha inizialmente offerto alle comunità benefits e briciole di terreni previa iscrizione in un registro pubblico e la costituzione legale delle stesse da un punto di vista legislativo cileno. Qui vediamo un’ulteriore imposizione di un modello occidentale finalizzato al controllo e dominio delle stesse comunità che ha generato frazioni interne e divisioni. In questi ultimi anni le modalità d’approccio statali alle proteste sono state brutali, con un uso eccessivo della forza.

Ricordiamo che ai mapuche cileni viene applicata una legge ancora vigente dai tempi della dittatura, la legge antiterrorista, che consente allo stato di agire nei loro confronti con misure speciali in seguito ad atti illeciti ordinari, ad esempio possono testimoniare al banco dell’accusa persone senza volto, inoltre una volta in carcere l’accusato mapuche può sparire per giorni senza che ne sia data traccia alla famiglia (ci sono stati casi di torture).

La lotta attuale vede i mapuche scontrarsi anche con le grandi multinazionali a cui sono stati svenduti enormi appezzamenti di terra. Tutte le risorse cilene sono state privatizzate, acqua in primis, situazione simile per l’Argentina dove i grandi colossi hanno il via libera per uno sfruttare massivo delle risorse naturali. È una lotta impari, un sistema economico che vuole schiacciare le minoranze e il diverso. Sebbene ogni comunità mapuche agisca e reagisca in maniera diversa al conflitto, alcune con modalità pacifiche e altre decisamente meno, tutti sono uniti e concordi nel chiedere a gran voce l’autodeterminazione, la restituzione dei territori ancestrali e il riconoscimento della dignità finora loro negata.

La situazione attuale è abbastanza critica, lo scenario violento. Da un lato troviamo i mapuche che con gran forza chiedono la restituzione delle terre, un riconoscimento costituzionale, la possibilità di esprimersi e vivere secondo la propria cultura. Dall’altro uno Stato che non approva queste richieste e come unica metodologia di dialogo utilizza la forza bruta esercitata attraverso i corpi armati. La lotta che porta avanti il popolo mapuche è difficile perché è un popolo molto variegato, strutturato in comunità dove ognuna delle quali ha particolari richieste ed esigenze diverse dettate dalla storia vissuta e dalle proiezioni future. Ultimamente l’urgenza della situazione ha fatto sì che alcune di loro collaborassero.

Difficile dipingere un quadro completo della situazione e soprattutto ancor più difficile rimaner imparziali di fronte alle parti e non alle ingiustizie. Sicuramente, come ci è stato detto da un caro amico cileno, Padre Fernando, nessuno ha mai parlato di pace e non violenza in Cile, questa è attualmente l’unica presenza internazionale. Il cammino da percorrere è lungo, ma è già iniziato.

Volontari insieme ad alcuni uomini e donne del popolo mapuche
Dopo il monitoraggio iniziale è iniziato l'affiancamento dei volontari di Operazione Colomba per sostenere questa minoranza originale del Cile
Foto di Alessandra Gennari

La presenza dei volontari in Cile

In Cile la Comunità Papa Giovanni XXIII è presente ormai da diversi anni operando nei settori più svariati, tossicodipendenza, minori, senzatetto, disabilità e ultimamente al fianco delle minoranze indigene. Proprio all’interno di quest’ultimo ambito si inseriscono i 4 volontari che sono in partenza a luglio grazie al progetto sperimentale Corpi Civili di Pace-Il Conflitto Mapuche.

Lo scorso anno un gruppo di volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII, accompagnati dal corpo di pace Operazione Colomba, ha intrapreso un iniziale viaggio esplorativo e di monitoraggio in Cile sul conflitto mapuche, lavoro che verrà portato avanti dai giovani del Corpo civile di pace.

Come fare volontariato in Cile e i progetti di Servizio Civile

In Cile sono attivi quest'anno 8 posti per il servizio civile: 6 a Santiago e 2 a Valdivia. I progetti sono vari e spaziano dalla disabilità, alla tossicodipendenza, dai migranti, alle mense per i senza fissa dimora, dai minori alle case famiglia. 4 proposte di volontariato sono collegate al progetto dei Corpi Civili di Pace: Il conflitto Mapuche. Queste prime due modalità di collaborazione durano 12 mesi, è però possibile svolgere periodi minori, anche di alcuni mesi, come volontari previa la partecipazione ai corsi missionari organizzati dalla Comunità.

Per saperne di più è possibile scrivere un messaggio su WhatsApp al numero 346.8535195.