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5 Marzo 2022
Ultima modifica: 7 Marzo 2022 ore 09:37

Onu avvia commissione inchiesta su invasione Ucraina

Lo ha deciso ieri a larga maggioranza il Consiglio per i diritti umani. Il racconto e il commento di Mara Rossi, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII presso l'ONU
Onu avvia commissione inchiesta su invasione Ucraina
Foto di EPA/Filip Singer
Due risoluzioni approvate e una, quella veramente operativa, bloccata. L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha tra i propri scopi principali quello di «mantenere la pace e la sicurezza internazionale». Eppure non sembra avere gli strumenti per farlo in maniera efficace. Per capire il motivo occorre conoscere come vengono prese le decisioni.
Ieri, venerdì 4 marzo, il Consiglio per i Diritti Umani riunito a Ginevra ha approvato a larga maggioranza l'avvio di una Commissione internazionale d'inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Ucraina dopo l'invasione russa. 
È la seconda risoluzione delle Nazioni Unite sul conflitto in atto. Ce ne sarebbe stata una terza, molto più efficace, ma non è passata. Cerchiamo di capire perché.

Nel fermare la guerra in atto contro l’Ucraina, ci si sarebbe potuti aspettare un ruolo più centrale da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, cioè proprio quell’organismo internazionale nato all’indomani della seconda guerra mondiale con lo scopo – si legge nel preambolo – di «salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità».
Invece di guerre da allora ce ne sono state ancora molte, e molti hanno denunciato in più occasioni i limiti di una Organizzazione che ha tra i principali obiettivi quello di «mantenere la pace e la sicurezza internazionale», ma non sembra avere gli strumenti per svolgere tale compito.
Un problema reso ancora più evidente dal fatto che stavolta la guerra è qui, alle porte dell’Europa.
Ci sono vari motivi che hanno preparato il terreno a questa situazione ma il fatto attuale è che c’è un Paese aggressore, la Russia; un Paese aggredito, l’Ucraina; e poi ci sono tutti gli altri che condannano l’aggressione (salvo qualche eccezione) ma non possono intervenire per contrastare l’aggressore se non con sanzioni economiche, altrimenti si rischia di scatenare la terza guerra mondiale. Che, coinvolgendo Stati in possesso di armi nucleari, segnerebbe la fine dell’umanità.

ONU, chi prendere le decisioni?

Nei giorni precedenti l’aggressione abbiamo visto i tentativi diplomatici compiuti da singoli capi di governo. Poi le sanzioni alla Russia e gli aiuti all’Ucraina da parte di USA ed Europa. Perché l’ONU non è intervenuta con decisione a livello diplomatico o con azioni di peacekeeping attraverso i famosi “caschi blu”?
Il problema è che l’ONU in questo conflitto ha le mani legate. E per capire cosa è successo occorre conoscere come funziona questa organizzazione, chi prende le decisioni e quale efficacia queste decisioni possono avere.

La risoluzione dell’Assemblea che condanna l’invasione

L’organismo veramente democratico che rappresenta tutti gli Stati membri dell’ONU è l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La prima sessione del 1946 raggruppava 51 stati, oggi ne fanno parte praticamente tutti gli Stati del mondo, ben 193 (Santa Sede e Palestina partecipano come osservatori), nonostante l’articolo 4 dello Statuto precisi che «possono diventare membri delle Nazioni Unite tutti gli altri Stati amanti della pace che accettino gli obblighi del presente Statuto e che, a giudizio dell'Organizzazione, siano capaci di adempiere tali obblighi e disposti a farlo». 
A leggerlo sorge qualche dubbio in merito, ma, come vedremo, è proprio questo divario tra i principi e l’agire il grande problema dell’ONU.
Sta di fatto che di fronte all’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Assemblea si è riunita in sessione d’emergenza e si è pronunciata in maniera chiara con una condanna, chiedendo alla Russia che  «ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio ucraino entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti».
Hanno hanno votato a favore della risoluzione 141 Stati e contro solo 5 – Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria ed Eritrea – mentre i rimanenti, tra cui la Cina, si sono astenuti.
«È un grande risultato sul piano politico – spiega Mara Rossi, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII per la sede di Ginevra delle Nazioni Unite – perché si dice chiaramente che c’è stata una violazione dell’integrità territoriale tutelata dal diritto internazionale, anche se sappiamo che le risoluzioni dell’Assemblea non sono vincolanti».

La risoluzione bloccata al Consiglio di sicurezza

«Una risoluzione simile era stata presentata al Consiglio di sicurezza, ma qui non è passata per il veto della Russia» prosegue Rossi.
Ed è questo il grande problema. L’organo che può prendere decisioni vincolanti, tra cui, in cui caso come questo, sanzioni economiche e l’invio di forze armate internazionali, è il Consiglio di sicurezza, che è composto da 15 Stati membri di cui 5 permanenti e gli altri a rotazione.
Le decisioni, stabilisce l’articolo 27 dello Statuto, «sono prese con un voto favorevole di nove membri, nel quale siano compresi i voti dei membri permanenti».
In pratica basta che uno dei membri permanenti non sia d’accordo e il Consiglio non può prendere alcuna decisione. E chi sono questi membri permanenti? Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia.
La Russia, che attualmente detiene tra l’altro la presidenza di turno del Consiglio, ha ovviamente votato contro, mentre la Cina si è astenuta, e questo è stato considerato già un piccolo successo da parte della diplomazia occidentale.
Sta di fatto che l’ONU non ha potuto comminare sanzioni né avviare azioni di peacekeeping e l’invasione dell’Ucraina è continuata.

La risoluzione del Consiglio per i Diritti Umani sulla commissione d’inchiesta

Soddisfazione esprime invece la dottoressa Rossi per la risoluzione adottata ieri, 4 marzo, dal Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che dispone l'apertura di una commissione internazionale di inchiesta su possibili violazioni compiute durante l'invasione della Russia in Ucraina.
Il Consiglio è un organo sussidiario dell’Assemblea Generale, che si riunisce tre volte all’anno a Ginevra. È composto da 47 Stati a rotazione, che hanno diritto di voto, ma possono partecipare e intervenire anche gli altri Stati, le ONG accreditate, le Istituzioni internazionali per i diritti umani.
«La sessione di marzo – ci spiega Rossi – è la più lunga. È iniziata il 28 febbraio e nei primi giorni l’Ucraina ha chiesto e ottenuto un dibattito urgente sull’emergenza in corso nel suo Paese. Il dibattito è avvenuto il 3 marzo, hanno parlato tutti gli Stati membri e anche la Santa Sede come Stato osservatore, il 4 sono intervenuti gli Istituti internazionali che tutelano i diritti umani e le ONG accreditate tra cui la nostra».
Alla fine è stata approvata la risoluzione sulla commissione d’inchiesta, con 32 voti favorevoli, 2 contrari (Russia ed Eritrea), e 13 astensioni tra cui quelle di Cina, India, Cuba e Venezuela.

Gli interventi all’ONU della Comunità Papa Giovanni XXIII

Durante il dibattito la dottoressa Mara Rossi ha fatto un intervento orale videoregistrato – gli unici consentiti in questo tempo – in cui ha portato la richiesta della Comunità Papa Giovanni XXIII di arrivare a una soluzione nonviolenta del conflitto, proteggendo le vittime anche attraverso corridoi umanitari e sostenendo le forze della società civile di entrambi i popoli che lavorano per un percorso di riconciliazione.
Mara Rossi, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII presso le Nazioni Unite, interviene nel dibattito sull'invasione dell'Ucraina durante la 49a sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra
Foto di Archivio Sempre

«Un altro intervento lo potremo fare come ONG l'8 marzo, quando ci sarà la relazione dell’Alto Commissario per i diritti umani. Abbiamo preparato una presa di posizione per la quale stiamo raccogliendo adesioni, ne sono già arrivate molte: Association Points-Cœur, AVSI Foundation, Baptist World Alliance (BWA), Center for Global Nonkilling, Confédération Internationale Société de Saint Vincent de Paul, Conscience and Peace Tax International (CPTI), Dominicans for Justice and Peace (Order of Preachers), Dominican Leadership Conference, Edmund Rice International, Foundation for the Social Promotion of Culture, ICMICA-MIIC Pax Romana, International Catholic Child Bureau (BICE), International fellowship of Reconciliation - IFOR, International Volunteerism Organization for Women Education and Development (VIDES International), Istituto Internazionale Maria Ausiliatrice (IIMA), New Humanity. A queste si aggiunge Japan Committee for the Right to Peace, ONG non accreditata».

Una riforma dell’ONU non più rimandabile

Nonostante gli sforzi, la dottoressa Rossi non nasconde una certa amarezza. «Il Segretario Generale e l’Alto Commissario per i Diritti Umani hanno subito denunciato le violazioni in atto, come pure l’Assemblea e ora anche il Consiglio per i Diritti Umani, ma l’organo che ha più potere è il Consiglio di sicurezza e lì c’è il diritto di veto».
Già in una precedente intervista in occasione dei 75 anni dell’ONU avevamo parlato con lei della necessità di una riforma che la renda l’Organizzazione davvero democratica e operativa.
«Penso che ancora una volta si sia evidenziato il limite, ma purtroppo non sono molto ottimista riguardo un imminente cambiamento. Anche la Nato, in fondo, che ragione ha oggi di esistere? Ora il pericolo, però, è che il conflitto si allarghi e dobbiamo scongiurare che questo accada.»

La speranza è che l’essere andati così vicini al rischio di una terza guerra mondiale determini un sussulto di consapevolezza sul fatto che, dopo 77 anni dalla fondazione, qualcosa nell’Organizzazione delle Nazioni Unite debba veramente cambiare.
L’amplissimo consenso ottenuto dalla risoluzione di condanna dell’aggressione nei confronti dell’Ucraina è un segnale incoraggiante.