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7 Aprile 2023

Becchetti: «Gli appalti premino chi ha miglior impatto sociale e ambientale»

Sul percorso per arrivare a emissioni zero l'economista denuncia: «Oggi non manca nel nostro Paese la progettualità sulle rinnovabili. Quello che è difficile ottenere sono le autorizzazioni da parte delle Regioni e c'è conflitto con sovrintendenze e Ministero della Cultura»
Becchetti: «Gli appalti premino chi ha miglior impatto sociale e ambientale»
Intervistato a margine del convegno per i 30 anni della cooperativa sociale "Il Ramo", l'economista Leonardo Becchetti fa il punto sul percorso di innovazione sociale e ambientale che coinvolge cittadini, imprese ed ente pubblico.

Generatività, comunità energetiche, cooperazione e innovazione sociale sono alcuni dei temi affrontati dall’economista Leonardo Becchetti intervenendo sabato 31 marzo al convegno organizzato a Fossano dalla cooperativa  sociale “Il Ramo” per celebrare i suoi primi 30 anni di attività. Abbiamo colto l’occasione per un’intervista in cui fare il punto sui diversi progetti in corso.

 

Prof. Becchetti, generatività è un concetto che  può essere applicato in molti campi. Qualche esempio sul piano delle politiche dell’educazione?

«Quello che stiamo cercando di lanciare nel Paese lo chiamo “comunità di innovazione sociale”, cioè mettere assieme le esperienze e le visioni complementari delle buone pratiche. Sono ormai tanti anni che andiamo a cercare le buone pratiche nei territori. L’idea è di lavorare assieme agli imprenditori e alle organizzazioni sociali delle buone pratiche, coinvolgendo il lato accademico, i giovani di Economia di Francesco e gli amministratori locali, perché sempre di più la complementarietà delle visioni e il lavorare insieme sono un elemento importante che produce valore aggiunto.»  

A proposito di buone pratiche in campo ambientale, hai parlato al Convegno delle comunità energetiche. Altre idee che si stanno sviluppando?

«La sfida è quella di emissioni nette zero, dobbiamo lavorare su tutti i fronti. C'è quello della mobilità: dobbiamo andare verso l'ibrido e l’elettrico, ma anche modelli di mobilità più sostenibile come lo sharing. Poi c'è il problema dell'efficientamento degli edifici: il 50% delle emissioni vengono da qui, quindi il modo in cui noi rinfreschiamo e riscaldiamo, e tutto il tema delle ristrutturazioni green è fondamentale. Le nuove case sono già a emissioni zero ma quelle vecchie vanno ristrutturate. La questione chiave è come produciamo energia. Ecco perché dobbiamo andare verso le rinnovabili, secondo quello che prevede l'Unione Europea. Per un 20-30% con le comunità energetiche, il resto anche attraverso grandi impianti ed è importante che  le comunità locali non blocchino questi impianti. Oggi non manca nel nostro Paese la progettualità, abbiamo quattro volte quello che ci serve fino al 2035 per quanto riguarda progetti di rinnovabili; quello che è difficile ottenere sono le autorizzazioni da parte delle Regioni e c'è un grosso conflitto in questo momento con le sovraintendenze e il Ministero della cultura, anche in casi in cui non esiste in realtà un problema di paesaggio.»

Siamo spesso portati a criticare quello che fanno o non fanno gli altri. Nel tuo libro “La rivoluzione della cittadinanza attiva” ci sono invece molti esempi di come un cittadino può prendersi cura della sua comunità.

«Assolutamente sì. Noi insistiamo da tanti anni sul “voto col portafoglio”, sulla scelta generativa del come consumare e come risparmiare, e abbiamo gettato dei semi che oggi stanno dando frutti. 22 anni fa è nato il primo fondo di investimento etico SGR che ha puntato sulla sostenibilità, e abbiamo detto “no fonti fossili”: oggi lo dicono tutti e in finanza questa idea ha un po' sfondato. I cittadini hanno tantissimi modi per partecipare, la generatività viene fuori da questa consapevolezza. Il titolo del prossimo Festival dell'economia civile sarà “L'impegno che trasforma e ci trasforma”.»

Questa intervista avviene a margine di un convegno in occasione dei 30 anni della Cooperativa sociale Il Ramo. Quali sfide vedi nei prossimi anni per questo tipo di imprese?

«La sfida è quella di continuare a camminare in modo equilibrato sulle due gambe: da una parte la cooperativa sociale deve sopravvivere creando valore economico, sia attraverso la vendita propria di prodotti sostenibili, sia con la capacità di essere attrattivi e di avere una reputazione importante per cui si conquistano spazi nel campo degli appalti sociali. Allo stesso tempo la lotta per la sopravvivenza non deve far perdere di vista il fatto che è importante anche l'impatto di ciò che si fa. Le due cose vanno insieme perché un buon impatto sociale e ambientale può creare buona reputazione quindi dà vantaggio dal punto di vista dell'ottenimento di servizi sociali.»

Passiamo alle sfide per gli enti pubblici. Si parla di “clausola sociale”, che per molti comuni purtroppo è una chimera. Quali segnali positivi vedi e dove invece deve lavorare di più l'ente pubblico per creare questo meccanismo generativo?

«Beh, intanto la sentenza della Corte Costituzionale sulla co-progettazione è una innovazione di processo molto importante, che, a fatica, sta andando avanti. C'è bisogno, come è stato fatto, di creare un osservatorio per le buone pratiche anche in campo di co-progettazione perché siamo all'inizio e dobbiamo capire come andare avanti. Anche le amministrazioni pubbliche devono “votare col portafoglio”. La questione degli appalti è fondamentale. L’appalto, soprattutto su questioni d'impatto sociale, non può essere al massimo ribasso ma deve essere un appalto generativo. Vuol dire premiare quei progetti che hanno massimo impatto sociale e ambientale. Non solo, quindi, clausole sociali o ambientali minime, ma veramente rilanciare e premiare qualcosa che poi è coerente con gli obiettivi dell'amministrazione locale.»