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29 Maggio 2019

Aiutare un bambino accogliendolo nella propria famiglia

È possibile custodire il benessere del minore anche quando i genitori non possono occuparsi di lui in maniera sufficientemente adeguata? Quando la sua famiglia è imperfetta o addirittura lesiva? Un libro affronta e rilancia la risorsa affido dando voce ai vari soggetti coinvolti.
Aiutare un bambino accogliendolo nella propria famiglia
Foto di Robert Kneschke - Adobe Stock
Tredici anni fa una legge stabiliva la chiusura degli istituti residenziali per minori riconoscendo l’importanza di dare loro una risposta di tipo familiare. A che punto siamo? L'affidamento un'opportunità preziosa.
Il 31 dicembre 2006, diventava operativo il definitivo superamento del ricovero di minori in istituto, stabilito dalla legge 149 del 2001. In questi anni molto è stato fatto per sviluppare l’affidamento familiare, ma molto rimane ancora da fare. Far posto in famiglia ad un bambino o ad un adolescente è un atto di grande intelligenza e maturità che va oltre il desiderio di ottenere qualcosa per sé. È un gesto che esige la scelta consapevole di amare gratuitamente quel minore e, perché no, anche la sua famiglia di origine.

Un percorso completo in questo vasto mondo dell’affido familiare ce lo offre la nuova edizione aggiornata di Bambini in affido. Tutto quello che c’è da sapere per dare una famiglia a chi non ce l’ha, Sempre editore, scritto a quattro mani da Michela Rebellato, consulente di affidamento familiare e responsabile di una casa famiglia con la giornalista Barbara Pianca.

Le autrici del libro Bambini in affido
Michela Rebellato e Barbara Pianca autrici del libro Bambini in affido, edito da Sempre Editore
Foto di Michele Pastrello

È un libro che la Rebellato ha voluto scrivere per tutti, perché dice: «Io credo nella famiglia e nel fatto che i piccoli sono figli di una famiglia più grande».
L’idea, racconta, «nasce presentando una bambina che avevo appena accolto alla mia amica Barbara. Nel condividere la storia di questa creatura indifesa, scampata all’aborto solo perché la mamma, annebbiata dall’eroina, non si era accorta della gravidanza, abbiamo pensato che avremmo potuto unire esperienza ad abilità, per annunciare che proprio per giustizia si può dare una famiglia a chi non ce l’ha».
 
In base alla tua esperienza cosa si porta dentro un minore che deve lasciare temporaneamente i propri genitori?
 «La solitudine per non sentirsi voluto, amato, scelto».
 
Quali sono i punti di forza di questa scelta?
«Aprirsi all’affido permette di sperimentare il liberarsi da se stessi poiché porta ad essere pienamente nella gioia dell’amore gratuito».
 
Come deve porsi la famiglia accogliente di fronte alle problematiche che deve affrontare?
 «Con elasticità e rispetto della persona ferita e sofferente, senza pretese o aspettative, gustando ogni attimo bello, creando soluzioni nelle difficoltà».
 
Occorrono, comunque, delle buone spalle per accogliere il bambino di un'altra famiglia. Come prepararsi?
 «Possono esserci anche le fatiche, ma avere la possibilità di essere al fianco di quella creatura, perla preziosa da custodire, curare, amare è una possibilità unica».
 
Quali sono le caratteristiche che si devono avere per diventare una famiglia affidataria?
 «Un cuore grande che sa moltiplicare l’amore. Quest’apertura permetterà di vedere chi è nel bisogno con gli occhi di chi ama, di percepire i suoi sentimenti, di amarlo per quello che è».
 
Se accogli un bambino accogli anche la sua famiglia di origine. In che senso?
 «Non credo che l’accolto potrebbe stare bene se la famiglia affidataria ponesse dei limiti di accoglienza nei confronti della sua storia, delle sue origini. È fondamentale entrare nella sua vita in punta di piedi».
 
Poi, però, la famiglia affidataria deve anche essere pronta a lasciare andare il bambino nel suo ritorno a casa. Per quanto preparati, può essere difficile?
 «Nello stacco il bambino si nutre della mia serenità e fiducia nel futuro».
 
La crisi finanziaria che investe oggi tutti i settori, influisce anche sulla gestione dell’affidamento familiare, puntando più al risparmio che alla qualità della risposta?
«Ho sperimentato e continuo a sperimentare in ogni ambito del sociale che se parlo col cuore e trasmetto passione per i piccoli, cercando di dar loro la centralità che gli spetta, le scelte conseguenti sono sempre buone. In questo tempo tutti dobbiamo essere “coraggiosamente creativi” per continuare sempre meglio a dare voce e dignità ai piccoli continuando a lottare per i loro diritti».
 
Personalmente l’esperienza dell’affido quanto ti ha cambiata?
«Quando accogliamo qualcuno è come se gli dicessimo: “Guarda che tu vali, io ti voglio bene” perché lo facciamo entrare nella nostra vita e immediatamente lui non è più solo e si trasforma. I piccoli e gli ultimi che ho ospitato, mi hanno fatta sentire accolta».
 
Che segno speri lasci questo libro?
 «Ti rispondo con alcune delle bellissime parole che mi ha scritto una cara amica appena uscito il libro: “Chi legge sentirà di non essere solo, ma di essere parte di un grande progetto dove al centro ci devono essere i piccoli. Capirà che non gli vengono chiesti i miracoli ma di esserci in un cammino dove la solitudine e l'abbandono sono l'unico vero male”».

Leggi il libro: Bambini in affido.