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22 Marzo 2024
Ultima modifica: 22 Marzo 2024 ore 08:41

Dopo il purgatorio c'è Haiti

In migliaia condannati ad una miseria senza fine. Oggi la giornata di preghiera
Dopo il purgatorio c'è Haiti
Foto di EPA/JOHNSON SABIN
Maddalena Boschetti, missionaria diocesana, descrive com'è l'inferno. Ragazzini rubano per sopravvivere, scavalcando i corpi sull'asfalto. Gli aiuti alimentari vengono dati solo a chi ha speranza di farcela. E poi c'è la tenacia di chi non si arrende.

Una escalation di violenza senza precedenti quella che sta vivendo il popolo haitiano.

I Vescovi di America Latina e Caraibi e la Caritas hanno indetto per oggi venerdì 22 marzo una giornata di preghiera per non restare indifferenti ed incoraggiare bambini e giovani a non partecipare agli episodi di criminalità ormai diffusi quotidianamente nelle città. Dei morti per strada, delle giornate di spari a Port-au-Prince, degli ospedali che stanno chiudendo i battenti, con malati e medici in preda alla disperazione, ci racconta Maddalena Boschetti, consacrata camilliana della Diocesi di Genova che descrive costantemente, attraverso la newsletter dell'associazione Aksyon Gasmy che ha fondato 8 anni fa, la vita del popolo haitiano che resiste.

Ragazzi giocano con copertoni, sullo sfondo un corpo coperto da un lenzuolo
Il 20 marzo 2024, a Port-au-Prince, Haiti, sono stati scoperti per le strade di Petion-Ville sette corpi carbonizzati e colpiti. Questo avvenimento segue la morte di almeno quindici persone nella stessa area due giorni prima.
Foto di EPA/Johnson Sabin

Dopo le dimissioni del premier Ariel Henry non eletto ufficialmente e mal voluto dalla popolazione, alla guida del paese dall'assassinio nel 2021 del presidente Jovenel Moise, l'evasione di circa 5.000 detenuti dalle carceri haitiane da sabato 3 marzo, e la battaglia a Champ de Mars centro istituzionale di Port au Prince con l'attacco al Palazzo Presidenziale dello scorso 8 marzo, nemmeno il contingente di un migliaia di agenti promessi dal Kenia potrebbero fermare le gang che continuano ad ampliare le file dei propri affiliati con fake news e video da influencer sui social. Come questo capo gang che presenta sui social il suo corpo specializzato di combattenti, capaci di organizzare attacchi contemporanei nel paese, con armi nuove, mitragliatrici, blindati, uniformi tattiche. «La polizia - spiega Maddalena Boschetti - , quello che rimane della polizia, non ha in dotazione nemmeno lontanamente niente di simile. E i media locali non informano nemmeno il popolo haitiano su quanto accade davvero, piuttosto impegnati a distrarlo raccontando di una zombi trovata dopo anni di ricerche o delle partite di calcio. I capi gang, vere star di Facebook e di Tiktok, influencers che guadagnano fortune manipolando la verità, si presentano come nuovi leader. Deformazione della verità, utilizzo malvagio dei social, tecnologia da fantascienza in un paese in cui la metà dei bambini è malnutrita e in cui i farmaci iniziano a scarseggiare, un paese in cui il sistema sanitario è collassato e i bambini e i giovani da anni non riescono a finire normalmente un anno scolastico».

 


Nelle città prese d'assalto e controllate dalle gang con piani strategici di comunicazione di massa e l'avanzato sistema dei droni, continua senza sosta l'impegno dei missionari al fianco degli haitiani che rifiutano da diversi anni la violenza come strumento per risolvere la situazione socio-politica.

Piccoli segni di speranza

Tra questi dalla capitale, sono appena rientrati alcuni giovani dell'associazione di cui Maddalena Boschetti è presidente e che dal 2016 si occupa di bimbi disabili e delle loro famiglie nel nord-ovest di Haiti, abituati a muoversi in motocicletta o a piedi per cercare di raggiungere coraggiosamente le famiglie isolate, in contatto con le comunità religiose, con i medici dell'Ospedale San Camillo. «L'ultimo miracolo, un sogno in questi giorni durissimi, che speriamo possa ripetersi prima possibile quando il paese tornerà ad essere vivibile: l'accoglienza di 3 bambini piccoli con le loro 3 mamme per subìre delle operazioni». Sono le prime ore del giorno e si sente il canto del gallo in sottofondo mentre al telefono mi racconta scene terribili di città disumanizzate in cui i bambini stessi per sopravvivere vanno a saccheggiare le case, tanti ragazzini armi alla mano per un pezzo di pane e un pò di fama. E in alcuni quartieri, si è costretti a scegliere a chi portare le derrate alimentari pensando che non sia così malnutrito da poter sopravvivere. «I bimbi - prosegue - sono i primi a morire. Specie quelli più fragili, con handicap multiplo, con danni cerebrali per malattie congenite di cui ci occupiamo normalmente nelle nostre missioni».

Poliziotti armati in uniforme militare
La polizia pattuglia le strade di Port-au-Prince, Haiti, il 20 marzo 2024.
Foto di EPA/Mentor David Lorens


La voce ansimante, rotta dal dolore mentre mi racconta di quanta miseria e morte soprattutto nella capitale e nelle città più importanti. Nelle province, la gente non vede direttamente la violenza ma ormai vive l'isolamento, la mancanza di cibo, le medicine che scarseggiano, la mancanza di benzina, dove le banche già non consegnano più contanti. Le arterie principali del paese sono controllate dalle gang. Chi si sposta deve pagare loro pedaggi insostenibili, oppure rischia di essere rapinato, rapito, torturato. Per uscire di casa si fa riferimento a gruppi di sicurezza su WhatsApp che informano sulle zone percorribili senza pericolo. Ma l'angoscia e il dolore per i figli, per gli amici che vivono a Port-au-Prince cresce di ora in ora, specie con la chiusura degli ospedali, tra gli ultimi - secondo l'Ansa - il San Francisco di Sales. «Senza luce, senza gas. Soprattutto senza acqua da bere perchè i depuratori non sono sufficienti o sono stati distrutti. Come possono sopravvivere i più indifesi? Bambini abbandonati in ospedale. Nemmeno i genitori hanno il coraggio di andarci per paura di essere uccisi. Ditelo a tutti! Tutto il mondo deve sapere la verità: qui non ci sono liberatori tra coloro che usano le armi». Né tra le forze di polizia ormai ai minimi termini, né tra i leader a capo delle gang armate.

Continuare a credere nella pace

Come tanti missionari rimasti nel paese a rischio di rapimenti anche Maddalena Boschetti vede solo nella via della pace la strada da intraprendere. Le chiedo se davvero in questa situazione di totale anarchia la pace sia possibile. Mi risponde: «Io credo veramente nella pace. Noi stessi la stiamo già costruendo! Il nostro centro a Mawouj è un'oasi di Pace e i nostri bambini disabili, i loro genitori ne sono il cuore. Il vero popolo haitiano vuole la pace, non vuole la violenza, non l'ha scelta. I genitori dei nostri bambini, i contadini, le famiglie haitiane tutti i giorni lottano per dare ai loro figli il necessario, sono persone che lottano per la vita, sono loro il vero popolo haitiano. Sono loro i veri eroi non quelli che vogliono manipolare la verità o che la nascondono». Mentre a fatica nella parte nord ovest meno colpita ma la più povera del paese, continua instancabile a portare aiuti ai bambini e alle famiglie più vulnerabili, ad impegnarsi nell'educazione, nella fisioterapia, nella formazione, nell'assistenza alle madri, la missionaria incoraggia ragazzi e giovani a non seguire le gang e a sfuggire con coraggio ai loro inganni e promesse di potere e denaro, unico metodo per indebolirli. E invita alla preghiera per la pace anche al di là dei Caraibi. Perché la resistenza silenziosa che ai governi vicini non sembra interessare riesca ad interrompere casa dopo casa la guerra civile in corso.