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29 Ottobre 2022
Ultima modifica: 28 Settembre 2023 ore 11:34

Don Benzi: rifiutato dal seminario perché povero

Il 2 novembre di 15 anni fa si concludeva la vita terrena di don Benzi. Il punto sulla causa di beatificazione con la postulatrice Elisabetta Casadei, che ci rivela alcuni particolari inediti.
Don Benzi: rifiutato dal seminario perché povero
Tra le mani della postulatrice stanno scorrendo documenti originali, alcuni dei quali manoscritti, recuperati dalla Commissione storica, che contengono informazioni preziose sulla vita di don Oreste.
Sono trascorsi 15 anni dalla notte in cui il cuore di don Oreste Benzi, il sacerdote riminese conosciuto da molti come il prete dalla “tonaca lisa”, ha smesso di battere.
Profetiche quelle parole che aveva scelto mesi prima a commento delle letture del 2 novembre 2007 – giorno in cui è morto – sul messalino Pane Quotidiano: «Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede […] La morte è il momento dell’abbraccio col Padre.»
Don Oreste Benzi non è “scomparso” – come si dice oggi – perché ha lasciato una grande eredità spirituale tuttora viva e generativa. Ha seguito Gesù povero e servo condividendo la vita degli ultimi, e su questa intuizione ha fondato la sua Comunità Papa Giovanni XXII, che continua ad operare in tutto il mondo.
Per lui è in corso una causa di beatificazione e – dopo che la fase diocesana si è conclusa in soli 5 anni, il 23 novembre 2019 – gli atti del processo riminese sono passati a Roma, al vaglio della Congregazione delle Cause dei Santi.

La postulatrice Elisabetta Casadei
La postulatrice Elisabetta Casadei

Al lavoro sulla Positio

Elisabetta Casadei, teologa e docente di Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e all’ISSR A. Marvelli della diocesi di Rimini, dopo essere stata la postulatrice della fase diocesana, è stata incaricata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII di seguire come postulatrice anche l’iter romano della causa di beatificazione del servo di Dio, ed è attualmente impegnata nella preparazione della Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis.
«Sto lavorando – ci racconta al telefono la teologa – alla stesura della corretta Biographia di don Oreste, e all’Informatio, cioè alla parte della Positio che riguarda le sue virtù teologali (fede, speranza e carità) e cardinali (temperanza, fortezza, prudenza e giustizia), sulla base dei documenti raccolti in Diocesi. La mia collaboratrice, invece, sta redigendo il Summarium documentorum, la sintesi, cioè, delle deposizioni di tutti i testimoni».
Ad oggi Elisabetta Casadei è arrivata all’anno 1983. «Si tratta di passare in rassegna, pagina per pagina, molti volumi, per un totale di oltre 18.000 pagine».
Tra le mani della postulatrice stanno scorrendo documenti originali, alcuni dei quali manoscritti, recuperati dalla Commissione storica, che contengono informazioni preziose sulla vita di don Oreste. «È importante ricostruire nel dettaglio la vita di questo servo di Dio – spiega Casadei –. Un’operazione che inevitabilmente porterà anche a fare chiarezza su alcuni luoghi comuni.»

Don Oreste voleva diventare un missionario?

Uno di questi riguarda il desiderio di don Oreste, una volta prete, di andare in missione. Ebbene, i documenti sembrano smentire questa convinzione.

Anche se una volta diventato prete il desiderio di andare in missione era presente. Lo racconta don Oreste in un’intervista rilasciata al giornale Sempre in occasione del suoi 50 anni di sacerdozio, ora pubblicata nel libro Ribellatevi! Intervista con un rivoluzionario di Dio, Sempre editore, 2019.
Alla domanda: Qual era il tuo sogno da giovane prete? Lui risponde: 

«Andare in missione. Avevo chiesto al mio padre spirituale di poter andare, ma ero cagionevole di salute e allora mi aveva detto: "Aspetta, prima la teologia!". In teologia ho chiesto di nuovo e mi ha risposto: "Aspetta a diventar prete!" Intanto due miei intimi amici sono andati in missione; dovevamo partire tutti e tre, invece io sono rimasto a casa: Diventato prete, mi hanno nominato assistente della Gioventù Cattolica e padre spirituale in seminario, perciò non sono più partito. Dopo è iniziata la vita di comunità. In un certo senso sono partito come missionario, ma in una forma strana: giro continuamente in tutte le parti dove si trova la Comunità Papa Giovanni XXIII, sia in Italia che in tanti altri Paesi del mondo.»
Don Oreste Benzi


Torniamo al 1937 e l'intenzione del giovane Oreste Benzi  di andare in missione. Ha 12 anni e fa richiesta di entrare in seminario a Rimini, ma la sua domanda viene respinta. Per intraprendere il cammino sacerdotale che tanto desidera, non gli rimane che chiedere, su suggerimento dei genitori, di entrare come aspirante missionario al seminario dei Comboniani a Riccione.
Già a quell’età Oreste dimostra di essere un ragazzino speciale. «Un ex compagno al seminario comboniano lo ricorda come aperto, generoso, sereno, vivace e amante dello sport» – dice Casadei citando il documento. Anche il rettore aveva una buona opinione di lui: «In seminario aveva 10 in condotta e viene descritto come molto pio e obbediente, con un ottimo carattere ed era sempre il primo o il secondo della classe».
Nonostante questo, a 14 anni Oreste chiede di lasciare il seminario comboniano, in quanto sente di non essere nel posto giusto. «Viene dimesso – racconta la postulatrice – perché comincia a manifestare ai superiori il desiderio di essere sacerdote secolare e non missionario».
È il 1939, Oreste prova ad entrare nuovamente in seminario a Rimini, ma viene respinto per la seconda volta.
Qual è il motivo di questa esclusione? La questione è solo economica. Spiega Casadei: «I genitori non hanno i soldi per pagare la retta del seminario e a Rimini all’epoca scartano chi non ha i soldi e chi ha qualche mese in più dell’età prestabilita».

In seminario a Urbino

Intenzionato a diventare sacerdote diocesano a tutti i costi, ritroviamo un don Oreste 14 enne al seminario di Urbino. Per farlo accettare si mobilita il padre Achille il quale scrive al rettore, racconta Casadei, «promettendo di pagare la retta, anche a costo di rinunciare alla sua pensione di mutilato di guerra.»
A scrivere anche all’Arcivescovo di Urbino ci pensa lo stesso Oreste «spiegando di essere uscito dal seminario comboniano perché non sente la vocazione missionaria» – continua Casadei.
Ma non finisce qui, anche il parroco di Sant’Andrea in Casale, la parrocchia in cui è nato don Oreste, scrive una lettera di presentazione accennando al motivo dell’uscita del ragazzo dal collegio missionario di Riccione e il motivo per cui non è stato accolto a Rimini».
Finalmente il vescovo di Urbino, dopo aver fatto le sue verifiche, apre a Oreste le porte del seminario.

Don Oreste Benzi in seminario nel 1942
Ottobre 1942, Bologna. Don Oreste Benzi in 5ª ginnasio al Seminario Regionale.

Ma il suo cuore batte per la diocesi di Rimini

L’idea di essere un sacerdote nella sua diocesi non abbandona il giovane Oreste. Nel 1941 chiede al Vescovo di essere trasferito a Rimini. Nella lettera, Oreste racconta di aver sempre desiderato ritornare nella sua diocesi, si è confrontato con il suo padre spirituale e il momento è propizio, considerati anche i vantaggi che ne derivano per la sua famiglia avvicinandosi a casa; non avrebbe più bisogno della lavanderia ed essendo razionato il pane, i suoi genitori avrebbero meno spese da sostenere.
È un ragazzino determinato che vuole realizzare il sogno in cui crede. «Però ostacolato per motivi economici – sottolinea Casadei –. Lui ha provato cosa vuol dire essere svantaggiato, emarginato, perché povero. Aveva un desiderio grande e per motivi economici non poteva realizzarlo perché trovava una diocesi irremovibile sull’aspetto economico.»
Nonostante questo – sottolinea Casadei – «non lo ha mai rinfacciato. Così come non ha mai avuto sentimenti di rancore, rabbia, vendetta anche negli anni successivi, eppure le difficoltà ci sono state. La Diocesi di Rimini deve essere molto grata a Dio per il dono che ha avuto di questo servo di Dio nonostante gli ostacoli che all’inizio gli ha creato».

Preghiere, grazie e miracoli

Mentre prosegue il lavoro sulla Positio, alla postulazione arrivano spesso richieste di ricevere la preghiera di intercessione di don Oreste Benzi; l’ultima giunge dalle Filippine. «Si tratta di una comunità di laici che nel territorio fa visita ai malati, agli anziani e ai giovani, ai quali poi vogliono lasciare la preghiera di don Oreste perché porti loro conforto.»
Il cammino della causa di beatificazione di don Benzi è tracciato. Le segnalazioni di grazie ricevute dopo averlo pregato sono molte, ma sappiamo che alla Chiesa servirà un miracolo per proclamarlo beato, due per dichiararlo santo. Ogni miracolo, poi, per essere considerato tale, viene verificato attraverso l’apertura di un nuovo iter processuale.
Alla postulatrice recentemente ha scritto una donna italiana alla quale era stato diagnosticato un carcinoma ovarico. «I marker tumorali erano altissimi. Questa donna ha pregato don Oreste e anche altre persone hanno pregato il sacerdote per lei. Ha fatto tutto il ciclo di chemio, mesi e mesi di cure e gradualmente è guarita.» Al momento, approfondisce Casadei, «non ci sono gli elementi per dire che si tratta di un miracolo, ma di una grazia sì. La donna sente che è stato don Oreste ad accompagnare la sua guarigione.»
Sembra, dunque, che per il miracolo vero e proprio si debba ancora attendere, ma per Casadei non c’è fretta: «Ne ha fatti tanti da vivo, è giusto che adesso si riposi un po’».

Info: Fondazioone don Oreste Benzi. Per segnalare grazie e favori ricevuti: +39 349 3237566; infocentromarvelli@gmail.com