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28 Dicembre 2019
Ultima modifica: 22 Gennaio 2024 ore 09:44

In Ungheria le prostitute nascoste

A Budapest la prostituzione ha cambiato volto: ecco dove trovarle e chi sono gli sfruttatori del sesso a pagamento.
In Ungheria le prostitute nascoste
Spesso sono costrette a prostituirsi giovani minorenni che provengono da situazioni di indigenza. Sono facili prede del traffico di esseri umani, come Arietta, uccisa da un cliente, che ha avuto una degna sepoltura solo dopo due anni. Segnala i casi a rischio.

Trovi di tutto nei mercatini di Natale di Piazza Vörösmarty o anche nella più suggestiva piazza della Basilica di Santo Stefano. Pochi metri più in là c’è la storica via Vaçi Utca, completamente “ripulita”, dove non incontrerai come in passato le bellissime ungheresi che, stando sulla soglia, cercavano di trascinare i turisti dentro ai locali, ma una ricca serie di vetrine di shop e ristoranti di ogni tipo con tante luci per le Festività. Andando verso ovest, ecco il famoso Danubio blu e il Ponte delle catene da cui si arriva a Buda dove non può mancare una visita al Castello. Per le famiglie, le coppie e i gruppi di amici Budapest offre paesaggi suggestivi, negozi di ogni tipo, musica e tradizione ungherese in diverse piazze. Una volta anche Buda, l’altra parte della città, era piena di divertimenti e interessi per i turisti, specie per gli uomini. Ora la capitale del sesso, che mostra il suo volto in modo più nascosto, va cercata nei night club.

Il Danubio dal Ponte delle Catene
Foto di Irene Ciambezi
Proprio all’ombra di Santo Stefano si trova il P2 in cui l’equipe di ballerine sono rinnovate e ben addestrate per soddisfare i clienti: “Sono bellissime, amano divertirsi, mostrano la loro gentilezza”, si legge sul sito promozionale. Passandogli davanti vedi un piantone che invita ogni maschio a passeggio ad entrare e divertirsi.
 

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Da lì le ragazze non possono uscire fino al mattino. Una tenta di uscire per andare negli appartamenti alla porta accanto perché sta male ma dopo una breve discussione davanti agli occhi di tutti, rientra a testa bassa all’interno. La zona del divertimento facile continua un chilometro più in là al 4Play Lounge. Altro night club super controllato dal piantone e dalle telecamere. A pochi metri girano tutta la notte due lunghissime limousine. Dentro le urla e gli schiamazzi attirano i giovani e i turisti stranieri alla ricerca di una notte di piacere. Di bordelli veri e propri invece non se ne trovano perché sono illegali. Chi non vuole impegnarsi nei locali, altre giovanissime ungheresi le troverà a disposizione, “esposte” come in vetrina, nell’ottavo Distretto, in periferia. Qui si trovano infatti le 7 “zone di tolleranza” individuate dal governo ungherese, come previsto per ogni città da quando nel 2014 ha ridefinito la regolamentazione della prostituzione. Le prostitute infatti possono esercitare solo nelle zone circoscritte individuate in ogni città, sottoporsi a regolari controlli della salute e registrarsi come imprenditrici, e iscriversi ad un sindacato tutto per loro, fondato già nel 2000, il Magyarországi Prostituáltak Érdekvédelmi Egyesülete.

 

Dalle strade ai night club, cercando di liberare le vittime dello sfruttamento

Ma nelle “zone di tolleranza”, è possibile incrociare anche operatori delle organizzazioni antitratta che cercano di liberarle dalla schiavitù. Sì anche su strada, non si scappa! Ci sono le minorenni, ci sono le rom, anche se sono fuori dall’occhio degli abitanti, sono pur sempre gestite.

Un villaggio della provincia di Borsod-Abaúj-Zemplén
Foto di Irene Ciambezi

Le reti criminali non scherzano né in Ungheria né nei paesi vicini dove trasferiscono di continuo le più giovani, strappate alle loro famiglie, adescate con false promesse di una vita lussuosa con soldi facili, da fidanzati di oltre confine albanesi, romeni… Le prelevano dalle contee più isolate del paese: da Borsod -Abaúj -Zemplén, da Szabolcs- Szatmár - Bereg (nell’Ungheria orientale) e da Baranya (nell’Ungheria meridionale). Destinazione: Italia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera dove la prostituzione è legale.
Una di queste organizzazioni è Solwodi, fondata nel 2017 da religiose di sette diverse congregazioni per promuovere la dignità della donna soprattutto delle vittime di violenza domestica e della tratta di esseri umani. «Siamo impegnati su diversi fronti – spiega sr. Gabriella Legradi, Presidente dell’organizzazione presente anche in Germania e in Austria – nei seminari di sensibilizzazione e conferenze, nell’identificazione e coordinamento delle vittime nel trovare la giusta ONG che possa supportarle. Cerchiamo di creare reti con ONG ungheresi e internazionali e con l’ORFK (la polizia ungherese) e fornire un aiuto individuale alle vittime ungheresi della tratta di esseri umani».

Ma cosa fa la Chiesa ungherese riguardo alla tratta?

«Quando abbiamo iniziato il nostro servizio, ci siamo resi conto che la Chiesa cattolica in Ungheria non conosceva davvero questo problema e la sua portata in Europa. Ecco perché abbiamo avviato seminari di sensibilizzazione per rompere questo silenzio che circonda la tratta di esseri umani. Non possiamo chiudere gli occhi! L'Ungheria è inclusa tra i primi tre paesi nell'UE per numero di vittime. Le Chiese protestanti sono più consapevoli in questo settore, quindi stiamo collaborando anche con loro. Diversi servizi sono anche rivolti ai senzatetto e ai rom, ma solo due o tre gruppi si occupano espressamente della pastorale verso le donne in strada. C’è ancora tanta strada da fare!»
In Europa – secondo il Report 2019 “Trafficking in persons” del Dipartimento di Stato americano – le vittime assistite in questo anno sono state 79 mentre il governo ne ha registrate solo 30 nella nuova piattaforma digitale finanziata dall'UE per le vittime della tratta (sistema EKAT). I problemi irrisolti in Ungheria sono tanti e riguardano soprattutto minorenni, rom oppure profughi bloccati nelle “zone di transito” del paese che è ormai uno dei più importanti paesi di transito dell’Est Europa. Sono tra i gruppi più vulnerabili e quindi prede facili di ogni forma di sfruttamento.

Per quanto riguarda lo sfruttamento della prostituzione le più vulnerabili in assoluto sono le giovanissime ungheresi che provengono da famiglie indigenti, le rom, le mamme single, e le donne senza tetto. Il Report allerta le istituzioni pubbliche: molte di loro sono disabili, molte altre sono adescate negli orfanotrofi e negli Istituti dello Stato per l’accoglienza dei minori, specie quando ne escono raggiunta la maggiore età. È ormai noto infatti che in molti casi gli stessi protettori con la falsa promessa di garantire loro una casa una volta uscite dagli orfanotrofi, si mettono in contatto con le loro prede quando hanno ancora 14 - 16 anni per legarle a loro con un debito che negli anni successivi dovranno estinguere, prostituendosi.

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Giovani ungheresi e di etnia rom disabili e orfane sono per la maggior parte trafficate in Austria dove vanno crescendo enormi centri di benessere, vere e proprie Spa che offrono merce sempre più giovane e “addestrata” soprattutto per il turismo sessuale d’oltre confine.
Per chi cerca una via d’uscita, o dai paesi dell’ovest vuole rientrare per un progetto di protezione, in Ungheria i centri di accoglienza sono ancora scarsi e inadeguati, specie per i minori e gli stranieri. Inoltre nel 2019, le corti hanno sospeso le condanne della maggior parte dei trafficanti: solo 3 degli 11 condannati per reati connessi alla tratta hanno scontato la pena in prigione. Ed è insufficiente pure la pena di soli tre anni, prevista dall’Articolo 203, per chi trae profitto dalla prostituzione minorile e per i clienti che pagano prestazioni sessuali con minorenni.

La tragica vicenda di Arietta

Una di queste giovani proveniva proprio dalla contea di Borsod, dove il fenomeno della prostituzione non è certo una novità. E, nonostante nel suo territorio il Comune promuova da tempo progetti di sostegno per le mamme e i loro figli, è stata preda di trafficanti di origine albanesi che gestivano un gruppo di giovani ungheresi e albanesi lungo la via Emilia in Italia, costrette a prostituirsi di notte in strada e di giorno al chiuso. Nel gennaio 2018, Arietta è stata brutalmente assassinata da un suo cliente che l'ha strangolata e abbandonata sui binari tra Bologna e Modena.
Il suo corpo è rimasto in obitorio per 23 mesi, quasi dimenticato da tutti, come accade di frequente nel caso di femminicidi di prostitute straniere. Solo la Comunità Papa Giovanni XXIII che l’aveva conosciuta attraverso l’Unità di strada che opera nella provincia di Modena in sinergia con la Questura, il Comune di Castelfranco Emilia e il Consolato ungherese a Milano, all’inizio del 2019 ha iniziato ad avviare i primi contatti per verificare se c'erano le condizioni per farla rientrare in Ungheria, nonostante la famiglia viva una grave situazione di indigenza.
 
Contattata dal parroco e dal Sindaco della città che erano stati avvisati dalle referenti dell’Associazione Solwodi presente a Budapest, è stata scelta la via del rientro della salma in accordo col Comune di Castelfranco Emilia. Nell’estate del 2019 - finite definitivamente le indagini a carico dei suoi sfruttatori, una banda di albanesi arrestati i primi di giugno e anche le perizie per il processo che porterà alla condanna definitiva del cliente assassino (24 anni di carcere) - il Comune di Castelfranco emilia e il Presidio “Mancini-Vassallo” di Libera contro le mafie, e la Comunità Papa Giovanni XXIII, hanno inizato una raccolta fondi per il trasporto della salma di Arietta a Monok dove era cresciuta. La sepoltura è avvenuta lo scorso 14 dicembre nel cimitero cittadino, secondo le usanze della famiglia.
Foto di Andrea Casini

Una vera e propria gara di solidarietà! «È stato commovente - ha ricordato in occasione del funerale Valentina Graziosi, Assessore all’Inclusione sociale del Comune di Castelfranco Emilia - assistere a questo lavoro quotidiano e condiviso tra associazioni, istituzioni, cittadini e cittadine che ci hanno aiutato e sostenuto fin dai primi giorni della campagna di raccolta fondi, prendendosi a cuore questa causa e non abbandonandoci mai. La solidarietà delle Associazioni, il supporto di cittadinanza e Consiglio comunale, l’impegno degli uffici comunali han permesso ad Arietta di tornare finalmente a casa. Ci auguriamo che la sua storia serva da monito per le ragazze che partono in cerca di un’opportunità e spesso vengono inserite in percorsi di sfruttamento, ma soprattutto che il dare un nome ed un volto a queste ragazze serva a diffondere una narrazione diversa della prostituzione. Che non è mai una scelta libera!».
Foto di gruppo di rappresentanti di associazioni europee
Ungheria, incontro in ricordo di Arietta, schiava sessuale uccisa dal suo cliente. Insieme alla sua maestra, la delegazione della Comunità Papa Giovanni XXIII e di Libera contro le mafie, con i rappresentanti delle istituzioni.
Foto di Andrea Casini


 

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