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4 Agosto 2022

Nelson Mandela, 60 anni fa il suo arresto

Il premio Nobel per la pace inizialmente appoggiò la lotta armata. Con il suo arresto del 5 agosto 1962 per incitamento alla ribellione, il mondo aprirà gli occhi sull'apartheid in Sudafrica.
Nelson Mandela, 60 anni fa il suo arresto
Foto di Foto di Ben Kerckx da Pixabay
«La libertà non è soltanto spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere la libertà degli altri.»
«Più potente della paura per l'inumana vita della prigione è la rabbia per le terribili condizioni nelle quali il mio popolo è soggetto fuori dalle prigioni, in questo paese... non ho dubbi che i posteri si pronunceranno per la mia innocenza e che i criminali che dovrebbero essere portati di fronte a questa corte sono i membri del governo​» - sono le parole pronunciate da Nelson Mandela di fronte ai giudici del tribunale che di lì a poco lo condannerà all’ergastolo per alto tradimento.

Nelson Mandela chi è?

Mandela fu arrestato 60 anni fa, esattamente il 5 agosto 1962. Quanto lo conosciamo oggi, al di là del nome e di ciò che rappresenta?
Attivista, prigioniero, simbolo della lotta all'apartheid e presidente del Sudafrica, una icona contro il razzismo e della nonviolenza in tutto il mondo e per intere generazioni. Il “Gandhi nero”. Eppure Madiba (nomignolo riferito al titolo onorifico che gli ha dato il suo clan) inizialmente abbraccia e guida la lotta armata.
Nelson Rolihlahla (letteralmente "piantagrane") Mandela nasce il 18 luglio 1918 a Mvezo, nel sud-est del Sudafrica. Viene da una famiglia di stirpe reale, il padre è figlio di un capo della tribù Thembu. Dopo la scuola metodista si iscrive all’Università di Fort Hare e studia legge all’Università di Joannesburg. Qui frequenta militanti e dirigenti dell'African National Congress (ANC), il primo partito fondato nel 1912 dai neri in Sudafrica. 
È convinto che studiando e arricchendosi di quella cultura riservata solo ai bianchi avrà qualche possibilità di riscatto, lui nero.
Nel 1941 torna a casa nel piccolo villaggio dove è nato e la sua famiglia lo vuole costringere a un matrimonio combinato come punizione per aver abbandonato gli studi. Perciò nel 1941 scappa verso nord, a Soweto, la città nera più grande del Sudafrica.
Ricomincia a studiare legge part-time e inizia a esercitare la professione, dando vita al primo studio legale nero del paese insieme all’amico inseparabile Oliver Tambo.

Per cosa lotta Nelson Mandela?

Nel 1948 la segregazione dilagante in Sudafrica, diventa legge dello Stato quando il partito al potere adotta l’apartheid, o discriminazione razziale. In base a questa legge i neri sudafricani devono sempre portare con loro un documento d’identità, necessario per entrare nelle aree riservate ai bianchi. Vengono obbligati a vivere in zone esclusive per i neri e non possono stringere relazioni interrazziali. Vengono addirittura rimossi dalle liste elettorali e completamente privati dei diritti civili.
Il regime dell'apartheid lo costringe ad una vita di allarme e di continui arresti, ma lui è instancabile e appassionato. L'Aids, che all'epoca era sconosciuta, gli porta via tre figli: questa cosa lo segnerà per il resto della vita: fino all'ultimo giorno si batterà per sconfiggere la diffusione dell'Hiv che in Sudafrica è un flagello.
Nel 1960 l'esercito sudafricano reprime con la forza una manifestazione di protesta. I soldati sparano ad altezza d'uomo: 69 persone vengono uccise a Sharpeville.
Sono anni cupi. L'ANC è messo al bando, Mandela sceglie la lotta armata. Vive tre anni da clandestino, tra attentati, sommosse, rivolte, morti.
Pur partendo da posizioni (e azioni) nonviolente, nel corso del tempo Mandela arriva  a credere che la resistenza armata sia l’unico modo per porre fine all’apartheid.
Nel 1962 lascia brevemente il Paese per ricevere un addestramento militare e ottenere sostegno per la causa, ma poco dopo il suo ritorno viene arrestato e condannato Mentre è in prigione, la polizia scoprì documenti relativi ad un piano per una guerriglia urbana. Lui e i suoi compagni vengono accusati di sabotaggio.
È trasferito nell'isola di Robben Island, di fronte a Città del Capo. Ci resterà per 27 anni. Senza mai perdere quella lucidità politica che lo porterà a coronare il grande sogno. Sosterrà i compagni finiti in galera, li aiuterà nei momenti di sconforto, imporrà gli esercizi fisici alla mattina e interi pomeriggi di studi. Chiederà libri, penne e quaderni, darà lezioni di grammatica, di storia, di lingua.
Chiuso nella sua cella, con una visita al mese, osservato a vista, spesso provocato, porterà avanti la sua battaglia contro l'apartheid.
Rimarrà in prigione 27 anni. Il governo sudafricano rifiuterà tutte le petizioni che richiedono la sua liberazione.

Dal Nobel per la pace a primo presidente nero del Sudafrica

Nel febbraio del 1990 Frederik de Klerk, presidente della Repubblica sudafricana per il Partito nazionale, cede all'evidenza e inizia il percorso per abolire la segregazione razziale. Legalizza l'ANC e libera Mandela.
Nel 1993 i due vincono insieme il premio Nobel per la pace e il 27 aprile 1994 Mandela viene eletto primo presidente nero del Sudafrica.
Muore il 5 dicembre 2013, all'età di novantacinque anni.
Il 6 dicembre il presidente della Repubblica sudafricana Jacob Zuma dichiara dieci giorni di lutto nazionale e annuncia che il funerale si sarebbe svolto nello stadio Soccer City di Johannesburg il 10 del mese: vi partecipò tutta la comunità internazionale.
 
Così scrive nella sua autobiografia, Lungo cammino verso la libertà:
Sapevo che l’oppressore era schiavo quanto l’oppresso, perché chi priva gli altri della libertà è prigioniero dell’odio, è chiuso dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. L’oppressore e l’oppresso sono entrambi derubati della loro umanità. Da quando sono uscito dal carcere, è stata questa la mia missione: affrancare gli oppressi e gli oppressori. Alcuni dicono che il mio obiettivo è stato raggiunto, ma so che non è vero. La verità è che non siamo ancora liberi: abbiamo conquistato soltanto la facoltà di essere liberi, il diritto di non essere oppressi.
Non abbiamo compiuto l’ultimo passo del nostro cammino, ma solo il primo su una strada che sarà ancora più lunga e più difficile; perché la libertà non è soltanto spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere la libertà degli altri.
La nostra fede nella libertà dev’essere ancora provata. Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare.
Nelson Mandela