Poi ci sono le donne. Sono quelle che faticano di più a chiedere aiuto ai servizi. Le più vulnerabili, costrette talvolta addirittura a iniziare relazioni pericolose, a prostituirsi o a svendere la propria immagine per mantenere i costi della dipendenza. Italiane. Bologna è ormai nota alla cronaca per l'orrore di Villa Inferno che coinvolse la "Bologna bene" o i festini sui colli con minorenni organizzati dal "bodyguard" fidato in auto blu. E ancora lo scorso anno, droga e sfruttamento organizzati da una coppia a scapito di donne bolognesi agganciate sui siti di incontri. Vicende che si sommano alla maxi operazione in centro storico che due mesi fa ha smantellato un gruppo criminale di una quarantina di affiliati che vendevano cocaina ed eroina in zona universitaria.
Ci sono anche persone che ce la fanno ad uscire dal girone e a ricominciare. Come nel caso della storia di Monica, che grazie al progetto per le autonomie On my own della Fondazione Carisbo e al periodo di recupero fisico e psichico in una comunità specializzata, non solo ne è uscita ma oggi finalmente torna a reintegrarsi nella società e ad essere di nuovo autonoma, libera dalla dipendenza.
Monica oggi ha una cinquantina d'anni, qualche ruga che racconta la sua vicenda di umiliazioni e dipendenza dalle droghe, anche nella cerchia delle persone più care. «Ho tirato cocaina per anni ma oggi mi sento nuova. Mi sono fidata del Servizio Dipendenze, mi sono fidata delle operatrici che mi hanno accolto. Come ho fatto a decidermi? Mi sentivo affogare, pensavo che stavo rischiando proprio la vita». Le amicizie, i giri di una volta li ha lasciati tutti. Cambiare i numeri di telefono con coraggio è stato fondamentale come pure andare in profondità nei motivi che l'hanno portata a svendersi e a drogarsi.
Il suo obiettivo di oggi, che di anni in comunità ne ha fatti quattro, è avere un lavoro stabile e poi una casa propria. Non ha più intenzione - ci racconta - di "guardare il soffitto ed isolarsi". L'incubo di essere riconosciuta, di essere additata ormai è una storia del passato. «Oggi sono libera, vado a lavoro in una cooperativa di assemblaggio, prendo l'autobus e vado autonomamente dal dottore. Sono piccole conquiste ma per me che ho avuto bisogno a lungo di ambienti protetti, sono state importanti. Ora non ho più paura di incontrare persone che mi fanno male. Non voglio più fare certi errori: una sfida con me stessa che so di avere vinto grazie alla Comunità Papa Giovanni XXIII».
Un consiglio a chi è ancora nel giro? «Non frequentare persone con tanti soldi e con tanti vizii. Il primo che mi ha fatto tirare di cocaina era un magistrato, un personaggio importante a Roma. Bisogna diffidare di uomini falsi che pensano solo al loro interesse. Ti fanno false promesse e ti dicono che non c'è niente di male. Non ci credere mai. Ti stanno usando in realtà! Non bisogna mai sottovalutare i pericoli dell'uso di sostanze. Prendi in mano la tua vita. E' difficile ma io ce l'ho fatta!».
E così Monica oggi è tornata ad essere una insospettabile al contrario... una insospettabile donna riscattata.