Consumo di sostanze e dipendenze. Gli esperti: «Non normalizziamole!»
A Rimini prima giornata del convegno nazionale sulle dipendenze. Viceministro Bellucci: «Le persone non possono essere macinate dagli algoritmi. Sempre più sole. Non diventiamo felici usando quella pasticca o quel gioco online».
Una sala gremita e grande partecipazione a partire dagli interrogativi di un centinaio di studenti del Liceo di Scienze Umane di Cesenatico. Si è aperta oggi la prima giornata del convegno "Kronos e kairos. Il consumo di sostanze e i comportamenti di dipendenza: senso e sfide aperte", promosso dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, con esperti a confronto. Ecco cosa è emerso.
Rimini, Sala Manzoni gremita. Un momento di riflessione profondo non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per chi vuole comprendere meglio fenomeni che disorientano: le dipendenze, oggi sempre più multiformi, sfuggenti, “normalizzate”.
Il titolo della mattina è stato già di per sé una provocazione: “Droghe e comportamenti di dipendenza tra allerta e normalizzazione: cosa viene prima e cosa viene dopo?”. Un invito a interrogarsi non solo sul consumo in sé ma anche su quanto il marketing favorisca la dipendenza in ogni sua forma.
L’invito di don Oreste Benzi: siate "spregiudicati"
Ad aprire i lavori è stato Ugo Ceron, psicoterapeuta coordinatore del Convegno promosso dalla Comunità Papa Giovanni XXIII che, attraverso un video di don Oreste Benzi, ha ricordato l'invito del fondatore ad essere “spregiudicati” nell'ascolto del grido profondo dei giovani e nella ricerca di nuove vie di uscita dalle dipendenze.
A seguire Riccardo Gatti, psichiatra del Tavolo Dipendenze della Regione Lombardia, ha offerto una lettura “spregiudicata” e coraggiosa della diffusione delle sostanze. «I giornali per cinquant'anni hanno parlato di emergenza droghe, dal 1970 - ha criticato Gatti - diffondendo la cultura della paura». Ma non sempre si parlava delle «sostanze più diffuse, di perché venivano diffuse e perché i narcos erano anche un modello» nei film. «Oggi stiamo passando da una cultura postindustriale ad una cultura dell'interconnessione. Ma c'è un vuoto di valori. Ci sono meccanismi economici che amplificano la società dei consumi a basso costo. Cosa si nasconde dietro al fatto che si parla poco della cocaina e del crack così diffuse tra i consumatori?». Rimini, 23 ottobre 2025. Un momento dedicato al dialogo con i giovani sul mondo dipendenze, durante il convegno "Kronos e kairos"
Foto di Marco Zangheri
Gli han fatto eco gli studenti di Cesenatico sul palco con gli interrogativi elaborati nei lavori di gruppo con l'equipe prevenzione della Comunità di don Benzi e gli insegnanti: «Mentre prima si vendevano prodotti per rispondere a bisogni, oggi si creano bisogni per abituarci a comprare. Perché lo Stato non ci protegge da questa capitalizzazione dei bisogni e commercializzazione dei consumi? Perché sfrutta la nostra sfera emotiva per il marketing a tutti i costi?».
I dati: gioco d'azzardo, psicofarmaci, cyberbullismo in aumento. Le ragazze le più colpite
Sabrina Molinaro, ricercatrice del CNR, ha portato al centro dell’attenzione i numeri sull’andamento dei consumi tra adolescenti e giovani adulti. Il gioco d'azzardo ai livelli più alti di sempre, con quasi 6 ragazzi su 10 che l'hanno provato nonostante la legge vieti l'accesso ai minori. Consumo di psicofarmaci senza prescrizione medica riguarda il 12% degli studenti nell'ultimo anno. Le ragazze sono le più coinvolte: in aumento anche abuso di sostanze per dimagrire.
Ma è l'uso eccessivo di internet che preoccupa per l'«incapacità di focalizzarsi qui e ora. Il 25.4% degli studenti intervistati usa lo smartphone più di 5 ore al giorno, con un uso discontrollato della rete e una fragilità maggiore delle ragazze».
Dall'indagine emerge soprattutto il problema del cyberbullismo, «violenza che segna nel profondo dell'anima. Il 47% degli studenti è stato cyberbullizzato. Il 23% poi diventa cyberbullo». Si tratta di giovani che fanno anche uso di sostanze, sono meno soddisfatti di sé stessi.
Altro fenomeno il ritiro sociale, più di 6 mesi senza uscire dalla camera. Giovani che dormono molto, ascoltano musica e giocano online. «Nel gaming siamo i primi in Europa», avverte la ricercatrice del CNR.
Non normalizziamo la cultura della gratificazione subito
Nel pomeriggio, il focus si è spostato su un altro nodo cruciale: la normalizzazione dei consumi e il rischio di una società che, anziché prevenire, sembra quasi tollerare o legittimare le dipendenze.
A parlarne è stato Leopoldo Grosso, psicologo e già vicepresidente del Gruppo Abele che ha messo in evidenza come il marketing, i social media e le logiche del consumo compulsivo alimentino una cultura dell’eccesso: «Viviamo in una società che spinge a desiderare sempre di più, ma educa sempre di meno». Ha sottolineato poi l'aumento del gioco d'azzardo denunciando gli alti profitti dei produttori: «Si diceva che l'Italia è prima in Europa per gioco d'azzardo. C'è un'offerta a dismisura». Per questo non va sottovalutato «lo studio della creazione di abitudini tramite la tecnologia persuasiva». Se l'abitudine esprime l’identità del soggetto, allora scatta l’omologazione passiva e chi ci guadagna avrà profitti assicurati. L'attuale cultura “doomers”, del destino avverso dei giovani li espone di più a lenitivi immediati di ogni tipo.
Grosso ha proposto tre vie per uscirne ridando speranza a progetti a lungo termine: arginare la cultura della ricerca della gratificazione subito, produrre esperienze di “mastery pleasures” e impegnarsi collettivamente nel tollerare le frustrazioni
Kaloterakis: comunità terapeutiche spazi vitali in cui diventare persone migliori
A seguire, un intervento carico di esperienza con una visione internazionale: Phaedon Kaloterakis, direttore della World Federation of Therapeutic Communities, ha condiviso la ricchezza delle comunità terapeutiche, al di là delle differenze nelle diverse latitudini, “spazi vitali” capaci non solo di accogliere, ma anche di intercettare precocemente i bisogni nascosti.
Tante le iniziative mondiali: un manifesto mondiale delle comunità terapeutiche e un corso internazionale per migliorare il trattamento nelle comunità. «Il buio sembra sempre più buio ma dobbiamo incoraggiarci. Le comunità terapeutiche sono una scelta di vita, in cui possiamo diventare persone migliori. Noi professionisti siamo servitori. Secondo l'ONU 64milioni di persone nel 2023 avevano una dipendenza. 1 su 7 sono in trattamento tra gli uomini. Mentre 1 su 18 tra le donne». Kaloterakis ha anche denunciato il dramma delle 33mila persone uccise nelle Filippine perché ancora si è puniti con la pena di morte se si usa la droga. Ma 196 paesi hanno finalmente firmato un documento comune per riconoscere la droga come problema di salute mentale. «Nelle comunità terapeutiche dobbiamo comprendere perché la persona usa sostanze e affrontare la dipendenza in un quadro bio-psicosociale. Per questo abbiamo comunità terapeutiche per diverse categorie vulnerabili, madri, minori, detenuti, luoghi in cui noi professionisti siamo servitori”. Rimini, 23 ottobre 2025. L'intervento di Maria Teresa Bellucci, vice ministro del Lavoro e politiche sociali, al convegno "Kronos e Kairos" sul mondo delle dipendenze
Foto di Marco Zangheri
Viceministro Bellucci: educare insieme, anche con opportunità di lavoro
A chiudere i lavori è stata la viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, con un richiamo forte alla dimensione sociale dell’educazione, alla responsabilità collettiva di crescere giovani liberi, capaci di affrontare anche la “fatica” della vita – che, come ha sottolineato, va riabilitata come strumento di crescita. «Il vostro fondatore ha portato opportunità là dove c'era vuoto, ha portato speranza dove c'era fragilità. In questo anno speciale in cui celebrate i 100 anni dalla sua nascita, proprio nell'anno del Giubileo, voi siete testimoni per far rimanere in vita chi non c'è più, ridare speranza a chi ha perso la speranza, far uscire dallo stato di afflizione per ricostruire la propria vita con le proprie mani. Il mero assistenzialismo non basta! Lo Stato non può bastare a se stesso e non può mostrare diffidenza verso chi si spende verso le persone più fragili. Lo Stato deve incoraggiare e favorire chi lo fa in maniera etica, legale, a chi lo fa per bene e per il Bene. Il nostro compito è prima di tutto prevenire e poi curare verso una piena reintegrazione».
Il Viceministro ha dato importanza alla rete che accompagna le persone nel percorso di recupero e nella centralità del lavoro. Ma come favorire le aziende che reintegrano persone uscite dalla dipendenza? «L'assegno di inclusioneè anche per persone che i servizi sociali hanno diagnosticato una dipendenza patologica finché non è subito in grado di tornare a lavorare. Poi il supporto alla formazione al lavoro è un sostegno economico aumentato da 350€ a 500€ perché la persona si senta riconosciuta dallo Stato e dalle istituzioni. È una grande opportunità per il terzo settore, è un tempo buono - 12 mesi che possono essere prolungati - in cui la persona recupera la responsabilità verso se stessa e verso gli altri».
La giornata si è conclusa con molti spunti e domande aperte sui comportamenti di dipendenza che richiedono una maggiore valorizzazione delle comunità terapeutiche e con la sollecitazione ad aumentare percorsi di prevenzione. Come sottolineato da Massimo Neri del settore prevenzione della Comunità di don Benzi, «aver incontrato lo scorso anno 7500 studenti nelle scuole di 5 Regioni ci sprona a continuare queste relazioni con creatività perché senza prevenzione non c'è cura».
Una responsabilità collettiva che richiede oggi più di ieri di essere “spregiudicati” nel prendersi cura delle persone sapendole incontrare prima che restino intrappolati nella dipendenza e un impegno dello Stato più coraggioso nell'interrompere la vendita di ciò che danneggia le giovani generazioni.