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23 Febbraio 2021
Ultima modifica: 26 Febbraio 2021 ore 14:36

Giustizia: la scrivania ingombra della nuova Ministra

Molte le richieste delle parti sociali; la giustizia riparativa trova spazio sulla libreria di Marta Cartabia e nel cuore.
Giustizia: la scrivania ingombra della nuova Ministra
Foto di ANSA/FRANCESCO AMMENDOLA/QUIRINALE
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha nominato una cattolica, proveniente dal mondo di Comunione e Liberazione, a guidare il Ministero della Giustizia. Il Progetto Safe ha affrontato il tema del recupero degli autori di violenze sui minori. Giovedì un webinar su Carcere, Covid-19 e Comunità. Il nuovo libro di Giorgio Pieri.
Fra le prime azioni compiute dalla neo-ministra alla giustizia Marta Cartabia c'è stato il 19 febbraio l'incontro con il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, in particolare con una toccata di gomiti con il Presidente Mauro Palma. È stata prima uscita pubblica, quella della giurista di ispirazione cattolica, che traccia una direzione. Tante sono le richieste che già ricoprono la sua scrivania:  prescrizione breve, edilizia carceraria, durata dei processi, e molti altri.

«La ministra ha già fatto seguire gesti simbolici e produzione di materiali concreti alle sue belle parole», commenta, intervistato da Sempre, Patrizio Gonnella, Presidente dell'Associazione Antigoneche annualmente pubblica un report di riferimento per il settore sulla situazione delle carceri italiane. Gonnella si riferisce al libro Un’altra storia inizia qui pubblicato l'anno scorso e scritto dalla neo-ministra insieme al criminologo Adolfo Ceretti; il libro racconta la visione della giustizia del Cardinale Carlo Maria Martini.
 
«La pena non deve mai — è il commento di Gonnella — neanche lontanamente assomigliare a una vendetta. Il diritto penale nasce proprio per sottrarre dalle mani dei singoli cittadini la clava della vendetta personale privata. La cautela nell’esercizio del potere, conquista delle democrazie contemporanee, non deve mai abbandonare chi gestisce l’amministrazione della giustizia e tutti gli altri attori dell’articolato sistema penitenziario».

Giustizia riparativa: percorso di lungo periodo 

Fra i temi sulla scrivania della ministra Cartabia c'è anche quello della giustizia riparativa; tema che ha ben presente anche nel cuore e nella sua libreria, visto che nella sua carriera ha presieduto diversi dibattiti sull'argomento. 
 
Di cosa si tratta?  «La giustizia riparativa è fra le indicazioni della Commissione Europea sulle vittime di reato, ma in Italia non è disciplinata», spiega Claudia Mazzucato, docente dell'Università Cattolica di Milano, che il 1 febbraio 2021  ha affrontato il tema durante un dibattito online sul tema del recupero delle persone che hanno compiuto violenza nei confronti di minorenni, all'interno del progetto Safe, educare ed accogliere in ambienti sicuri.
 
«Si tratta — ha spiegato la Mazzucato durante l'evento — dell'incontro libero e volontario fra chi è responsabile di un'offesa e di chi l'ha subita, eventualmente con la partecipazione dei familiari, e sempre con la presenza di un terzo, o di un'equipe, di facilitatori. Così l'ha definita l'Unione Europea».

 
 

«È un modello — continua — di giustizia che tiene insieme presente, passato e futuro, per garantire la non ripetizione del reato. Una giustizia concreata, realistica che rende protagonisti coloro che ne sanno di più: l'autore del reato e la sua vittima».

È un modello di giustizia senza carceri, che può sembrare un modello utopico, ma che forse potrà rientrare nelle visioni di lungo periodo anche in Italia?

È l'auspicio di Claudia Mazzucato espresso durante il webinar del progetto Safe: «Negli anni si sta iniziando a parlare di giustizia riparativa anche nel nostro paese, anche se sono ancora troppo pochi i centri di mediazione fra le parti attivi. Dovrebbe esserci un centro per la giustizia riparativa in ogni città medio-grande, e le persone devono essere informate della possibilità di attivare in maniera gratuita questi percorsi.  Non ho sentito indifferenza su questi temi, e ho sempre incontrato persone molto aperte a questi cammini, forse dubbiose ma mai indifferenti». 

Qualche esempio di giustizia riparativa applicata? 

Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano è intervenuto al webinar: «Parlavo anni fa con un ragazzo che spacciava cocaina e che si domandava del perché fosse in carcere. Diceva: "in fondo vendevo ad adulti, dove ho sbagliato"? Quel ragazzo dopo un paio d'anni mi ha detto: "Forse ho capito. Una volta ho venduto una pallina di cocaina ad un papà, che aveva il suo bambino piccolo con sé in macchina. Mi sono detto: e se fossi stato io quel bambino"»? 

Sbarre del carcere
Sbarre del carcere
«Nella percezione di quel giovane — spiega Don Claudio — prima non c'era il volto della vittima. Ma un carcere che sappia svolgere una funzione rieducativa deve riportare gli autori di reato a ricordarsi di quel volto».
 
Claudia Mazzucato, riferita agli abusi compiuti fra minori: «Alcuni autori di reato chiusi in carcere dicono: "Basta solo che io mi dimentichi di quel che ho fatto", ma il tempo non aggiusta le cose. Oppure dicono: "Faccio il bravo".  Ma il cambiamento non può essere solo un'adesione formale ad un progetto. Bisogna lavorarci dentro;  i ragazzi che sbagliano hanno bisogno di adulti che aiutino a mettere le mani all'interno di un conflitto, per comprenderlo».  

E continua con un altro esempio:  «Nel caso del Covid-19 ci sono stati migliaia di procedimenti penali per le morti da coronavirus. Ma noi non abbiamo bisogno di qualcuno che vada in prigione. Fare giustizia significa in questo caso cambiare il modo di affrontare le pandemie. Sono proprio le vittime ed i carnefici a sapere cosa si è sbagliato e a poter diventare le guide del cambiamento». 
 
Alle spalle della neo-ministra Cartabia diversi tomi sull'argomento affollano — possiamo immaginare — una nutrita libreria.
 
Il Presidente dell'Associazione Antigone Patrizio Gonnella ha in mente anche un altro testo, scritto dall'ex Presidente della Corte Costituzionale (Marta Cartabia ha ricoperto l'incarico fino al 12 settembre 2020): «In un libro di commento al discorso che papa Francesco tenne nel 2014, rivolgendosi all’associazione internazionale dei penalisti, Marta Cartabia scriveva: "La persona è un uomo vivente: può sempre evolvere nel suo cammino e non perde questa sua caratteristica dentro le mura di un carcere [...]. Ogni istituto del diritto e della prassi penale e penitenziaria sono dunque chiamati a favorire il percorso rieducativo del condannato, fine ultimo della pena secondo l’art. 27 della Costituzione italiana e di molte costituzioni contemporanee”». 
 
Frasi che costellano la carriera della Cartabia, che danno conto di una consapevolezza e che fanno ben sperare. Anche se il futuro è lontano, spiega Gonnella:
 
«La giustizia riparativa è un modello che richiede tempo, un approccio culturale antropocentrico, e forse una diversa organizzazione dell'intero welfare. Nell'attesa di una rivoluzione culturale anti-punitiva possiamo intanto intervenire sul modello di esecuzione penale, sottraendo al carcere la sua inutile centralità».

Esperienze di giustizia riparativa: il libro

Giorgio Pieri
Giorgio Pieri, coordinatore del progetto CEC (Comunità Educanti con i Carcerati)
È un tema che Gonnella ha affrontato insieme a rappresentanti della politica e delle istituzioni il 25 febbraio 2021 nel webinar Carcere, Covid-19 e Comunità. Fra gli altri relatori, anche Giorgio Pieri, coordinatore del progetto Comunità Educanti con i Carcerati della Comunità Papa Giovanni XXIII, che già sperimenta in Italia progetti ed esperienze di giustizia riparativa. Pieri ha presentato il suo libro: Carcere, l'alternativa è possibile, nel quale racconta un modello possibile in tal senso.


Ecco la registrazione dell'evento.
 
 
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