A 10 minuti dal Santuario di Fátima lungo uno dei cammini portoghesi per Santiago di Compostela, sorge la Casa "Nossa Senhora De Fatima" della Comunità Papa Giovanni XXIII. Il muro di cinta che la circonda, un tempo anonimo, sta prendendo vita trasformandosi in una tela viva che racconta storie di speranza, accoglienza e rinascita che si respirano nella casa.
Non è un semplice dipinto, ma la realizzazione di un sogno, un'idea maturata due anni fa nella mente di Antonio Scarpiello, il responsabile della casa. «Ho sempre immaginato – ha raccontato Scarpiello – che quel muro potesse parlare, potesse diventare un messaggio di vita per chi passa di lì». Grazie all'impegno e all’arte degli studenti del Colégio de São Miguel, questo sogno sta finalmente diventando realtà.
Foto di Giorgio Fontana
Scarpiello ha condiviso le sue sensazioni riguardo al progetto che nel frattempo era stato inserito nel piano didattico: «Sono due anni che ci speravo. Il Signore fa grandi cose». Il disegno, sotto la guida della pro.ssa Carla, è stato progettato dagli alunni dell'ultimo anno del corso di design, ceramica e scultura durante l'anno scolastico 2023/24 ed è stato realizzato quest'anno da un'altra classe, anch'essa all'ultimo anno delle scuole superiori, coadiuvata dai loro insegnanti. «Se ci pensi, è un modo curioso per testimoniare che niente ci appartiene» - ha aggiunto Scarpiello.
L'opera scelta tra tante, attualmente in corso di realizzazione, riflette profondamente i valori della comunità così come sono stati compresi dai ragazzi, i quali sentono che «siamo una grande famiglia». Il disegno che anima il muro vuole trasmettere proprio questo: la forza del carisma della comunità, l’accoglienza e il perdono. La parola di Dio che si fa concreta attraverso la condivisione con chi ha varie difficoltà, «rappresentati dalla persona con disabilità in carrozzina e dal senza fissa dimora che chiede l'elemosina» - ha spiegato Scarpiello. A metà dell'opera si erge il campanile del Santuario di Fátima, meta di pellegrinaggio da ogni parte del mondo.
«Nella casa di Fátima, accogliamo anche i pellegrini, tutti uniti nella preghiera con Maria, offrendo loro letto e ristoro e proponendo una esperienza di condivisione con gli ospiti della casa in piena fraternità, realizzando di fatto le parole del nostro fondatore: "Finché gli ultimi non saranno i primi", perché i nostri ospiti sono i veri padroni di casa, questa è la loro casa.».
Tra le immagini dipinte, spicca la figura di un detenuto, che rappresenta l’altra grande verità che animava don Oreste, fondatore di questa realtà: «L’uomo non è il suo errore». «Anche lui pronto ad essere accolto e a far parte della nostra grande famiglia» - ha commentato Scarpiello. Un invito a guardare oltre, a non fermarsi all’apparenza, a offrire una seconda possibilità. Altro dettaglio interessante è anche la scelta di lasciare i volti delle figure anonimi, a parte quello di Maria, tratto che rende il murales un quadro aperto, dove chi guarda può immaginare storie e volti propri.
Antonio Scarpiello ha assistito alla fase di realizzazione con grande partecipazione. Nonostante il maltempo abbia ritardato i lavori, la tenacia dei giovani non si è arresa. Una decina di studenti, tra i diciassette e i diciotto anni, affiancati da tre insegnanti, si è dedicata al progetto con passione, lavorando anche durante le vacanze e persino dopo aver sostenuto gli esami di maturità.
«Mi sono emozionato tanto nel vederli disegnare tutti insieme queste opere grandissime - ha raccontato Scarpiello. Vedere la loro capacità di lavorare in équipe con i loro professori, in armonia, nello scambiarsi di posizione, nello scambiarsi l'incarico».
L'opera verrà completata a settembre con l'aggiunta di altri murales. «I giovani che si avvicinano alla nostra casa portano colore, portano bellezza» - ha concluso Scarpiello. Il murales, ancora in fase di lavorazione, è già un inno alla speranza e un testamento del potere che l'arte, unita alla fede e alla passione, ha di unire le persone e di trasformare un semplice muro in un simbolo di fraternità e accoglienza. «Un modo nuovo per raccontare chi siamo, cosa facciamo e soprattutto in cosa crediamo».
La storia di Antonio Scarpiello che a Fátima ha ritrovato la strada.