Dai giovani nei quartieri può ripartire il cambiamento nelle relazioni, nonostante gli episodi di aggressione e la paura che i media continuano a fomentare
Negli ultimi mesi a Milano si sono registrati gravi episodi di violenza, specie tra i giovani. Ma nei quartieri le "crepe" si possono riparare, qualcosa sta cambiando. L'esperienza dell'Associazione Ebano.
Il 25 ottobre scorso è stato un giorno difficile per la metropoli lombarda: quattro aggressioni in meno di ventiquattr’ore hanno scosso la città. Una donna picchiata nella metro di Sesto San Giovanni, due neomaggiorenni accoltellati in via Vizzola, zona Bicocca; nella notte, altri due giovani feriti nei pressi della Triennale e infine altri due in Piazza Costantino, anche loro colpiti da armi da taglio. Una scia di violenza che racconta una metropoli sempre più tesa, dove la rabbia esplode improvvisa e il senso di comunità si dissolve.
Secondo uno studio del Transcrime, il Centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano non sono aumentati i reati, ma «cresce la violenza» e «l’età del primo reato si abbassa»: oltre la metà dei giovani presi in carico ha commesso i primi comportamenti dannosi entro i 15 anni. Per quanto riguarda la violenza contro le donne, nella città le misure cautelari per reati di genere sono salite del 64 % in un anno; e nel 41% di casi di violenze gli autori sono giovani. Ma non è l'unica fotografia della metropoli abitata da studenti, lavoratori, artisti, ragazzi che ogni giorno costruiscono reti, progetti, linguaggi, una nuova storia che può diventare la chiave del cambiamento: quella dei giovani stessi. Michelangela Barba, Presidente dell'associazione Ebano onlus di Milano
Foto di Michelangela Barba
Michelangela Barba, criminologa, oggi è Presidente di Ebano onlus. L'associazione, attiva nel Comune di Milano a favore di donne, minori vittime di violenza e sfruttamento o in condizioni di grave marginalità, si occupa di progetti di emergenza abitativa con 19 appartamenti per l'accoglienza, supporto psicologico, sostegno in zone “critiche” di Milano ovvero in quartieri con gravi situazioni di svantaggio sociale.
Chi sono i giovani che incontrate nei quartieri più a rischio e perchè diventano aggressivi?
«Ci sono due tipologie di problemi nella fascia giovanile dei quartieri dove interveniamo. Da una parte ci sono giovani italiani o di seconda generazione che provengono da situazioni di estrema marginalità - ne ha parlato anche il cantante Ghali - che sono in carico ai servizi sociali da varie generazioni e che con la grande emergenza abitativa che c'è a Milano si trovano costretti a vivere con le famiglie in contesti abitativi totalmente inadeguati, senza allacciamenti, senza scarico fognario, o nei retrobottega e negli scantinati. Anche per questo manifestano una forte rabbia sociale ma anche un desiderio di riscatto economico. Dall'altra parte ci sono minori stranieri non accompagnati che hanno interrotto il percorso di accoglienza, sono rimasti senza casa, senza permesso e non hanno riferimenti familiari in Italia. Vivono insieme in alloggi occupati abusivamente e abusano di psicofarmaci e nuove droghe. Hanno comunque alle spalle un trauma migratorio - molti di loro sono sopravvissuti dalle prigioni libiche -, hanno già subìto violenze e per questo sono portatori di una rabbia e di un'aggressività irrisolta».
C'è una maggiore incidenza di aggressioni verso le ragazze?
Milano. Questo quartiere lo sento simile a me. Non si cambia andando via. Ma diventando più forti. Mostra fotografica "Riparare con l'oro"
Foto di Chiara Marigliano e Laura Eusebi
«Sì nei quartieri le ragazze giovani subiscono molestie verbali per strada - il cosiddetto catcalling - e di attenzioni indesiderate. Purtroppo non è l'unica problematica evidente. Nelle interviste realizzate grazie al progetto e alla mostra fotografica "Riparare crepe con l'oro, con loro", sono emerse anche situazioni di ragazze che possono anche essere state vittime di violenze da coetanei, si arrivano ad identificare con gli aggressori e sono coinvolte anche nelle loro attività criminali».
Qual è l'esperienza di Ebano onlus nell'ascolto e intercettazione dei giovani per offrire loro proposte costruttive e positive che creino un cambiamento nella relazione coi coetanei? L'impressione è che ci sia un tale annientamento del sé e della propria dignità per cui se un giovane si sente di non valere niente anche l'altro/l'altra non vale niente e per questo si sente libero di ferire i coetanei.
«Le soluzioni possibili sono graduali e su più livelli. L'impegno principale di Ebano è con le madri e con i loro figli. Spesso si tratta di donne che hanno subìto violenza e prendersi cura dei loro figli è una modalità importante di sostegno e prevenzione perchè non ripetano gli agìti violenti a cui hanno assistito man mano che diventano grandi. Per quanto riguarda i ragazzi stranieri occorre sostenere le famiglie numerose nei paesi di origine che ripetutamente mandano i loro figli ancora piccoli anche rischiando la loro vita per venire a lavorare in Europa. Ma non possiamo realizzare un sogno impossibile di questi ragazzini che qui non hanno ancora l'età per lavorare. Dobbiamo affrontare in loro un trauma complesso, un trauma culturale e un trauma durante il viaggio. Questi ragazzini vengono infatti di frequente da contesti rurali e si trovano all'improvviso in una metropoli come Milano dove a tredici, quattordici e quindici anni per noi è fondamentale imparare l'italiano, andare dalla psicologa, frequentare un corso professionale, imparando a convivere con altra cultura e integrarsi in un sistema sociale e sanitario totalmente diverso. Dal loro punto di vista invece sono grandi e hanno la missione di guadagnare soldi alla fine di ogni giornata per sopravvivere e soprattutto sostenere la famiglia nel paese di origine. Nel nostro Paese la prospettiva è totalmente diversa. Limitare la marginalità significa riparare traumi, costruire relazioni positive, ridare valore ai ragazzi e alle loro capacità concretamente, non solo offrendo un corso di musica o un'attività sportiva. Si tratta di trovare soluzioni abitative e budget economici che possano avvicinarsi alle risposte che vorrebbero e all'obiettivo di sostentamento che gli è stato affidato dalle famiglie, altrimenti ogni progetto sarà fallimentare».
C'è un progetto positivo che può ispirare anche altri a restituire dignità ai giovani e prevenire altre aggressioni?
«Siamo presenti nei quartieri a rischio dal 2019 con un progetto per le donne vittime di violenza domestica e dal 2021 col progetto C.A.S.A Aler siamo a Gratosoglio e a Corvetto. Qui abbiamo uno spazio proprio in collaborazione con i "community manager" dell'Azienda lombarda per l'Edilizia residenziale. Quartieri di Milano. Mostra fotografica "Riparare crepe con l'oro"
Foto di Chiara Marigliano e Laura Eusebi
Tra le varie segnalazioni che ci arrivano direttamente, ricordo la vicenda di una mamma egiziana abbandonata dal marito dopo il fallimento della loro attività commerciale e che si era trovata a vivere da sola con quattro figli, di cui alcuni adolescenti. L'abbiamo accolta negli appartamenti che ha a disposizione Ebano per sostenerla, accompagnando anche i suoi figli, nel ricostruirsi una vita dignitosa. Senza creare delle condizioni minime di dignità è inevitabile che i giovani possano far esplodere la loro rabbia o cercare risposte in attività illegali. Il nostro accogliere nuclei familiari e donne in condizioni di estrema marginalità, accompagnarli nei loro bisogni è un modo per costruire un tessuto sociale più sano dove sia più facile dare ascolto anche ai giovani e contenere quelle che possono essere anche le sfide tra adolescenti. Non a caso un progetto che abbiamo portato avanti era proprio centrato sul riparare crepe, quelle che sono nascoste dentro le storie delle persone che incontriamo e che hanno vissuto esperienze durissime già da piccoli in una metropoli apparentemente ricca e di successo per tutti. E' anche dai figli che può partire il cambiamento nelle relazioni».
Milano – città dinamica e aperta a tante opportunità nel campo della scienza, dell'arte, dell'industria — oggi si trova davanti a una sfida che passa da nuove modalità di costruire ponti e relazioni di aiuto, trasformando l'isolamento e la rabbia dei giovani. I quattro episodi di violenza sono ferite che fanno male ma non sono l'unico racconto possibile.
E come dice Michelangela Barba: «Non è solo questione di controllo e sicurezza, è questione di relazioni spesso da riparare, da ricostruire specie negli adolescenti e nei giovani che sono da accompagnare con fiducia più che stigmatizzare».